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lunedì 27 giugno 2022

Come un corvo può essere corsaro, di Francesco Leonetti - Pasolini è stanco eppure si scatena in Testimonianze per il Vangelo di Pasolini - “L’Europa Letteraria” nn. 30-32, giugno-settembre 1964

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Come un corvo può essere corsaro
di Francesco Leonetti
Pasolini è stanco eppure si scatena in Testimonianze per il Vangelo di Pasolini

“L’Europa Letteraria” nn. 30-32, giugno-settembre 1964

( oggi anche in PASOLINI SCONOSCIUTO. Interviste, scritti, testimonianze a cura di Fabio Francione)


     Un giorno che passeggiavamo a Roma più di un anno fa, Pasolini e io discutemmo del suo progetto di un film dal Vangelo di Matteo. (Io ho ricordi-suoni di Bach, brandenburghesi, lezioni, e quei recitativi, che sono tutto del mio essere, in un periodo d’adolescenza...). Dal colloquio romano mi è rimasta un’incertezza su quanto egli può trasporre nel film della sua idea di una nuova moralità, che Gesù significa come maestro e giudice vivo e assoluto; e su quanto di languori troppo personali e troppo umani può pensare Pasolini di esprimere nel film. E insomma si rende, col film, religioso in modo tutto sublime, o in modo rivoluzionario?

     Mi è rimasta questa incertezza (dell’interpretazione di fondo, e della resa di stile) fino ad ora che sono a Matera, ai Sassi, in automobile, nella hall, parliamo di varianti di testi poetici (d’altro, come Pasolini è capace, entro il lavoro terribile che fa); e riparliamo come non mai ci era successo dopo gli anni della Officina comune, di problemi generali, alla fine di un anno di verità, di disillusione... E, addirittura, io mi atteggio come Erode: accettando, nell’occasione, di osservare la macchina cinematografica con l’entrarci due minuti, dopo aver letto nel copione che Erode non sta al centro di una scena erotica, decadente, ma è un puro mostro di potere e di privilegio in un quadro di semplice linea.

     Pasolini suggerisce esattamente, dopo aver con un solo gesto sgombrato tutta la macchina; sembra che sia lì a discutere varianti di un testo, con una presenza più cordiale, meno appuntita. Ma ci si accorge che vede: cioè ha l’occhio dilatato... Poi lascia fare: mi lascia calcolare l’espressione doppia di libidine e di orrore del proprio abisso. Ciò mi avviene con tutta freddezza (domando a me stesso, intanto: e perché deve avvenire così? o perché quelli mi sono sentimenti estranei nient’affatto miei?). C’è anche Elsa, non convinta della parte per me, pur se mi ha sempre visto come “cattivo”; e al ritorno dice acutamente che il costume rende o può rendere una individualità umana, mentre l’abito borghese non è democratico, è vile, insignificante… non sono d’accordo, eppure questa idea mi viene suggestiva.

     Pasolini non si stanca, eppure è travolto; Pasolini è stanco eppure si scatena; io riparto dalla mia visita, ripenso in viaggio a questo, ad altro, ai giovani studenti di Gioia del Colle che aspettano in paese una fabbrica della Breda, per uscire dal loro vecchio costume; e ripenso a questo: come nella Ricotta, diversamente, riuscirà a Pasolini di unire il suo manierismo con una altra lucidità? o non è troppo alto ogni momento del film? Come si può pensarlo? perché ha scelto questo e non fugge da sé? o che cosa sta decifrando di se stesso? Mi è sempre chiarissimo e mi è impreciso sempre il suo nodo di passione, d’intelletto, di viscerale e d’ideologico, di esasperazione, di scampo, di detta sofferenza e di soffribilità inutile, di passato, di transizione, di luce.


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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