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lunedì 2 novembre 2015

La polizia contro Pasolini, Pasolini contro la polizia - Il giornalismo libero

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





La polizia contro Pasolini, Pasolini contro la polizia
Reportage di Wu Ming 1, scrittore



Il giornalismo libero


"Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia".

L’uomo che nel giugno 1968 scrive questo verso ha già sulle spalle quattro fermi di polizia, 16 denunce e undici processi come imputato, oltre a tre aggressioni da parte di neofascisti (tutte archiviate dalla magistratura) e una perquisizione del proprio appartamento da parte della polizia in cerca di armi da fuoco. "Appena avrò un po’ di tempo", scrive in un appunto inedito, "pubblicherò un libro bianco di una dozzina di sentenze pronunciate contro di me: senza commento. Sarà uno dei libri più comici della pubblicistica italiana. Ma ora le cose non sono più comiche. Sono tragiche, perché non riguardano più la persecuzione di un capro espiatorio […]: ora si tratta di una vasta, profonda calcolata opera di repressione, a cui la parte più retriva della Magistratura si è dedicata con zelo…". E ancora: "Ho speso circa quindici milioni in avvocati, per difendermi in processi assurdi e puramente politici".

Oggi è difficile, quasi impossibile cogliere la portata della persecuzione subita ogni giorno da Pasolini in 15 anni. La mostra Una strategia del linciaggio e delle mistificazioni, inaugurata nel 2005 e da poco riallestita alla sala Borsa di Bologna, restituisce appena tenui riverberi. Non può che essere così, per capire bisognerebbe calarsi nell’abisso come ha fatto Franco Grattarola, autore di Pasolini. Una vita violentata (Coniglio, 2005) – e ripercorrere la sfilza dei pestaggi a mezzo stampa. Toccare con le dita un’omofobia da sporcarsi solo a immaginarla. Soppesare l’intero corpus fradicio di articoli, denso come un grande bolo di sterco e vermi.

Tra i quotidiani si fa notare soprattutto Il Tempo, ma è la stampa periodica di destra a tormentare Pasolini in maniera teppistica e ininterrotta. Rotocalchi come Lo Specchio e Il Borghese si dedicano alla missione con entusiasmo, con reporter e corsivisti distaccati a tallonare la vittima, a provocarla, a colpirla in ogni occasione, con titoli come "Il c..o batte a sinistra" e lo stile inconfondibile oggi ereditato da Libero – per citare una sola testata.

Sulle pagine del Borghese si distinguono nel killeraggio il critico musicale Piero Buscaroli e il futuro autore e regista televisivo Pier Francesco Pingitore, fondatore del Bagaglino. Altre invettive giungono dallo scrittore Giovannino Guareschi e, in un’occasione, dal critico cinematografico Gian Luigi Rondi, ma la regina dell’antipasolinismo è senza dubbio Gianna Preda, pseudonimo di Maria Giovanna Pazzagli Predassi (1922-1981), poi cofondatrice – indovinate – del Bagaglino.

Celebrata ancora oggi su un blog di destra come "la signora del giornalismo libero", "fuori dal coro", "mai moralista né oscurantista" e via ritinteggiando, Preda coltiva nei confronti di Pasolini un’autentica ossessione omofobica, sessuofobica e – ça va sans dire – ideologica. Sovente si riferisce allo scrittore/regista chiamandolo "la Pasolina". Per gli omosessuali, descritti come artefici di loschi complotti, conia il termine "pasolinidi". Va avanti per anni – proseguendo anche dopo la morte di PPP – a scrivere cose del genere:

[Pasolini] ha potuto, con immutata disinvoltura, continuare a confondere le questioni del bassoschiena con quelle dell’antifascismo […] Una segreta alleanza […] fa dei ‘capovolti’ il partito più numeroso e saldo d’Italia; un partito che, attraverso i suoi illustri esponenti, finisce sempre col far capo o col rendere servizi al Pci […] Il ‘capovolto’ sente, a naso, quel che gli conviene e dove deve appoggiarsi, se non vuole rendere conto all’opinione pubblica di quello che essa giudica ancora un vizio […] Così nasce un nuovo mito… [A celebrarlo] pensano poi i giornali di sinistra, che riescono a camuffare da eroismo la paura segreta di questo o quel ‘capovolto’ clandestino. Luminose saranno le sorti dei pasolinidi d’Italia. Già si avvertono i segni delle fortune di coloro che hanno scoperto troppo tardi il vantaggio d’esser pasolinidi […] Se avremo, dunque, nuovi scontri con i marxisti […] prima di pensare a coprirci il petto, preoccupiamoci di coprirci le terga…

Il "metodo Boffo" giunge da lontano. E anche i complottismi sulla malvagia "teoria del gender".

L’equivalente di Gianna Preda sullo Specchio è lo scrittore ex repubblichino Giose Rimanelli, celato dietro il nom de plume A. G. Solari. Com’è ovvio, attacchi forsennati a Pasolini giungono anche dal Secolo d’Italia, ma un lavorìo più subdolo e influente di character assassination ha luogo sulla stampa popolare nazionalconservatrice, quella di riviste come Oggi e Gente.

Si va molto più in là, purtroppo. Pasolini sembra essere la cartina di tornasole del peggio. Nel 1968 il regista Sergio Leone, interpellato dal Borghese, sente l’urgenza di commentare così le polemiche sul film Teorema: "Sono convinto che tanti film sull’omosessualità hanno fatto diventare del tutto normale e legittima questa forma di rapporto anormale". Perfino su Il manifesto si trovano battute omofobe: "La tesi [di Pasolini] ridotta all’osso (sacro) è molto chiara…" (21 gennaio 1975). Come ha scritto Tullio De Mauro:

I fiotti neri finiscono con l’inquinare anche acque relativamente lontane. Il linguaggio verbale non è fatto solo di ciò che diciamo e udiamo. È fatto anche di ciò che, nella memoria comune, circonda e alona il detto e l’udito. Il non-detto pesa accanto al detto, ne orienta l’apprezzamento e intendimento. Chi legge nell’Espresso del 18 febbraio 1968 il pezzo Pasolini benedice i nudisti con foto di giovanotto ciociaro nudo a cavallo di violoncello, è coinvolto dagli effetti del fiotto nero d’origine fascista, gli piaccia o no e lo volessero o no i redattori del settimanale radical-socialista.

È una vasta campagna a favorire, o meglio, istigare non solo le azioni poliziesche e giudiziarie, ma anche le aggressioni fisiche da parte di fascisti. Fascisti mai toccati dalla magistratura, che poi finiranno in diverse inchieste sulla strategia della tensione, come Serafino Di Luia, Flavio Campo e Paolo Pecoriello.

Il 13 febbraio 1964, davanti alla Casa dello studente di Roma, una Fiat 600 cerca di investire un gruppo di amici di Pasolini che difendevano quest’ultimo da un agguato fascista. A guidare l’auto è Adriano Romualdi, discepolo di Julius Evola e figlio di Pino, deputato e presidente del Movimento sociale italiano (Msi). L’episodio è riportato con dettagli e fonti in tutte le biografie di Pasolini, mentre è assente dalla voce che Wikipedia dedica a Romualdi.

Pasolini non querela, né per le diffamazioni a mezzo stampa né per le aggressioni fisiche. È una scelta meditata: non vuole abbassarsi al livello dei suoi persecutori. Inoltre, se querelasse non farebbe che aumentare la già enorme quantità di tempo che trascorre in tribunale.




Fonte:http://www.internazionale.it/reportage/2015/10/29/pasolini-polizia-anniversario-morte




@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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