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sabato 5 luglio 2014

Pasolini in Friuli - Settima Parte

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Guido Pasolini


Pasolini in Friuli:


1° parte
2° parte
3° parte
4° parte
5° parte
6° parte
7° parte
8° parte

L'aspirazione a creare una rivista letteraria, che aveva “inutilmente” impegnato Pasolini a Bologna nel progetto di “Eredi”, si concretizza a Casarsa. La rivista esce nell'aprile del 1944 con il nome di «Stroligùt di cà da l'aga».

Nella primavera del '44 i campi friulani sono vuoti, da lontano si sente solo l'eco delle fucilazioni e i tonfi delle bombe cadute nei dintorni; eppure la terra, 

«questa cretina», «continua a metter fuori erbucce verdi a fiori gialli e celesti, e gemme sugli alni». (91)

I rastrellamenti di fascisti per l'arruolamento forzato nel nuovo esercito della Repubblica di Salò hanno compromesso la tranquillità di Casarsa. Si organizzano le prime formazioni partigiane e il diciannovenne Guido Pasolini sta maturando la decisione di unirsi a quelle della Carnia.

Il coraggio che ha ereditato dal padre e l'idealismo dalla madre, ne fanno un eroe già votato al sacrificio”. (92)

Ai primi di giugno del '44, Guido, superata la maturità scientifica, parte da Casarsa con un tascapane pieno di bombe a mano, una rivoltella nascosta in una nicchia scavata nelle pagine di un vocabolario e il volume “Canti Orfici” di Dino Campana. Sui monti della Carnia, si unisce alla formazione partigiana della Brigata Osoppo.
Pier Paolo, invece, continua ad armarsi di studio e poesia, unica consolazione adesso che la guerra ha tolto anche il volto del fratello alle sue giornate. Ma già dalle prime esperienze scolastiche, la 

«accuratamente e segretamente sua» poesia perde il carattere intimistico e assoluto degli esordi e si rende "disposta a cantare tutto un paese e tutta una gente a cui, fin da prima della nascita, egli appartiene». (93)

L'aspirazione a creare una rivista letteraria, che aveva “inutilmente” impegnato Pasolini a Bologna nel progetto di “Eredi”, si concretizza a Casarsa. La rivista esce nell'aprile del 1944 con il nome di «Stroligùt di cà da l'aga». (94) Il sottotitolo «di cà da l'aga», cioè al di qua del Tagliamento, intende fungere da confine tra due ambienti culturali:


Ora se la lingua è il genio di una terra, questa parte del Friuli compresa tra il Tagliamento e la Livenza, ai piedi dei monti, sarebbe deserta fino al punto di non possedere uno spirito particolare. Infatti non ha una lingua, ha una varietà di lingue, di dialetti, di cadenze che cangiano quasi di brolo in brolo, ricomponendosi in una interminabile sfumatura. Un paesaggio perfettamente uguale (...) tutto d'un colore (...) una monotonia infinita. (...) Come il paesaggio non ha mutamenti, così la popolazione che lo abita non ha storia (...). Ma basta che retrocediamo un poco verso Oriente - al di là della diagonale che da Latisana punta a Maniago, dividendo in due questo verde rettangolo - ed ecco che si riodono i familiari, gli unici suoni del friulano. Specie nella pianura che verdeggia intorno alla linea delle risorgive - all'altezza di Casarsa, per intenderci - è ben vivo friulano, che se non ha l'aurea, femminile cadenza dello Spilimbergese, è di un'innocenza così puerile, così rustica". (95)

La rivista nasce proprio con l'esigenza di rivolgersi all'intera comunità casarsese, nasce come tentativo di far emergere nel popolo la coscienza, anche ambiziosa, di parlare una lingua mitica, i cui suoni, le inflessioni, rimasti inalterati da secoli, i bambini da sempre succhiano dal seno della propria madre. Insomma, un dialetto, una lingua degni di un uso letterario:

“(...) par esprimi i sintimins pì als e segres dal cour (...). Nisun, a è vera, a lu à mai doprat par scrivi, esprimisi, ciantà; ma a no è justa nencia pensà che, par chistu, al vedi sempri di sta soterat tai vustris fogolars, tai vustri cìamps, tai vustri stomis (...)”. (96)

In un momento di così profondo dolore per i friulani, mentre i tedeschi «cacano» (97)sulla loro terra e uccidono «la meglio gioventù», Pasolini ha la tenacia di affermare l'identità di un popolo, tirando fuori la sua voce, i suoi sentimenti, i suoi ideali: (...) 

florùs nassùs, squasi par casu, tal desert di àgrimis e di passions dal 1944”. (98)

Pier Paolo vive, tra questi miseri casolari, la più appassionante esperienza didattica della sua carriera scolastica.

Nell'ottobre del 1944, dopo un rastrellamento dei Tedeschi che più degli altri ha messo in pericolo la vita dei giovani casarsesi, Pier Paolo e sua madre Susanna decidono di rifugiarsi a Versuta, una località campestre nei pressi di Casarsa, meno esposta a bombardamenti e a rappresaglie.

La mattina del 10 settembre 1944, fui svegliato dal suono della sirena; dovevano essere circa le nove; dopo pochi minuti (...) gli aeroplani erano già su C. e cominciarono a bombardare la stazione (...). Cominciò il nostro sfollamento da C. a V., dove io, fin dall'ottobre del '43, (...), avevo affittato una specie di granaio, nel quale avevano trovato rifugio i miei libri e nel quale io ero già stato a dormire in certe notti in cui si sospettavano rastrellamenti. (...) Il sedici del mese io e mia mamma facemmo il nostro ingresso a V., con tutto il nostro linguaggio familiare, il nostro orgoglio ancora senza incrinature(...)”. (99)

La vita a Versuta va avanti diversamente rispetto all'ordine borghese, tanto silenzioso e funzionale, di Pier Paolo e della madre. Qui la gente, pur nell'estrema semplicità del vivere giornaliero, non si lascia travolgere passivamente dalle cose, anzi, 

«le decanta, le declama, è impegnata in una continua ed assordante lotta con esse». (100)

Pier Paolo vive, tra questi miseri casolari, la più appassionante esperienza didattica della sua carriera scolastica; quei figli di contadini, più ingenui, dalle menti più incondite dei ragazzetti borghesi di Casarsa, rappresentano per lui l'oggetto di una straordinaria dedizione.
D'altronde lo stesso Pasolini, per bocca di Don Paolo, personaggio di Romàns afferma:

Può educare solo chi sa cosa significa amare, chi tiene presente la divinità”. (101)

Una paideia in cui eros evoca sophia, nel nesso tra l'amore di educatore e la coscienza come mania della verità. Alla luce di questo, non possiamo guardare la dolorosa tensione amorosa di Pasolini, prescindendo dalla sua passione per il destino e la formazione culturale dei suoi ragazzi.
A Versuta Pier Paolo insieme alla mamma continua l’”insolita” esperienza della scuola privata; le lezioni si tenevano in un misera stanza che serviva da cucina e da camera da letto, ma 

quando venne la bella stagione (...) andammo a far scuola in quel casello tra i campi di cui ho già parlato. Era molto piccolo e ci si stava appena; ma spesso uscivamo sul prato e ci sedevamo sotto i due enormi pini sfiorati dal vento”. (102)
Pasolini estende il suo progetto poetico anche a questi contadini, che nella loro inferiorità culturale rappresentavano i compagni ideali e perfetti delle sue giornate; con pazienza li accompagna alla scoperta di sé e del loro mondo, con attenzione ascolta i loro pensieri e le loro parole, incantevolmente intrisi di imperfezione”. (103) 

Sente la vivezza dei sentimenti rampollare in loro 

«in un friulano che è l'equivalente del sole, dell'asfalto, dei campi deserti, della piazza vibrante di colori».(104) 

Si fa più chiara in Pasolini l'importanza, l'assoluta necessità di raccontare il Friuli «più perfetto» attraverso i «canti del popolo friulano», attraverso le voci, se pur imperfette, dei ragazzi nel cui 

«sentimento profondo sono una cosa sola coi monti o coi campi in cui vivono» (105):
Ecco dunque le cose concrete, rituali e impoetiche che egli assumeva nei giri impacciati del suo «linguaggio mentale» e affondava negli indistinti e precipitosi batticuori; ma quale poeticità non avrebbe pervaso quel suo discorso interiore (...), se fosse stato possibile trascriverlo per intero e con capillare verismo su una pagina stenografata (...)? Cosa c'è di più poetico di questo «pensare» di un giovane contadino che senza sfuggire (...), alle formule dell'idioma, si getta negli spazi del pensabile (...)? Ed è proprio questa la parte di sé (della sua carne) che egli non conosce, benché sia tanto radicata nella materia profonda, indistinta, attiva e puramente vitale del suo ambiente; è questa la corporeità dei sentimenti, questa polpa della vita giovanile che egli ignora e di cui sente il peso umiliante, ipoteca di ignoranza, e quindi approssimazione, assenza, scontento”. (106)

Il 18 febbraio 1945 viene formalmente costituita l'Academiuta di lenga furlana. I componenti sono Pasolini, Cesare Bordotto, Nico Naldini, Bruno Bruni, Ovidio ed Ermes Colussi, Pina Kalz, Rico De Rocco e Virgilio Tramontin.

Pasolini vuole farsi portavoce di una sensibilità informe, quella dei giovani friulani, e portarla all'espressione; vuole sperimentare la «melodia infinita» di cui è intrisa la lingua friulana la quale si presta «quietamente a farsi tramutare in linguaggio poetico». (107)
Con queste prerogative, il 18 febbraio 1945 viene formalmente costituita l'Academiuta di lenga furlana. I componenti sono Pasolini, Cesare Bordotto, Nico Naldini, Bruno Bruni, Ovidio ed Ermes Colussi, Pina Kalz, Rico De Rocco e Virgilio Tramontin. (108)

“(...) che dolcissime Domeniche passammo quell'inverno e quella primavera in grazia della poesia e della musica di P. ! (109) Io e mio cugino N. le ricordiamo come le più belle che abbiamo mai trascorso (...). Ci si riuniva nella mia camera, o nel piccolo retro cucina dei Cicuto (...), o, da ultimo nel casello in cui facevo scuola.(...), e dove non giungeva neppure l'eco di quei tremendi scoppi che notte e giorno scuotevano la terra (...). Si pensi che è nato in una di quelle Domeniche il nostro félibrige friulano”. (110)

L'esperienza poetica in casarsese costituisce la parte fondamentale degli incontri; dai ragazzi il dialetto viene recuperato nella scrittura attraverso le potenzialità musicali della loro parlata, le cui voci racchiudono ancora intatte l'essenza cristiana e la radice romanza. Sono queste infatti, le caratteristiche del nuovo felibrismo (111) casarsese: vivezza, nudità e cristianità.
Il manifesto dell'Academiuta appare nell'agosto del '45 nello «Stroligùt», che ha perduto il sottotitolo «di cà da l'aga»; inoltre, per sottolineare l'apertura dell'iniziativa a programmi culturali più alti, la rivista ricomincia la numerazione da 1. Sulla copertina del nuovo fascicolo è rappresentato un cespo di dolcetta (ardilút in friulano), disegnato da Rico De Rocco. La dolcetta come spiega lo stesso Pasolini nel manifesto dell'Academiuta, è un'umile pianticella che da secoli i friulani -accolgono «tra l'ora q'a mour la lus dal dì e l'ora q'a nas la una» (112) e che da mille sere mangiano davanti al focolare. Questa «erbuta» è lo stemma dell'Academiuta, la cui ambizione
è recuperare la lingua friulana che ci è pervenuta intatta nel suo splendore attraverso i secoli; la parlata rustica casarsese al pari:e la dolcetta è da secoli testimone dei gesti rituali e ripetitivi di un popolo.
L'Academiuta vuole far risplendere e rendere degna di riconoscimento letterario la lingua casarsese, proprio come la rugiada rende la dolcetta brillante e degna di essere colta nei campi inariditi dal gelo invernale.
Pasolini all'interno del suo "cenacolo" trasmette agli imberbi neòteroi le sue conoscenze sulla tradizione romanza e provenzale, e con estrema convinzione indica il '300 letterario come il periodo dove ritrovare la propria tradizione.
Il Friuli, a differenza di quanto si possa pensare, ha una tradizione letteraria, dei poeti in cui riconoscersi; Pietro Zorutti, per esempio, 

«un poeta piccolo borghese che vede il paesaggio con lo spirito della scampagnata domenicale»
(113), 

è un saldo punto di riferimento nella tradizione vernacolare friulana, 

«un dolo che commuove da cento anni il cuore dei Friulani». (114) 

Ma è proprio questo aspetto vernacolare e sentimentale di cui è intrisa la tradizione poetica zoruttiana che Pasolini condanna e verso cui punta i piedi.

Se Pietro Zorutti non può essere considerato un poeta, gli Zoruttiani della seconda categoria poi, non sono di natura poco diversa da quella dei suoi «tacchini» e dei suoi «maiali» e della sua eterna luna, insulsa come una polentina senza sale (...), il Friuli, infine è quello che paga le spese di tutto quel buon umore non richiesto da nessuno”. (115)

La poesia degli Zoruttiani è dettata da una faciloneria borghese che si arreca il diritto di cantare con uno stile dimesso, con una mediocre retorica sentimentale, con un umorismo da beoni quei paesaggi che non gli appartengono. Essi cantano la storia del Friuli con dei versi, il cui tono 

«serba in qualsiasi stagione dell'anno un'ineffabile euforia natalizia” (116), 

dei versi che non fanno altro che sminuire, impoverire la loro così poetica terra e la loro così poetica lingua.
Verso quella terra e verso quella lingua la scuola casarsese invece si è assunta un grande impegno: le poesie dei neòteroi casarsesi generate in seno all'Academiuta fanno cantare altri paesaggi, non con uno stile dimesso, con un'allegria paesana, ma con la coscienza di un popolo che conosce la drammatica storia del Friuli:


Esiste un paesaggio friulano fuori dalla réclame sia turistica che sentimentale? Ebbene quello è divenuto il nostro paesaggio(...)” (117).

NOTE
91. Cfr. PASOLINI, Lettere 1940-1954, cit., p. 190.
92. Cronologia, a cura di Nico Naldini, in P. P. PASOLINI, Romanzi e racconti 1944-1961, tomo I, cit., p. CLXII.
93. Cfr. Appendice. Lettere inedite, in P. P. PASOLINI, Vita attraverso le lettere, cit., p. 323.
94. L'almanacco «Strolic furlan», pubblicato ogni anno a Udine dalla Società Filologica Friulana; «Stroligùt», l'affettuoso diminutivo della rivista casarsese, non intende sottolineare una condizione di inferiorità, ma una dichiarata differenziazione nei confronti della cultura ufficiale udinese. Per un ulteriore approfondimento sul significato del titolo attribuito alla rivista casarsese, cfr. NICO NALDINI, Introduzione a P. P. PASOLINI, L'academiuta di lenga furlana e le sue riviste, cit., p. 10.
95. Di questo lontano Friuli, cit., p. 218.
96. Dialet, lenga e stil, in Stroligut di cà da l'aga (1944), Il Stroligut (1945-46), Quaderno Romanzo(1947), riviste friulane / dirette da Pier Paolo Pasolini, Circolo Filologico - Linguistico Padovano, Padova 1983. Trad. "Per esprimere i sentimenti più alti e segreti del cuore (...). Nessuno, è vero, lo ha mai usato per scrivere, esprimersi, cantare; ma non è neanche giusto pensare che, per questo motivo, debba sempre rimanere sotterrato nei vostri focolari, nei vostri campi, nei vostri stomaci (...)".
97. Cfr. PASOLINI, Lettere 1940-1954, cit., p. 203.
98. Memoria di un spetaculut, in Stroligut di cà da l'aga(1944), II Stroligut (1945-46), Quaderno Romanzo (1947), riviste friulane / dirette da Pier Paolo Pasolini, Circolo Filologico Linguistico Padovano, Padova 1983, p. 29. Trad: “fiore nato quasi per caso nel deserto di lacrime e di passioni del 1944”.
99. Appendice ad «Atti impuri», in PASOLINI, Romanzi e racconti 1946-1961, tomo I, cit.,p.146
100. Atti impuri, in ibid. p. 62. Ribadiamo che la nostra attenzione sull'autore verte soprattutto ad una analisi del periodo dell'esordio poetico e intellettuale in Friuli, dunque, gli anni che vanno dal trasferimento definitivo a Casarsa all'episodio di Ramuscello.
101. P.P. PASOLINI, Romàns, Guanda, Parma 1994.
102. Atti impuri, in P. P. PASOLINI, Romanzi e racconti 1946-1961, tomo I, cit., p. 25.
103. Cfr. Un coetaneo ideale e perfetto, ne « Il Mattino del Popolo», 22 settembre 1948; ora in P.P, PASOLINI, Un paese di temporali e di primule, cit., p. 150.
104. Cfr. ibid, p. 150.
105. Il Friuli, in Un paese di temporali e di primule, cit., p. 200.
106. Dopocena nostalgico, «Il Mattino del Popolo», 13 ottobre 1948, in Un paese di temporali e di primule, cit., p. 153.
107. Volontà poetica ed evoluzione della lingua, «Il Stroligùt», aprile 1946; ora in L'Academiuta e le sue riviste, cit.
108. Tra i membri dell'Academiuta, non tutti sono poeti; alcuni sono pittori e partecipano ad alcune tra le molteplici attività del piccolo circolo letterario, i restanti componenti, sono gli alunni della scuoletta pasoliniana, lanciati in questa nuova avventura poetica.
109. Pina Kalz, violinista slava sfollata con Pier Paolo Pasolini nella casa di Versuta. Grazie a lei il nostro giovane poeta scopre la passione per la musica e in particolare per Bach. Pina accompagnerà anche la sua esperienza didattica a Versuta, componendo le musiche di alcuni testi poetici (villotte) scritti dallo stesso Pier Paolo per i suoi ragazzi.
110. Appendice ad «Atti impuri», in P. P. PASOLINI, Romanzi e racconti 1946-1961, tomo I, cit., p. 151.
111. Ci sembra molto interessante l'analisi etimologica dell'espressione "félibre" che ci offre Fernando Bandini: «L'etimo è nel tardo latino felebris (-ibris), dal verbo fellare, "succhiare", poppare", suo significato originario, prima di assumere quello osceno che è il più noto. Il parlar materno quindi come latte, come nutrimento. Il sottoscritto ha iniziato un suo remoto intervento su Pasolini con la frase: "In principio era la parola e la parola era presso la madre"». Cfr. saggio di Fernando Bandini dal titolo Il "sogno di una cosa" chiamata poesia in P. P. PASOLINI, Tutte le poesie, cit., p. XVIII.
112. Cfr. «Il Stroligùt» n. 1, agosto 1945, ora in P. P. PASOLINI, Saggi per la letteratura e per l'arte, cit., p. 28.
113. Cfr. Il Friuli, in Un paese di temporali e di primule, cit., p. 191.
114. Cfr. Presentazione dell'ultimo «Stroligùt», in «Libertà», 26 maggio 1946, ora in Saggi sulla letteratura e sull'arte, cit., p. 163.
115. Cronacuta di Paisdòmini, in «Stroligùt di cà da l'aga», agosto 1944, ora in Saggi sulla letteratura e sull'arte, cit., p. 68.
116. Lettera dal Friuli, in «La fiera letteraria», 29 agosto 1946, ora in Un paese di temporali e di primule, cit., p. 211.
117. Motivi vecchi e nuovi per una poesia friulana non dialettale, in «Il Tesaur», n.2, 1949, ora in Un paese di temporali e di primule, p. 239.

Autore: Chieco, Mariella
Curatore: Leonardi, Enrico

Curatore, Bruno Esposito

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