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martedì 28 dicembre 2021

Poer Paolo Pasolini, 1969 - PORCILE

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





1969 PORCILE


Scritto e diretto
da: P.P.P.; 
fotografia: Armando Nannuzzi (1° ep.), Tonino Delli Colli, Giusppe Ruzzolini (2° ep.); 
costumi: Danilo Donati; 
musica originale: Benedetto Ghiglia; 
montaggio: Nino Baragli; 
aiuti regista: Sergio Citti, Fabio Garriba; 
assistente alla regia: Sergio Elia; 

interpreti e personaggi: 


1° episodio
Pierre Clementi (1° cannibale); 
Franco Citti (2° cannibale); 
Luigi Barbini (il soldato); 
Ninetto Davoli (Maracchione, il testimone dei due episodi); 
Sergio Elia (un domestico); 

2° episodio
Jean-Pierre Léaud (Julian); 
Alberto Lionello (Klotz, il padre); 
Margherita Lozano (M.me Klotz, la madre, doppiata da Laura Betti); 
Anne Wiazemsky (Ida); 
Ugo Tognazzi (Herdhitze); 
Marco Ferreri (Hans Guenther, doppiato da Mario Missiroli); 

produzione 


1 ° episodio: Gianni Barcelloni Corte, BBG cin. s.r.l.;produzione 
2° episodio: Gian Vittorio Baldi e IDI Cinematografica (Roma), I Film dell’Orso, C.A.P.A.C. Filmédis (Paris);

pellicola
: Kodak Eastmancolor; 
formato: 35 mm., colore, 1:1.85; 
macchine da presa: Arriflex, non sonora nel 1° episodio; 
sviluppo e stampa: Technostampa; doppiaggio: C.I.D.; 
sincronizzazione e sonorizzazione: NIS Film; 
distribuzione: INDIEF; 

riprese: 


1° episodio
, nov. 1968, esterni: Valle dell’Etna, Catania, Roma; 
2° episodio, febbraio 1969, esterni-interni: Verona, Stra, Villa Pisani; 
durata: 98’ (2685 m.); 

PRIMA PROIEZIONE:


30 agosto 1969: Prima proiezione “di protesta” al Cinema Cristallo di Grado, alla mattina, e proiezione ufficiale al XXX Festival di Venezia, la sera.

USCITA NELLE SALE:


10 settembre 1969: Roma, Cinma Arlecchino, Tiffany


La TRAMA la racconta Pasolini in questa intervista rilasciata a: 

Mirella Acconciamessa 
L'Unità, 9 febbraio 1969

Pasolini dice: 
<< Porcile racconta due storie diverse, che misteriosamente si incontrano e si integrano. La prima, ambientata nel deserto, in una epoca non precisata, che potrebbe essere per i costumi, il Messico del '500 '600, narra di un figlio disobbediente il quale agisce fuori delle regole sociali, rendendosene conto, e che finirà divorato dagli
animali, per la legge del contrappasso, essendo, egli stesso, un cannibale. Questo episodio. muto, tranne una frase di due sole parole, sarà interpretato da Franco Cittì, Pierre Clementi e Ninetto Davoli. Quest'ultimo, presente nel primo episodio, riferisce nel secondo la fine che ha visto Tare al figlio disobbediente >>. 
E' questo l'unico legame visivo tra i due episodi, ma la seconda storia è
strettamente legata alla prima. Ambientata nella Germania di Bonn, è datata 1967. Qui Jean-Pierre Léaud (attore prediletto di Godard) è il figlio né obbediente, né disobbediente di un Alberto Lionello rappresentante del paleo-capitalismo, che ha letto Brecht ed è capace anche di autocritica. 
« Non considera Hitler come un criminale — dice Pasolini, per esemplificare — ma come una madre affettuosa ». 
Egli viene a contrasto con un altro
industriale. un ex criminale nazista (Tognazzi), fuggito in Italia dove si è dedicato a ricerche sociologiche. Costui scopre il segreto del figlio né obbediente, né disobbediente. e che cioè il giovane ama i maiali. 
<< E' un caso assai raro e atipico nella psicologia — precisa Pasolini. La scoperta del segreto, e un successivo ricatto dell'ex criminale all'industriale, faranno si che i due uniscano le loro forze, si fondano insieme, mentre il giovane entrerà nel porcile in cui, dopo aver
incontrato l'ombra di Spinoza, col quale avrà un colloquio filosofico finirà. per motivi misteriosi, divorato dai maiali ». 
Pasolini è il primo a riconoscere che è difficile sempre, per lui, raccontare le trame dei suoi lavori, e ritiene che Porcile sia il film più metafisico che abbia finora realizzato. Precisa che, con questa opera cinematografica, ha voluto affrontare il tema dell'ubbidienza, innestandolo nel suo modo di
vedere la realtà. Il secondo episodio — tutto dialogato in versi — è. ovviamente, il più esplicito e corre sul filo del grottesco, ma non del comico
<< Rideranno solo i porci >>,
precisa il regista. 
« Perché il titolo Porcile? Perché i maiali? ». 
<< Proprio Grosz, il grande disegnatore satirico tedesco, raffigurava gli industriali come porci>>,  risponde Pasolini.
Il problema dei giovani e del movimento di contestazione è adombrato nel film, anche se il regista tiene a precisare che l'idea risale a quattro cinque anni fa. Alla sua conferenza stampa, ieri, era presente anche Alberto Lionello. L'attore afferma di essere stato, all'inizio, cinematograficamente preoccupato di poter entrare, fisicamente, nella parte affidatagli da Pasolini. Ma quest'ultimo lo ha immobilizzato in una sedia a rotelle, risolvendo rapidamente e brillantemente i suoi dubbi, 
<< II testo, come spesso avviene in teatro, ma di rado nel cinema, mi aveva un po' intimidito, ma i simbolismi erano chiari e reputo, questa fatta con Pasolini, una esperienza positiva che spero di ripetere >>. 
Richiesto dei suoi impegni teatrali, Lionello ha annunciato di aver trovato, ma solo per il prossimo anno, un capocomico disposto a mettere in scena Joe Epa di Nichols. che molto successo ha
riportato, a Londra, nell'interpretazione di Albert Finney. In programma anche Calinolo di Camus.
<< Solo teatro impegnato, basta con le farse, che vorrebbero i capocomici >> dice Lionello.
Un'ultima domanda a Pasolini. 
<< Lei è appena tornato da Parigi, dove è stato finalmente presentato Teorema. Che cosa può dirci in proposito? >>. 
<< IJ film — risponde — al contrario di quel che si poteva
dedurre dalle prime notizie, va benissimo. Viene proiettato in piccole sale, per un pubblico di élite, ma è un grande successo. Tutte le critiche sono state entusiaste e Io stesso arcivescovo di Parigi consiglia, a sacerdoti e a suore, di andarlo a vedere. Sarà per solidarietà con la giuria dell'OCIC... >>. 
Pasolini. non lo si può negare, di questo è assai soddisfatto. Chi ha scambiato l'ospite per il diavolo,
invece che per l'inviato di Dio. — sembra dire — ha preso un bell'abbaglio.
Mirella Acconciamessa 
L'Unità, 9 febbraio 1969








Due lapidi sulla disubbidienza vengono lette prima delle immagini iniziali, sul rumore di un’eruzione lavica. I titoli di testa scorrono su un grande e moderno porcile. Poi, in mezzo ad una landa deserta, un giovane vestito in abiti antichi che si ciba di farfalle e di serpenti (Pierre Clementi) è osservato parallelamente a Julian (Jean-Pierre Léaud), delfino del grande magnate tedesco Klotz, che si aggira fischiettando nella villa “italianizzante” e neoclassica di suo padre a Godesberg, nei dintorni di
Colonia. Il giovane nel deserto trova degli elmi e delle armi accanto a carcasse di soldati morti, e li indossa. Siamo di nuovo a Godesberg, nel 1967, periodo delle prime manifestazioni studentesche in Germania. Il venticinquenne Julian, figlio unico ed erede di Klotz, ha uno scialbo rapporto con la diciassettenne Ida (Anne Wiazemsky), la quale lo ama non ricambiata. Ida cerca nell’impegno politico studentesco il senso della sua vita, mentre Julian, «né obbediente né
disubbidiente» (come lo definisce sue padre), si è reso conto che come rivoluzionario era conformista, e di «non avere opinioni». Vive sospeso nel suo limbo, in un’impenetrabile e stralunata aria di mistero e di fuga dal reale, nell’infinita ripetizione di un amore segreto e perverso, quella passione zoofila che lo porta ad eccitarsi e a potersi accoppiare solo con i maiali che vivono nelle tenute paterne, quei maiali con cui, citando Brecht e Grosz, il padre “umanista”, con cinica ironia, identifica
la sua classe e se stesso. Ida, trattata da Julian come una bambina capricciosa (i loro dialoghi pullulano di espressioni nonsense come urrà, trallallero, trallallà, ecc.), non riesce a strappare a Julian il segreto del suo vero amore, a causa del quale viene rifiutata. Alla vuotezza del loro rapporto puramente verbale si aggiunge l’atarassia dei rapporti familiari di Julian con suo padre, il paralitico Herr Klotz (Alberto Lionello) e sua madre (Margherita Lozano), che vedrebbero di buon occhio un matrimonio con Ida, per
salvare Julian dalla sua apatia. Ida esorta Julian a seguirla nelle grandi manifestazioni di protesta sotto il muro di Berlino. Julian, giocosamente, rifiuta. Klotz, sdraiato nel letto con il cappello da notte, si interroga con la sua consorte sull’ambigua condotta del figlio, e poi afferma che «i tempi di Grosz e di Brecht non sonno affatto passati», anche se la Germania di Bonn, che fabbrica solo lane, formaggi, birra e bottoni, «non è mica la Germania di Hitler». Dopo qualche tempo, sui bordi
della grande vasca della villa, Julian, da una sponda all’altra, fa il suo “ultimo, infame esperimento” sull’amore di Ida nei suoi confronti, prima di ribadirle che il suo amore è altrove. Uno stacco sul giovane cinquecentesco lo mostra scrutare a distanza i movimenti degli uomini che si aggirano sulla montagna deserta. Il giovane, senza dire una sola parola, affronta un soldato da solo a solo, lo uccide, e ne getta la testa in un cratere fumante del vulcano. Poi, accanto ad un falò, mangia la carne del
soldato cotta. Si torna a Godesberg, e da un dialogo di costante contraddizione reciproca tra Ida e la madre di Julian, apprendiamo, ancora prima di vederlo, che Julian si è chiuso in uno stato di catalessi, sdraiato su un letto come un povero Cristo, con i pugni stretti e lo sguardo fisso nel vuoto, del tutto insensibile a chi lo circonda. Intanto, Klotz suona l’arpa, e, su due nuove lapidi, ne leggiamo i preoccupati pensieri, che riguardano il suo “concorrente venuto su dal niente”,
Herdhitze, che insidia il suo primato produttivo. Sul vulcano, il giovane cannibale ha trovato un seguace (Franco Citti), che, dopo aver condiviso con lui un pasto, lo aiuta a fare strage degli uomini che passano di lì, e a rapirne e stuprarne le donne, che vengono trattate come vere bestie. A Godesberg giunge il fedele servitore-spia di Klotz, il viscido Hans Guenther (Marco Ferreri), che ha importanti novità sul conto del maggior concorrente di Klotz, il sedicente signor Herdhitze. Hans
Guenther ha scoperto che Herdhitze altri non è che Hirt, vecchio compagno di studi di Klotz, criminale nazista addetto alla “raccolta di crani di commissari bolscevichi ebrei per ricerche scientifiche all’università di Strasburgo”. Sul vulcano, i cannibali rapiscono e uccidono una donna, poi la mangiano, sotto gli occhi increduli del marito che è riuscito a nascondersi. La conversazione tra Klotz e Hans Guenther prosegue amabilmente, con la descrizione del martirio degli ebrei nelle camere a gas,
e con la rivelazione che Hirt (ora Herdhitze) si è arricchito rubando i denti d’oro dei prigionieri, finché, ad un tratto, il signor Herdhitze stesso (Ugo Tognazzi), viene annunciato in visita improvvisa dal maggiordomo di Klotz. In un paesetto cinquecentesco giunge il marito della donna sbranata dai cannibali, che rivela, davanti alla folla (tra cui anche il contadino Maracchione, Ninetto Davoli) l’orribile misfatto. Il vulcano si riempie di soldati armati, appostati e nascosti con i fucili spianati,
mentre due “esche”, un uomo e una donna nudi, vengono piazzati, visibili, nella piana. I cannibali (il cui numero intanto è cresciuto), scrutano la situazione con diffidenza. A Godesberg, Herdhitze e Klotz conversano, scrutandosi reciprocamente, e brindando ipocritamente alla loro “nuova giovinezza”. Ancora un breve stacco sul vulcano, dove soldati e cannibali scrutano la situazione. Klotz pensa di avere Herdhitze in pugno, di poterlo ricattare, ma Herdhitze gli rivela che è a
conoscenza del “vizietto” di suo figlio Julian, dell’accoppiamento con i maiali; in uno sterminato salone con affreschi settecenteschi, mentre Hans Guenther si specchia la lingua, Klotz capisce di dover scendere a patti con il suo rivale. Sul vulcano la situazione si evolve: il giovane cannibale, a gesti, ordina l’attacco ai suoi seguaci, ma viene sorpreso dai soldati, e catturato dopo che si è denudato dinanzi a loro. A Godesberg Julian è guarito, e parla con Ida del nuovo colosso tedesco:
l’industria Herdhitze-Koltz, nata dalla fusione dei due grandi antagonisti. Mentre Ida sta per dare l’addio a Julian, perché ha deciso di sposarsi, Julian, in un monologo di straordinaria bellezza letteraria, descrive a Ida il senso del suo amore, pur senza rivelarne chiaramente l’oggetto. In una fortezza cinquecentesca si svolge il giudizio della banda di cannibali. Una campana a morto esprime senza parole il prevedibile verdetto: esecuzione capitale. Il contadino Maracchione è tra
la folla, e assiste sgomento alla processione che accompagna i condannati sul vulcano. Il giovane cannibale è l’unico a non pentirsi davanti alla croce. A Godesberg è in atto un grande ricevimento per festeggiare la Fusione industriale Herdhitze-Klotz. Julian si allontana dalla villa, e mentre si avvia nei boschi incontra il sorridente contadino Maracchione. Una bimba segue Julian a distanza nella sua passeggiata. Con un montaggio parallelo assistiamo alla costruzione dei patiboli
dei cannibali e all’ingresso di Julian nel porcile. Julian scompare tra i maiali, mentre il cannibale, con le lacrime agli occhi, pronuncia per quattro volte l’unica frase di tutto l’episodio: «Ho ucciso mio padre, ho mangiato carne umana, tremo di gioia». Maracchione osserva muto l’esecuzione dei cannibali: sono legati in terra con i quattro arti a dei pali, per essere fatti sbranare vivi dai cani selvatici. A Godesberg, nel pieno dei festeggiamenti della Fusione, giungono in drappello i contadini di Klotz vestiti di
nero, per annunciare a Herdhitze (il più forte dei due soci) l’orribile scomparsa di Julian, totalmente sbranato dai maiali. Herdhitze, avendo constatato che di Julian e della sua deviazione non è rimasta alcuna traccia visibile, intima ai contadini di tacere per sempre sull’accaduto.

da S. Murri, Pier Paolo Pasolini, 
Il Castoro-l'Unità 1995


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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