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lunedì 29 ottobre 2012

Pier Paolo Pasolini: Salò o le 120 giornate di Sodoma

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Pier Paolo Pasolini:
Salò o le 120 giornate di Sodoma
Tre recensioni di:
ZERO COOL,  Roberto Donati, MG l'inesperto cinematografico, (Central do Cinema)


Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini
1. Recensione di ZERO COOL

E' il film  che rappresenta metaforicamente il potere nella società capitalistica. Salò spiega usando allegorie e metafore, il rapporto che ha il potere con le persone che gli sono sottoposte, un rapporto metaforicamente sadista, De Sade è solo un pretesto per esternare tutta la sofferenza di Pasolini per una società irrimediabilmente votata al consumismo piu sfrenato, anche i 3 gironi danteschi sono solo un pretesto, e lo si capisce bene dai nomi dei gironi, quello delle manie, della merda e del sangue, guardando il film sembra di vedere un tg dei nostri giorni, il teatrino del sesso e della morte, una democrazia che sotto la sua maschera nasconde il fascismo dell'era globale, un fascismo non più di stampo politico, dato che la politica è morta, ma di stampo economico, per dirla con Pasolini, nella società capitalistica globalizzata in cui viviamo tutto diventa mercificazione, anche il sesso e la morte, protagonisti numeri uno della televisione che ci rende tutti complici, vittime e carnefici compiaciuti.

Per Pasolini il sesso di questi anni è obbligatorio, brutto e indigeribile, per cui abbiamo il sesso inteso come merda e scatofagia, è la rappresentazione metaforica del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti, di quella che Marx chiama la mercificazione dell'uomo, la riduzione del corpo a oggetto attraverso lo sfruttamento.

Il sesso estremo inteso come violenza, tortura e morte, il gesto sodomitico è il più assoluto per quanto contiene di mortale per la specie umana, il più ambiguo, per questo accetta allo scopo di trasgredirle le norme sociali, e infine il piu scandaloso, perché pur essendo il simulacro dell'atto generativo, ne è la totale derisione. E il sadomasochismo e la sodomia illustrano bene il rapporto del dominante col suo sottomesso, proprio del sistema capitalistico, Pasolini odia i corpi e gli organi sessuali divenuti da gioia e libertà per gli umili in epoche reppressive ad atroce espressione di violenza in epoche permissive.

Nel girone della merda il significato [indicato soprattutto proprio da Pasolini, ndr] e questo: l'ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli inconsciamente ha ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi 'diverso'. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo, mitica e incisiva la metafora della merda servita su vassoi d'argento, tutto ciò che ci propinano non è altro che merda afrodisiaca, merda fatta uscire con un marchio prestigioso a caratteri d'oro. A distanza di 25 anni Pasolini come un veggente aveva capito lo sfacelo a cui stavamo andando incontro, ha pagato il suo sforzo con la vita.

Lo sconsiglio vivamente a coloro che non considerano il cinema come arte, e non potrebbero capire. Lo sconsiglio inoltre ai deboli di stomaco e lo reputo vietato ai minori di 18 anni a piena regola, in quanto si tratta di un film estremo, dai contenuti che superano l'oscenità seppur senza sfociare nel volgare.

Il sesso diventa un mezzo per attuare il potere, arma con cui controllare il popolo, e con cui annientarlo. Non più arma di seduzione o strumento sensuale con cui attrarre, ma solo una consueta forma di violenza; i corpi nudi diventano figure 'normali', oggetti, figure rosa ammassate sui pavimenti; seni, natiche e falli diventano incolori, perdono ogni significato simbolico, si trasformano in insignificanti dettagli privi di pudore abbandonando i loro contenuti erotici o sensuali.

La violenza è estrema, ma non è il fattore che forse colpisce di più, la violenza o il sesso in Salò non sono gli elementi più sconvolgenti, in quanto siamo abituati dai  media a vederli all'ora di pranzo,  ma colpiscono soprattutto le sequenze escrementizie: questo perché oggi siamo abituati al sesso e alla violenza da un sistema capitalistico", e dai mezzi di comunicazione. E in Salò questo concetto è enfatizzato per sottolineare la violenza che ci circonda, che diventa sempre più "normale". Oggi come allora. C'è chi vede nel suicidio della pianista la coscienza di Pasolini, sconcertata di fronte alla volgarità estrema del periodo, e dai sensi di colpa per il suo maggior delitto, cioé quello di essere omosessuale, mai perdonato dalla società di allora.





Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini
2. Recensione di Roberto Donati

Nel 1944/45 quattro gerarchi fascisti imprigionano in una villa alcuni ragazzi e ragazze per soddisfare le loro perversioni psicopatologiche, eccitati dalle fantasie erotiche di tre narratrici. Rielaborando (insieme a Sergio Citti e Pupi Avati non accreditato) i fatti della Storia con i racconti del marchese De Sade e con una struttura a gironi come una sorta di Inferno dantesco, Pasolini non arretra di fronte a nulla e ci consegna una tremenda denuncia del potere e della dittatura come fonti di ogni iniquità e nefandezza dalla quale niente, nemmeno la Chiesa, si salva (uno dei torturatori è un monsignore).


L’uomo, sia vittima che carnefice, ridotto a bestia o peggio, senza possibilità di riscatto. Le scene di coprofagia sono tra le più sconvolgenti mai viste; e pensare che molte altre scene pensate non sono neanche state girate. L’unico episodio della “trilogia della morte” che Pasolini aveva ideato di realizzare, simmetricamente e specularmente alla precedente “trilogia della vita”, è, però, fin troppo estremo ed è sicuramente penalizzato da una visione non piacevole, se non proprio insostenibile – anche se questo era l’intento del sempre provocatorio autore.

Con un soave sottofondo musicale (musica sacra di Carl Orff) che aumenta l’angoscia e l’oppressione. Può piacere o disgustare, ma non può non far discutere e questo gli rende merito. Pasolini fu assassinato da uno dei suoi “ragazzi di vita” poco dopo la lavorazione del film e il produttore Grimaldi, all’uscita nelle sale, fu processato e assolto “per corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico”. Aldo Valletti è doppiato per l’occasione dal regista Marco Bellocchio. In confronto, Full Metal Jacket è un film per bambini.

*  *  *



Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini
3. Recensione di MG, l'inesperto cinematografico


Il film mi pare essere una grande e terribile "allegoria", di che cosa però non so, forse della Morte? della Storia? della vita del regista? Sotto il profilo narrativo ho assistito a un fluire di idee, un succedersi di situazioni senza soluzione di continuità, e un ripetersi del male quasi "a oltranza".

Perché tutto questo insistere sulla merda? Merda nei discorsi, merda da mangiare, immersioni nella merda, merda nei vasi da notte, merda sui pavimenti, merda in bocca ...

Perché si vedono solo rapporti anali? Anali uomo-donna, anali uomo-uomo. Sembra che l'unico tipo di rapporto sessuale ammissibile nella "casa" fosse di quel genere. Perché allora il fascista sbeffeggerebbe le due lesbiche? Perché i fascisti ucciderebbero come cani il ragazzo bianco e la ragazza nera sorpresi ad avere un rapporto normale?


La storia di fondo con i 4 fascisti - se poi c'è veramente - mi sembra il mezzo per scatenare all'interno di questa casa "chiusa" le più nefaste energie. Sconvolgente, non ho di che dire, nei contenuti. Straordinario, sotto il profilo cinematografico, almeno sotto l'ottica dell'Inesperto. Ricercatissimo nei particolari (la sedia di Machintosh, gli affreschi murali [Leger?], i quadri alle pareti [il ciclista di Sironi], gli arredi, la disposizione degli attori sulla scena quasi essi stessi facessero parte del mobilio della casa, a volte composti a trittico pittorico, le ragazze nude sulla scala illuminata dall'alto, la sala con in fondo tre porte di cui solo quella centrale aperta su una scala, il ragazzo nudo addossato alla parete in posa manieristico-michelangiolesca, la scena dell'esplorazione dei culi rassomigliante a una performance di arte moderna, moderna accumulazione di corpi senz'anima e senza volto, e sono solo alcune delle cose che mi vengono in mente).

Quasi apocalittico quando le ragazze immerse nella merda (ispirata dalla pena riservata agli adulatori della II bolgia di Malebolge?) gridano una frase del tipo "Dio mio perché ci hai abbandonato?". Spaventoso il finale del film con le sevizie cui vengono sottoposti i ragazzi e le ragazze nel cortile del palazzo, mentre i fascisti a turno osservano la scena dalla finestra con un binocolo. Le scene sono viste da lontano attraverso lo strumento ottico, il campo visivo a volte è ristretto a quello del binocolo. Si alternano inquadrature da lontano e zoom su singoli martiri. Assistiamo alle sevizie ma non udiamo neppure un lamento, perché il regista ha voluto che la scena fosse totalmente muta, affinché noi vedessimo soltanto senza udire (forse perché la finestra è chiusa e i rumori non si possono sentire dall'interno della casa?). I corpi sono nudi come nelle rappresentazione dell'Inferno.

Corpi nudi, sevizie e torture non si vedevano anche nel tableau vivant del Giudizio Universale di Giotto nel "Decameron"? Sono quelli una loro anticipazione e questi uno sviluppo in azione di ciò che sembra assomigliare all'inferno sulla terra, o all'inferno dantesco? Perchè durante le sevizie che si sviluppano in cortile, il gerarca fascista di turno tocca gli organi sessuali del partigiano? Perché durante l'osservazione dalla finestra di questa specie di spettacolo infernale, in sottofondo risuonano le note di Carl Orff? E cosa centra Bach (mi pare) come accompagnamento ai morbosi e schifosi soliloqui della bionda megera di mezza età? Funzionano in questo film i giochi di rimando con precedenti film? Oltre alle torture del Giudizio Universale di Giotto, gli uomini e le donne legate mani e piedi a terra non richiamano quelli destinati a essere sbranati dai cani in "Porcile"? Il banchetto matrimoniale in cui uno dei fascisti sposa un ragazzotto e in cui viene servita la "prelibata delizia" (per usare un eufemismo) non è la caricatura cattiva e perversa del banchetto nuziale di "Mamma Roma", anche come impostazione scenografica e inquadratura?

Fermo qui la mia "immaginazione". E' difficile restare indifferenti di fronte a tanta nefasta genialità...

*  *  *





Salò o le centoventi giornate di Sodoma (1975)
SCHEDA DEL FILM



Dal romanzo di De Sade Le centoventi giornate di Sodoma 
Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini
Collaborazione alla sceneggiatura Sergio Citti e Pupi Avati
Fotografia Tonino Delli Colli; 
scenografia Dante Ferretti; 
costumi Danilo Donati; 
consulente musicale Ennio Morricone; 
montaggio Nino Baragli, Tatiana Casini Morigi; 
musiche a cura di Pier Paolo Pasolini; 
aiuto alla regia Umberto Angelucci; 
assistente alla regia Fiorella Infascelli.
Interpreti e personaggi Paolo Bonacelli (Il Duca Blangis); Uberto Paolo Quintavalle (il Presidente della Corte d'Appello); Giorgio Cataldi (il Vescovo, doppiato da Giorgio Caproni); Aldo Valletti (l Presidente Durcet, doppiato da Marco Bellocchio); Caterina Boratto (signora Castelli); Hélène Surgère (signora Vaccari, doppiata da Laura Betti); Elsa de' Giorgi (signora Maggi); Sonia Saviange (virtuosa dì pianoforte). E inoltre: Sergio Fascetti, Antonio Orlando, Claudio Cicchetti, Franco Merli, Bruno Musso, Umberto Chessari, Lamberto Book, Gaspare di Jenno, Giuliana Melis, Faridah Malik, Graziella Aniceto, Renata Moar, Dorit Henke, Antinisca Nemour, Benedetta Gaetani, Olga Andreis, Tatiana Mogilanskij, Susanna Radaelli, Giuliana Orlandi, Liana Acquaviva, Rinaldo Missaglia, Giuseppe Patruno, Guido Galletti, Efisio Erzi, Claudio Troccoli, Fabrizio Menichini, Maurizio Valaguzza, Ezio Manni, Anna Maria Dossena, Anna Recchimuzzi, Paola Pieracci, Carla Terlizzi, Ines Pellegrini. 
Produzione PEA (Roma) / Les Productions Artistes Associés (Parigi); 
produttore Alberto Grimaldi; 
pellicola Kodak Eastmancolor; 
formato 35 mm, colore; 
macchina da ripresa Arriflex; 
sviluppo e stampa Technicolor; 
sincronizzazione International Recording, Roma; 
missaggio Fausto Ancillai; 
distribuzione United Artists Europa.
Riprese marzo-maggio 1975, 
teatri di posa Cinecittà, 
esterni Salò, Mantova, Gardelletta (Emilia), Bologna; 
durata 116 minuti.
Prima proiezione I Festival di Parigi, 22 novembre 1975. 





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Curatore, Bruno Esposito

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