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venerdì 3 ottobre 2025

Pier Paolo Pasolini, Paura della morte - Vie nuove, numero 18, 3 maggio 1962, pag. 65 ( con Commento )

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini
Paura della morte

Vie nuove

numero 18

3 maggio 1962 

pag. 65

( con Commento )


( © Questa trascrizione da cartaceo è stata curata da Bruno Esposito )


Caro Pasolini, ho letto la sua risposta a «Della mitologia». È una risposta che sa troppo del pensiero del professor Donini. Io, per quanto è caduto sotto la mia esperienza, ritengo che la forza della Chiesa, oltre ad essere economica, si basa sullo sfruttamento del dolore. 

Infatti, il marxismo può eliminare le ingiustizie sociali, ma non la vecchiaia, le malattie, la morte. Di ciò approfitta la Chiesa. L’uomo ha bisogno di morfina e la prende dove la trova. 

Saggia politica non è (almeno fino a quando i segreti dell’universo non saranno completamente scoperti) «frenare» l’azione di una Chiesa, ma favorire la pluralità dei culti. Così, il monopolio del dolore non sarà esclusivo di una sola corrente religiosa. 

Saluti. 

Lucio Lupi

Caro amico, lei ha condensato in poche righe quello che io, nella mia risposta cui lei si riferisce, avrei voluto analizzare occupando un intero numero, dicevo, di «Vie nuove» o dell’«Osservatore romano»…

Tuttavia la sua nota, pur essendo molto giusta, non è del tutto giusta. Lo sfruttamento del dolore, come lei dice, è uno degli elementi ideologici della Chiesa in quanto strumento del potere, feudale o capitalistico che sia. Questa è addirittura una banalità… Si potrebbe dire che, oltre al dolore, vengono sfruttate l’ignoranza, il conformismo, la paura, la miseria ecc. ecc. Quando un uomo si accorge di questo (il che avviene o dal suo interno, per una libertà acquisita con le proprie forze, magari proprio attraverso gli strumenti culturali della Chiesa…; oppure, oggettivamente, attraverso la lotta di classe), non ha più bisogno della religione: non ha più bisogno nemmeno di una pluralità di religioni. È vero che in ogni «intimità» umana, in ogni dolore, in ogni angoscia, c’è qualcosa di religioso: ma si può trattare benissimo di una religiosità totalmente privata, individuale, laica.

Quanto a coloro che «non si accorgono» (o per incapacità intellettive individuali, o perché storicamente tagliati ancora fuori dal vivo della lotta di classe – masse piccolo-borghesi o sottoproletarie), la pluralità delle religioni è semplicemente inconcepibile, addirittura una contraddizione in termini. Se la religione non è unica, con le sue norme e le sue istituzioni che tendono a livellare, a togliere le diversità, le anomalie, a «rendere tutti uguali», non serve…

Inoltre: è vero che il marxismo, come lei dice «può togliere le ingiustizie sociali, ma non la vecchiaia, alcune malattie, la morte»: non le toglie, tuttavia può modificarne profondamente l’«ideologia». Molti di noi temono la morte, anzi ne hanno terrore, eppure non sono credenti. Il che significa che l’idea della sopravvivenza dell’anima, come insegna la religione di Stato, non è poi indispensabile, per mantenere davanti al terrore della morte un comportamento virile. Perché? Perché anche noi abbiamo una ideologia della morte: ma è umanistica, non religiosa.

Pier Paolo Pasolini

Commento

Lupi: incisivo, metaforico, pragmatico. Individua nella sofferenza – vecchiaia, malattia, morte – la leva principale del potere ecclesiastico. Se il marxismo può correggere le ingiustizie sociali, non può eliminare i limiti biologici dell’esistenza. È in questo spazio che la Chiesa si insinua, offrendo consolazione come una “morfina” necessaria. Per questo, secondo Lupi, con parole asciutte e taglienti, la soluzione non è frenare l’azione della Chiesa, ma favorire la pluralità dei culti, così da impedire il monopolio del dolore da parte di un’unica istituzione. 

Pasolini: analitico, dialettico, con un tono quasi didattico. Usa la ripetizione (“ignoranza, conformismo, paura, miseria…”) per rafforzare l’idea di molteplicità dei meccanismi di potere. Pasolini prende questa intuizione di Lupi e la porta più in profondità. Pur riconoscendo la validità dell’osservazione, la giudica parziale. Il dolore, afferma, è solo uno degli strumenti ideologici della Chiesa, che sfrutta anche ignoranza, paura, conformismo e miseria. Quando un individuo acquisisce coscienza critica – attraverso la cultura o la lotta di classe – la religione diventa superflua, non solo nella sua forma unica ma anche in quella pluralistica. Per Pasolini, infatti, la vera alternativa non è il moltiplicarsi delle religioni, ma la possibilità di una religiosità privata, intima, laica, che non ha bisogno di istituzioni. Inoltre, egli sottolinea che il marxismo, pur non eliminando la morte, può trasformarne l’ideologia: non serve credere nell’anima per affrontare la fine con dignità, perché esiste un’ideologia umanistica della morte, capace di dare senso senza ricorrere al trascendente.

Il confronto tra Lupi e Pasolini mette in luce due approcci diversi: 

il primo, pragmatico e pluralista, mira a ridurre il potere della Chiesa attraverso la concorrenza religiosa; 

il secondo, più radicale, punta a superare la religione stessa attraverso emancipazione e coscienza critica.

 

Entrambi, tuttavia, riconoscono che il dolore è il terreno privilegiato su cui si gioca la partita del potere spirituale.

Bruno Esposito



Curatore, Bruno Esposito

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