"Le pagine corsare "
dedicate a Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini
Come polli da allevamento
Un piccolo saggio di
© Bruno Esposito
« Non è affatto vero che io non credo nel progresso, io credo nel progresso. Non credo nello sviluppo. E nella fattispecie in questo sviluppo. Ed è questo sviluppo che da alla mia natura gaia una svolta tremendamente triste, quasi tragica. »
Pier Paolo Pasolini, figura centrale del panorama culturale italiano del Novecento, ha elaborato una critica radicale alla modernità intesa come semplice "sviluppo" commerciale, solo economico, senza alcun "progresso" sociale e culturale (attraverso una serie di interventi giornalistici e saggi, molti dei quali, raccolti in opere come Scritti corsari (1975) e Lettere luterane (1976). Tra le immagini più emblematiche ed immediate della sua riflessione vi è quella dei “polli di allevamento”, utilizzata per descrivere la condizione degli italiani nella società consumistica e mediatica. Tale metafora, apparentemente semplice, racchiude una visione complessa e profonda della trasformazione antropologica in atto nel nostro paese, che Pasolini interpreta come una forma di omologazione culturale e perdita dell’identità.
Il nuovo potere omologante
"L'ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui "deve" obbedire, a patto di sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una "falsa" uguaglianza ricevuta in regalo."
Pasolini osserva che, a partire dagli anni Sessanta, l’Italia ha subito una mutazione non solo economica, ma antropologica. La cultura contadina, dialettale e locale, che differenziava i vari strati sociali, e che aveva resistito persino al fascismo, viene progressivamente cancellata dall’avvento della società dei consumi. La televisione, in particolare, assume un ruolo centrale in questo processo, diventando lo strumento principale di diffusione di modelli comportamentali, linguistici e ideologici uniformi. Pasolini definisce questo fenomeno “nuovo fascismo”, non nel senso di una dittatura politica, ma come forma di dominio culturale invisibile e pervasivo.
La metafora dei “polli di allevamento” descrive gli individui come esseri nutriti artificialmente, cresciuti in ambienti chiusi, privati della libertà e della capacità critica. Essi non sono più educati dalla famiglia, dalla scuola o dalla tradizione, ma da contenuti preconfezionati che orientano desideri e comportamenti. L’omologazione diventa il tratto distintivo della nuova società, in cui la diversità è percepita come devianza e la conformità come virtù.
Il "P"otere utilizza i media
"Scrivo “Potere” con la P maiuscola (...) solo perché sinceramente non so in cosa consista questo nuovo Potere e chi lo rappresenti. So semplicemente che c’è. (..) Il suo fine è la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo."
Pasolini attribuisce alla televisione una funzione repressiva più efficace di quella esercitata dal fascismo storico. Mentre quest’ultimo imponeva divieti e censura, la televisione seduce, persuade, normalizza. Essa non reprime la libertà, ma la svuota di significato, trasformandola in libertà finalizzata al consumo. In questo contesto, l’individuo non è più cittadino, ma consumatore; non più soggetto pensante, ma oggetto di mercato. La libertà apparente nasconde una profonda alienazione: l’individuo non è più libero di pensare e non riesce più a pensare, ma solo a consumare.
La critica pasoliniana si fonda su una visione etica e politica della cultura, intesa come spazio di resistenza e di autenticità. La perdita della cultura popolare non è solo una questione estetica, ma una tragedia antropologica: essa segna la fine di un mondo in cui l’identità era costruita attraverso la relazione con la comunità, la memoria e il territorio.
Una metafora sempre più attuale
"Sappi che negli insegnamenti che ti impartirò, non c'è il minimo dubbio, io ti sospingerò a tutte le sconsacrazioni possibili, alla mancanza di ogni rispetto per ogni sentimento istituito. Tuttavia il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci."
La metafora dei “polli di allevamento” conserva una straordinaria attualità. Nell’era digitale, i social media e gli algoritmi svolgono una funzione analoga, se non peggiore, a quella attribuita da Pasolini alla televisione. Gli utenti sono nutriti da contenuti selezionati da intelligenze artificiali, chiusi in bolle informative, spinti a conformarsi per ottenere visibilità e consenso. La cultura locale viene spesso sacrificata in favore di modelli globali, commerciali e standardizzati.
In questo contesto, la riflessione pasoliniana si rivela drammaticamente profetica. Essa, ancora oggi, ci invita a interrogare le forme di potere che agiscono attraverso la seduzione e l’intrattenimento, a difendere la diversità culturale e a recuperare una dimensione critica del sapere. La libertà, per Pasolini, non è mai garantita: essa va conquistata attraverso la consapevolezza e la resistenza.
In conclusione
"La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come."
La metafora dei “polli di allevamento” rappresenta uno dei nuclei più significativi della critica pasoliniana allo sviluppo consumistico, produttore di beni superflui. Essa condensa una visione lucida e inquietante della società dei consumi, in cui l’omologazione culturale si accompagna alla perdita dell’identità e della vera libertà. In un mondo sempre più dominato da logiche di mercato e da dispositivi di controllo invisibili, il pensiero di Pasolini continua a offrire strumenti preziosi per comprendere e contestare le forme di potere che modellano le nostre vite.
Pasolini ci invita a riflettere sulla nostra condizione di cittadini e consumatori, sulla libertà di pensiero e sull’importanza della cultura come strumento di resistenza. Non offre soluzioni, ma pone domande radicali che restano aperte e urgenti. In un mondo sempre più omologato, il suo grido contro "l’allevamento delle coscienze" risuona con forza e ci sfida a recuperare la nostra autenticità.
- Non aver paura di avere un cuore - 10 marzo 1975, Corriere della sera
- Pasolini, Pier Paolo. Scritti corsari. Milano: Garzanti, 1975.
- Pasolini, Pier Paolo. Lettere luterane. Milano: Garzanti, 1976.
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