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giovedì 20 marzo 2025

Pasolini, Dissento - Noi donne, numero 9, dell'1 marzo 1969

"Le pagine corsare " 

dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini, Dissento

Noi donne

numero 9

dell'1 marzo 1969

( © Questa trascrizione da cartaceo, è stata curata da Bruno Esposito )


Intervento nell’ambito di un’inchiesta sul mammismo dal titolo Meglio orfano.

 


Dissento completamente dall’articolo sul «mammismo» (mi vergogno addirittura a scrivere questa parola che mi sembra così volgare) apparso su «Noi donne». Per tante ragioni. Le elenco a caso. 

I) Il «mammismo» è una cate­goria che non appartiene a una serie di cose della realtà, ma della nostra testa: è cioè una categoria di comodo, assolutamente irrazionale e non scientifica (in questo senso parlavo prima di «volgarità»). 

II) Se si accenna alla psicanalisi, allora, sia pure sul piano della volgarizzazio­ne, bisogna farlo più seriamente. Tanto per dirne due: il neonato rappresenta per la madre il membro, che essa non ha avuto in sorte, e della cui mancanza è mortificata (complesso di castrazione, invidia del pene ecc.); in compenso molte opere artigianali del maschio (specialmente la scultura) rappresentano il figlio che il maschio non può fare (invidia della gravidanza). 

III) Il problema dell’educazione «eterodirezionale», cioè di gruppo, di fabbrica ecc. anziché di famiglia è un problema che ri­guarda tutto il mondo neocapitalistico, e il mammismo non c’entra. 

IV) Non è vero che le madri italiane siano particolarmente tenere coi figli: infatti non sono roman­tiche, ma pre-cristiane e umanistiche: c'è in loro piutto­sto una certa durezza stoica. S’intende, parlo di un po­polo che non esiste ormai quasi più. E mi riferisco soprattutto alle madri italiane centro-meridionali, che sono più vicine alla vecchia tipicità storica del popolo. (Nel Nord, molto più borghesizzato, c’è un certo ro­manticismo materno, idealizzatore e piuttosto rompisca­tole. ) 

V) E più importante di tutti: Giuliana Dal Pozzo di «Noi donne» ha in testa un «tipo» di madre ben preciso e individuato; una madre piccolo-borghese, proprio nel senso più strettamente classistico della parola; anche se vi viene inclusa una madre «operaia», essa ha l’aria di essere completamente borghesizzata, malata appunto di romanticismo, di arrivismo, di bovarismo, di moralismo, di pseudo-cultura, ecc. 

Se la «madre» è così definita, non è più il caso di parlare di «madre» in quanto tale, e quindi di mammismo. (E «Noi donne» potrebbe magari citare qualche passo di una mia poesia La ballata delle madri, in cui, con ingenua violenza, me la prendo con ti­pi di madri simili, facendo però una netta, anche se or­mai implausibile, distinzione classista.) Ma le madri ita­liane non sono ancora tutte così: anche se il modello cui cercano di adeguarsi è questo. Ci sono ancora milioni di madri contadine e operaie. D’altra parte porre la que­stione della «madre piccolo-borghese» ricorrendo alla categoria del «mammismo» è eludere il problema, o ri­durlo a dimensioni irreali, ripeto. Una madre piccolo-borghese che educa male suo figlio (e non potrebbe far altro), è un cittadino che educa male un altro cittadino. Le madri sono dei cittadini.

Pier Paolo Pasolini

©Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare


Curatore, Bruno Esposito

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