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venerdì 20 maggio 2022

Pasolini, Poesia d'oggi - La Panàrie, maggio-dicembre 1949,

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini
Poesia d'oggi

La Panàrie
Maggio‑Dicembre 1949


Quando nel 1943 la mia famiglia venne a stabilirsi definitivamente in Friuli, nella vecchia casa materna di Casarsa, io del Friuli non sapevo praticamente nulla e non conoscevo nessuno se non i miei compagni d'infanzia.

Avevo però con me un libretto di versi, stampato da pochi mesi dalla «Libreria Antiquaria» a Bologna, e quel libretto era scritto in friulano: un curioso friulano che una appassionata lettura del Pirona, previe s'intende le mie predilezioni un po' estetizzanti per la lingua letterariamente assoluta dei provenzali e le delizie di una poesia popolare quale poteva essere quella dei Canti del popolo greco del Tommaseo, assolutezza e abbandono che insieme si prestavano a essere due componenti di un medesimo gusto letterario molto contemporaneo - aveva trasformato da casarsese in una specie di koinè un po' troppo raffinata da una parte un po' troppo candida dall'altra. Non si tratta ora di chiarire quale fosse (ed è ancora) la mia vocazione letteraria nei suoi rapporti con

Pier Paolo Pasolini, Abiura dalla Trilogia della vita - «Corriere della Sera», 9 novembre 1975

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini
Abiura dalla Trilogia della vita.

Corriere della sera, 9 novembre 1975

Articolo scritto il 15 giugno 1975, e pubblicato postumo in «Corriere della Sera», 9 novembre 1975.

Io penso che, prima, non si debba mai, in nessun caso, temere la strumentalizzazione da parte del potere e della sua cultura. Bisogna comportarsi come se questa eventualità pericolosa non esistesse. Ciò che conta è anzitutto la sincerità e la necessità di ciò che si deve dire. Non bisogna tradirla in nessun modo, e tanto meno tacendo diplomaticamente, per partito preso.
Ma penso anche che, dopo, bisogna saper rendersi conto di quanto si è stati strumentalizzati, eventualmente, dal potere integrante. E allora se la propria sincerità o necessità sono state asservite e manipolate, io penso che si debba avere addirittura il coraggio di abiurarvi.
Io abiuro dalla Trilogia della vita, benché non mi penta di averla fatta. Non posso infatti negare la sincerità e la necessità che mi hanno spinto alla rappresentazione dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso.
Tale sincerità e necessità hanno diverse giustificazioni storiche e ideologiche.
Prima di tutto esse si inseriscono in quella lotta per la democratizzazione del «diritto a esprimersi» e per la liberalizzazione sessuale, che erano due momenti fondamentali della tensione progressista degli anni Cinquanta e Sessanta.