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domenica 5 giugno 2022

Pier Paolo Pasolini, "Le lettere personali", "Devo difendermi" - Vie Nuove, numero 10, 8 marzo 1962, pagina 35.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Vie Nuove, numero 10, 8 marzo 1962.

Vie Nuove, numero 10, 8 marzo 1962.


Pier Paolo Pasolini
"Le lettere personali"
"Devo difendermi"

Vie Nuove

numero 10

8 marzo 1962

pagina 35. 

( Trascrizione dal cartaceo interamente curata da Bruno Esposito )


Le lettere personali 

   Sono tornato dal Sudan, e, appena a casa. una delle prime cose che ho fatto, è stato aprite la posta di Vie Nuove. La posta mi viene mandata in una busta abbastanza voluminosa che consiste che m viene mandata a mano dal giornale, con sopra scritto, sempre con la solita calligrafia filiforme e dilatata, il mio norne con l'aggiunta << da parte di Vie Nuove >>. Ho ritrovato qui, sul tavolo in orribile disordine, questa busta famigliare ormai: proprio un dato della vita quotidiana, dopo quasi due anni di consuetudine. Sono abbastanza consuetudinario per averne provato un  certo piacere.

   Dentro questa busta gialletta ci sono 'di solito due tipi distinti di lettere. Li riconosco subito, a una prima occhiata, quesii due diversi tipi, li, riconoscerei, anche se uno di essi non fosse contrassegnato con la parola << personale >> scritta con una impaziente e vistosa matita rossa. 

   Queste lettere personali sono. a loro volta di tre tipi, anch'essi riconoscibili molto facilmente, di solito. C'è la busta su cui l'indirizzo è scritto con la calligrafia mostruosamente incerta, angolosa, rozza, pesante, congestionata, piena di maiuscole che sembrano scarafaggi, di parole cominciate in lettere grandi che poi vanno man mano restringendosi per non fuoruscire dallo spazio breve della busta, di ghirigori non privi di ingenua solennità. quasi formule magiche atte a ingraziare il lontano destinatario. Vi si sente la maestra di seconda elementare, la scuoletta rustica, la fatica manuale, la mano rossa e callosa... Queste lettere, intrise di miseria e di stento, di solito mi chiedono un aiuto, diciamo,  esistenziale: o sono ragazzi che mi chiedono dei mei libri perché non hanno soldi per comprarli, o  dei malati che mi chiedono aiuti economici, o dei disoccupati che mi chiedono di aiutarli a trovare lavoro. Il secondo tipo, è, spesse volte, esteriormente, simile al primo: ma, nella maggior parte dei casi, la calligrafia è più agile e spesso elegante: quella delle compagne di scuola al liceo, quella degli impiegati delle poste o delle banche, abituati a scrivere con anonima scioltezza. In queste lettere ci sono per lo più delle piccole fotografie: fotografie dei mittenti. Perché, questi mittenti, hanno in cuore un grande sogno: quello di diventare attori, e hanno, della cosa, una idea taumaturgica, puerilmente provinciale, facendo tutto un fascio de << La dolce vita >>, di << Grand Hotel >> e di  << Accattone >>. Saltano fuori povere facce biancastre e anonime. appena appena differenziate fra loro da una espressione truce, o da un sorriso malamente mondano o da una- intensa espressione perbene, E fin qui, pazienza. Noie, stringimenti al cuore, impazienze, si possono anche provare senza gran danno. Siamo sempre sul puro piano esistenziale. Ma i dolori vengono col terzo tipo di lettere personali (che sono la maggior parte). Si tratta di lettere in cui è, intanto, accluso un manoscritto, o che annunciano un coincidente manoscritto: versi, racconti, romanzi, soggetti cinematografici, tesi di laurea. Di tali lettere ne ricevo almeno tre alla settimana tramite Vie Nuove, e almeno altre direttamente. E, davanti ad esse, ormai non provo più che pura angoscia.

   Intendiamoci, un'occhiata a questi manoscritti la do sempre, se non altro per la curiosità (cosa darei, per scoprire un autore nuovo, di vero valore!): una poesia, una pagina narrativa... Di più non posso, e da ciò l'angoscia. So benissimo che speranze, che struggimenti, che ansie sono nel cuore di chi mi manda queste sue prove e ne attende un giudizio. L'ho provato .anch'io, quand'ero ragazzo, e, su prove simili, puntavo tutta la mia vita. Perciò non so dire il dispiacere, il malessere, il rimorso che sento a non poter scrivere quel giudizio che, spesse volte mi è richiesto con tanta simpatia, e, soprattutto, a non poter leggere per intero i manoscritti che ricevo. E' un brutale fatto di mancanza di << tempo materiale >> e. sei manoscritti alla settimana, più i libri pubblicati da giovani alla loro prima opera,  anch'essi in attesa di un mio giudizio: è possibile poterli leggere? E scriverne? Dovrei impiegare almeno una intera mattinata. Ora, io lavoro solo la mattina, lavoro, disco, a ciò che mi sta più a cuore, alla letteratura: il resto della mia giornata è tutta dedicata. all'altro lavoro: il cinema, la critica ecc. Ora vero che, una volta. tanto. potrei anche leggere qualche manoscritto o qualche. opera prima e scrivere la mia opinione: ed è infatti quello che facevo fino a due o tre anni fa. Posso assicurare, comunque, che tutt'ora, se l'occhiata che do al manoscritto è veramente positiva ( ed è successo non più di due o tre volte in due anni) vado avanti con la lettura e rispondo all'interessato. Ma più di cosi non posso fare, a meno di non dedicare tutta la mia vita alla lettura e al vaglio dei manoscritti. E non sarebbe niente, ripeto, se io rinunciassi a compiere questo che e in definitiva un dovere, con indifferenza: no. ne provo angoscia. ogni settimana la mia razione di angoscia per lettere non spedite... 

 Devo difendermi 

   Ecco una lettera che ho trovato al mio ritorno dal Sudan, a ristabilire l'equilibrio per tutte le angosce non provate durante la breve parentesi africana...: 

   Egregio Pier Paolo Pasolini, 

le ho inviato il fascicolo dattiloscritto di una mia opera poetica, unitamente a una lunga lettera, indirizzando il tutto presso la redazione di Vie Nuove. 

   Poiché ella aveva già molto cordialmente risposto a una mia precedente lettera nella sua rubrica di Vie Nuove, ero certo di un suo cortese riscontro, se non altro per dare un giudizio negativo del mio lavoro. Non le è parso che meritasse almeno due righe? 

   Purtroppo finora ho sempre vanamente atteso. Spero perciò che mi vorrà comprendere e scusare se a questo punto pongo a me ed a lei 'alcune amare considerazioni. 

   Animato dalle più schiette intenzioni d'amicizia nei suoi riguardi, debbo ora amaramente ricredermi nel giudicarla come uomo? 

   Dove sarebbe il suo amore per la verità, e che valore avrebbero i suoi ideali umanitari e di lotta contro i fariseismi (e soprattutto come ella giustamente mi fece notare, contro quelli che sopravvivono in noi), se rimangono allo stadio di intenzioni? 

Mi creda, il suo 

L.F.

   Questo, come vedete, è un vero seppur cordiale ricatto. E posso capire che ognuno di coloro che mi inviano le loro << opere poetiche >> spera di costituire un'eccezione, spera che in fondo 
in fondo due o tre ore dedicate a lui non son nulla. Ma perché, per quale criterio, dovrei fare questa << eccezione >>? I manoscritti si ammucchiano sul mio tavolo differenziati appena da una diversità di calligrafia, L'occhiata che gli do li accomuna in una disperante mediocrità. Non si può pretendere da me un lavoro cosi massacrante e inutile. Ed e perciò che prego i miei amici lettori di non mandarmi più dei manoscritti da giudicare, se non a questo patto: che il silenzio da parte mia è una risposta che significa << mediocre >>, << immaturo >>, << inautentico >>: e con la promessa da parte mia che se mi capita invece un manoscritto di valore, risponderò, eccome risponderò...
 
   Lo so che ci sarebbe molto da ridire sulla democraticità di un simile metodo. Ma lo stato di emergenza richiede pure qualche irrigidimento: e io devo difendere il mio lavoro. 

 


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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