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venerdì 24 giugno 2022

Pier Paolo Pasolini, "DIALOGHETTI" SUL CINEMA E IL TEATRO - IL TEMPO DISTRUGGE LA PUREZZA - ARTISTI, ESPERIENZA E FANTASIA - Tempo n. 48, pagina 17, 23 novembre 1968

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Pier Paolo Pasolini


*"DIALOGHETTI" SUL CINEMA E IL TEATRO


*IL TEMPO DISTRUGGE LA PUREZZA


*ARTISTI, ESPERIENZA E FANTASIA


Tempo
numero 48
rubrica "Il Caos"
pagina 17
23 novembre 1968


Sono sull’Etna. Piove, nevica, passa la nebbia, splende il sole. Torna a piovere, torna a nevicare, torna a passare la nebbia, torna a splendere il sole. Ho, con tre dei protagonisti del film che devo cominciare a girare, i seguenti dialoghetti.

Io. Cos'è il cinema, Niné?

Ninetto Davoli. Il cinema è il cinema.

Io. Lo dice anche Godard, lo sai?

Ninetto. Godard è un uomo intelligente.

Io. Soltanto intelligente?

Ninetto. E poi è uno che mi piace.

Io. Perché?

Ninetto. Perché è uno che potrebbe essere un amico mio... uno che potrebbe essere dei paraggi miei... Un uomo semplice...

Io. Cosa intendi per uomo semplice?

Ninetto. Un manovale che va sempre al lavoro...

Io. Godard un manovale?

Ninetto. Sì, perché mi piace.

Io. E i suoi film ti piacciono?

Ninetto. Sì, mi piacciono a vederli... a guardarli... quei film... Però se devo dire che li capisco fino in fondo, no. Mi piace guardarli perché quando vedo i suoi film vedo lui.

Io. Allora il cinema è il cinema. E il teatro? Cos’è?

Ninetto. Il teatro è il teatro. Per me tutto è semplice.

Io. Che differenza c’è fra un uomo nella realtà, e lo stesso uomo rappresentato al cinema o al teatro?

Ninetto. Niente, nessuna differenza.

Io. Allora realtà, cinema e teatro sono la stessa cosa?

Ninetto. In un certo senso... sì... sono la stessa cosa... solo che lì l’uomo lo vedi in persona, e al cinema lo vedi sullo schermo, e al teatro sul palcoscenico.

Io. Tu sei un ragazzo della realtà, sei un attore di cinema, e adesso anche un attore di teatro. In quale di queste tue forme ti senti più vero?

Ninetto. Sul teatro.

Io. (Te l’ho sempre detto). E perché?

Ninetto. Perché sul teatro non è come al cinema, che un’azione si ripete tante volte. A teatro, una volta che entri sul palcoscenico, le cose vanno tutte di seguito.

Io. Allora ti senti più «Ninetto» sul palcoscenico che al baretto del piazzale Prenestino o in via dell’Acqua Bullicante?

Ninetto. Veramente... uguale: perché sono sempre dei palcoscenici.

Io. Allora tutto il mondo è un palcoscenico?

Ninetto. E perché? Mica male! Il mondo non è un palcoscenico? E cos’è altro?

Io. Allora vorresti che con te facessi, nel film che stiamo per girare, dei lunghi piani-sequenza?

Ninetto. Eh, così sarebbe meglio...

Io. E invece io fraziono l’azione, in tante brevi sequenze, primi piani, figure intere, campi lunghi. Ossia raccolgo ogni espressione e ogni gesto, si può dire, in una sola inquadratura. Perché, secondo te, faccio così?

Ninetto. Mica lo fai per riempire il film... Lo fai per rendere le cose più vere.

Io. Allora le azioni più vere, non sono, come dicevi prima, quelle continue, ossia quelle della realtà o del teatro?

Ninetto. Mo le fai troppo complicate le cose, a Pa’...

Io. Ti piace il titolo del film che stiamo girando: Porcile?

Ninetto. Mi piace sì, mi piace. Perché so la storia e mi piace.

Io. I fascisti ecc., fanno delle gran risate, non perdono l’occasione di scrivere delle spiritosaggini su questo titolo, senza il minimo ritegno...

Ninetto. Perché si devono fare delle risate, a Pa’? Alla fine resteranno fregati loro.

Io. E perché?

Ninetto. Perché alla fine non potranno più ridere.


Io. Tu sei terribilmente uguale sia nella realtà che nel cinema. E nel tempo stesso, sei terribilmente diverso. Come lo spieghi?

Pierre Clementi. Perché più entro in me stesso, e più incontro cose che non conosco. Perciò quando sono davanti alla macchina da presa, io sono «io stesso in ricerca». C’è molta differenza, d’altronde, tra realtà e cinema: perché il cinema è uno dei tanti mezzi per rappresentare la realtà. Con un film si può ricostruire un mondo: nella realtà è più difficile. Tuttavia il cinema è uno degli strumenti che possono ricondurre gli uomini alla realtà.

Io. Perché tu pensi che gli uomini non vivano nella realtà?

Pierre. Sì, sì, ma io penso che la televisione e tutte le altre istituzioni (diciamo: mass media) allontanano l’uomo dalla realtà...

Io. Franco Citti dice che realtà è purezza.

Pierre. Sì, è vero, ma il tempo distrugge la purezza. Il cinema esercita molte funzioni: perché un film eserciti la funzione della purezza... Per fare del cinema puro bisogna prendere della gente pura. Cosa che non fa certamente il cinema commerciale...

Io. E cosa rappresenta allora il cinema commerciale?

 Pierre. È una pillola di sonnifero. È fatto per una società occupata a digerire. È fatto da uomini volgari che credono gli altri volgari.

Io. Quale sarebbe il tuo modo ideale per fare il cinema?

Pierre. Fare un viaggio che ha nel fondo la vita e la morte. Per esempio, partire con una équipe di uomini che hanno gli stessi bisogni, le stesse aspirazioni ecc., e arrivare a fare una creazione così forte da superare la realtà...

Io. Verso dove?

Pierre. Bene. L’uomo fa il suo viaggio solo: e ciò è la realtà. Dio, patria, famiglia ecc., cioè le abitudini, sono la colpa di questa solitudine. Restano allora due soluzioni: o prendere un fucile e sparare, o prendere una macchina da presa e fare del cinema: così si va al di là della solitudine.


Io. Cos’è il cinema?

Franco Citti. Il cinema è il cinema.

Io. È cos’è la realtà?

Franco. Quella che esiste solo nei puri.

Io. E tutto il resto cos’è?

Franco. È ingiustizia.

Io. Il cinema rappresenta sempre la realtà?

Franco. Io penso che rappresenti, in generale, l’ingiustizia. Perché i registi puri sono pochi.

Io. Tu in quale realtà vivi? Nella realtà che è nel cuore dei puri o nella realtà che è ingiustizia (e che Elsa Morante e io chiamiamo «irrealtà»)?

Franco. Io vivo nella realtà che è nei cuori dei puri, ma sono costretto anche a vivere nell’ingiustizia.

Io. E che differenza c’è fra te nella realtà e te nel cinema?

Franco. Ma... io immagino che il cinema sia un guadagno, e la realtà mia sempre purezza...

Io. Ma che uomo puro sei, se fai il cinema per guadagnare?

Franco. E gli altri perché lo fanno?

Io. Ma gli altri non pretendono di essere puri.

Franco. E infatti io non ho mai guadagnato...

Io. Così però ti contraddici...

Franco. Ma io, mi voglio contraddire.

Io. Formuliamo allora la questione in modo più concreto: sei più «vero» in quanto Franco Citti oppure in quanto Accattone o Edipo?

Franco. In quanto Franco Citti.

Io. Forse perché Franco Citti è più contraddittorio di Accattone?

 Franco. Mi contraddico proprio perché ho fatto del cinema.

Io. Quando hai fatto Accattone, dunque, eri tutto nella «realtà che è nel cuore dei puri», facendo del cinema sei entrato anche nella realtà che è «ingiustizia»: è così?

Franco. Io dico che facendo Accattone non ho fatto un solo film, ma ne ho fatti due: io l’ho fatto con il cuore e Pasolini con la fantasia. Col cuore, io, cioè all’insaputa di quello che io ho fatto: per inesperienza di cinema. Mentre la fantasia è l’esperienza che hanno gli artisti.

Io. Allora io ti ho usato per la tua realtà (inconsapevole di se stessa, e, come hai detto, appartenente al mondo dei puri): ma le azioni di Accattone (sfruttare donne, rubare ecc.) sono azioni pure, nel senso che tu dici?

Franco. Purezza è una cosa aperta... libera... Vi possono far parte anche lo sfruttare donne o il rubare...

Io. Perché pensi che i fascisti e i borghesi si siano tanto accaniti contro un personaggio «reale» (puro) come Accattone?

Franco. Ti posso dire solo una cosa: io non so cosa significa la parola «fascista», anche dopo avere tanto sofferto per colpa dei fascisti.

Io. Tu prevedi che dovremo soffrire anche per colpa di Porcile?

Franco. Sì, perché i fascisti vivono in quella realtà che è ingiustizia.

Tempo n. 48, pagina 17, 23 novembre 1968



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Curatore, Bruno Esposito

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