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sabato 6 marzo 2021

‘Petrolio’ la bomba di Pasolini, di Gianni D’Elia

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


‘Petrolio’ la bomba di Pasolini

di Gianni D’Elia


Il romanzo postumo di Pasolini, Petrolio, scritto tra il 1972 e il giorno della sua esecuzione (nella notte tra l’l e il 2 novembre del 1975), è come una bomba che non è esplosa. È stata disinnescata dal suo delitto, pubblicata diciassette anni dopo, quasi sicuramente monca, con un intero “paragrafo” che è volato via ed è stato fatto brillare altrove, dove i Lampi sull’Eni non hanno fatto rumore, né vera luce.

Noi sappiamo i nomi degli assassini di Pasolini - Alcuni dei complici sono ancora nel Palazzo - Gianni D'Elia

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Noi sappiamo i nomi degli assassini di Pasolini - Alcuni dei complici sono ancora nel Palazzo
Gianni D'Elia
Liberazione 12 ottobre '05


Cari lettori, la terza inchiesta sul delitto Pasolini è stata archiviata prima di iniziare: il Gip ha accolto la richiesta del Pm, ma la Procura di Roma già agli inizi di settembre aveva deciso di chiudere il fascicolo sul delitto Pasolini, che aveva riaperto dopo le dichiarazioni in tivù di Pelosi (Raitre, 7 maggio 2005).

Per mancanza di indizi, ancora una volta. E il fascicolo aperto (per dovere) è diventato fascicolo chiuso (per volere) invece di diventare inchiesta riaperta, nel silenzio generale.

Il Petrolio delle stragi - Gianni D’Elia

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


 



Il Petrolio delle stragi
Gianni D’Elia






Oltre lo Stato del segreto

In Italia non c’è solo una questione morale (e dunque tanta immoralità), ma anche una questione politica (e dunque tanta menzogna). La memoria è stata confiscata agli italiani da innumerevoli fallimenti giudiziari, terribili errori (dal caso Tortora a Sofri), trappole e depistaggi di ogni tipo, impunità normale per i delitti politici più gravi ed efferati. Come si può ricostituire la fiducia (e dunque la memoria di senso) di un Paese?

Abolire il segreto di Stato per reati di strage e terrorismo, come già da tanti invocato, potrebbe portare i giudici molto vicino anche a un capitolo singolare e insanguinato di questa unica e lunghissima strage impunita che è l’Italia della nostra vita, della nostra gioventù passata in mezzo a tanta menzogna e vergogna, guardando ancora al vero e al coraggio, alla dignità di Pasolini, al suo messaggio definitivo: non possedere più, non distruggere più, non tramare più contro gli altri.

Pasolini, un corpo chiamato linguaggio

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Pasolini, un corpo chiamato linguaggio
di Gianni D'Elia da "Il Manifesto" del 10 febbraio 1994



Pasolini poeta continua ad essere oggetto di contrasti. Ora con Bestemmia, Tutte le poesie, e cioe' con la raccolta di tutta la produzione poetica pasoliniana edita, piu' inediti e testi dispersi in riviste e altrove, i contrasti si riaccendono. Troppo contemporaneo per essere classico. Troppo vicino a noi per poter sopravvivere come poeta dopo di noi. O addirittura mediocre poeta, migliore regista e prosatore (ma saggista non romanziere), miglior critico che autore. 

Pasolini ci direbbe... di Gianni D'Elia

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

 
 

Pasolini ci direbbe...
di Gianni D'Elia
"l'Unità" 11 novembre 2008

Forse, l’unico modo per ricordare Pasolini e il suo delitto del 2 novembre 1975, è quello di chiederci che cosa oggi egli direbbe e farebbe, in questa Italia. L’unico modo davvero pasoliniano sarebbe continuarne l’ossessione politica, che negli ultimi anni il poeta concentrò sulla radice stragista dello Stato, su quella economia politica delle stragi, che riempie le carte postume di Petrolio, il romanzo incompiuto uscito nel 1992, nonché gli Scritti corsari e luterani. L’Italia del 2008 presenta ancora la «questione democratica» come centrale, nel succedersi degli scandali economici, finanziari, sportivi, bancari, di spionaggio politico e fiscale, di dossieraggio, come ai tempi del Sid privato di Cefis e del generale Miceli: non è cambiato il modo di fare politica oscura e dietro le quinte di pubblici poteri civili e militari e di cartelli economici e industriali, con raccolta di dati attraverso la manipolazione informatica e lo smistamento politico criminale, al servizio segreto delle varie fazioni in lotta. 

PERCHÉ PASOLINI DISTURBA ANCORA? - Di Gianni D’Elia

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dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




PERCHÉ PASOLINI DISTURBA ANCORA?
Gianni D’Elia
L'Unità, martedì 5 giugno 2001

Riapriamola, se volete, questa polemica: culturale, non personale.
Mi chiedo quale sia davvero il motivo di tanta insofferenza di una parte consistente della critica letteraria verso la poesia di Pasolini. E anche verso quelli che, questa poesia, la sentono e la difendono.

Recentemente, un importante critico italiano (Pier Vincenzo Mengaldo, il cui silenzio sulla nostra generazione è tombale) ha voluto chiudere i rapporti con me, perché ho risposto a mio modo (da autore, facendo un discorso di poetica, più che di critica) alla demolizione in corso del Pasolini poeta: e non ingannino le lodi, di volta in volta, al teatro-cinema-critica... Sull’ultimo numero della rivista «Clan-Destino», ho dato dei «professori» a questi critici, che da anni parlano male della poesia pasoliniana. Non capisco perché non si riservi lo stesso trattamento di severità verso altri poeti, tuttora viventi e scriventi.

PASOLINI: MORTE ITALIANA - Intervista a Gianni D’Elia di Eugenio Alfano

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dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





PASOLINI: MORTE ITALIANA
Intervista a Gianni D’Elia 
di Eugenio Alfano


Partiamo dal titolo del suo libro: “L’eresia di Pasolini”. Cosa intende per eresia poetica ed eresia pasoliniana?

L’eresia di Pasolini consiste in una continua interrogazione del dogma: un dogma economico o spirituale, confessionale, cioè storicamente determinato, con tutti i vizi che in Italia hanno segnato il condizionamento della libertà di pensiero e dunque della libertà esistenziale. Pasolini critica, appunto come un eretico, qualcosa in cui ha creduto e in cui non crede più: la Chiesa prima di tutto, e il capitale, perché ha visto che cosa è poi accaduto alla gioventù, con la guerra dei ricchi - come la chiama lui nelle poesie friulane - e dei nazisti e dei fascisti, e poi con l’emigrazione immediatamente dopo. Un bellissimo romanzo è”Il sogno di una cosa”, che parla proprio di noi italiani, friulani che andavamo di là nell’Istria o in Jugoslavia, si emigrava appunto perché non c’era lavoro da noi. Questo è Pasolini. Pasolini rovescia sempre la consuetudine, la pigrizia della realtà ormai chiusa in uno stereotipo. Quindi l’eresia di Pasolini è la sua critica.
Ho scelto poi come titolo del libro L’eresia di Pasolini, perché mi sembra che oggi il dogma economico e spirituale dell’umanità sia così devastante che porti così tanto male così tanta guerra, così tanta ingiustizia e anche menzogna, che questa figura dell’eresia ritorna una figura centrale.

Gianni D’Elia: Pasolini, archiviata l’inchiesta.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Gianni D’Elia: Pasolini, archiviata l’inchiesta.

Cari lettori, la terza inchiesta sul delitto Pasolini è stata archiviata prima di iniziare: il Gip ha accolto la richiesta del Pm, ma la Procura di Roma già agli inizi di settembre aveva deciso di chiudere il fascicolo sul delitto Pasolini, che aveva riaperto dopo le dichiarazioni in tivù di Pelosi (Raitre, 7 maggio 2005).
Per mancanza di indizi, ancora una volta. E il fascicolo aperto (per dovere) è diventato fascicolo chiuso (per volere) invece di diventare inchiesta riaperta, nel silenzio generale.
Anche oggi non ci sono state proteste né commenti indignati?

IL PASOLINI SCOMODO DI PORCILE

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dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

 
 
 
 
IL PASOLINI SCOMODO DI
PORCILE


Nel 1969 Porcile sbarcò al Lido di Venezia senza il suo regista.
PPP, in aperta polemica con la Mostra del Cinema, rifiutò di partecipare. Era ancora una volta un
Pasolini scomodo, quello di Porcile, appunto.

 
Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi – Archivio Pasolini della Cineteca di Bologna:
"Pier Paolo Pasolini girò Porcile in un’anomala scansione temporale: infatti le riprese avvennero in due tempi, dalla durata complessiva più breve di quella consueta – due settimane sull’Etna nel novembre 1968 (oltre a qualche giorno nei dintorni di Catania e di Roma) e altrettante a Villa Pisani a Stra (Venezia), nel gennaio 1969. Il film nasceva da una coproduzione italo-francese (IDI Cinematografica di Gian Vittorio Baldi e CAPAC Filmédis) ma il budget era modesto. Com’è noto, nel film si alternano due storie, ambientate in epoche e spazi diversi: in un passato indeterminato e in una zona vulcanica e deserta, la prima, in una villa neoclassica in Germania, nel 1967, la seconda. Quest’ultima è l’adattamento di una tragedia teatrale dal titolo Porcile, scritta da Pasolini nel 1967.

PASOLINI E IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE

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dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

@Le immagini sono di Roberto Villa 
Roberto Villa ha donato il suo archivio alla Cinteca di Bologna. 

Le immagini, per gentile concessione di @Roberto Villa.

PASOLINI E IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE


In una lettera al produttore Franco Rossellini del 1970(1), Pier Paolo Pasolini illustrò il progetto di un film tratto dal Decameron di Boccaccio, sottolineando che intendeva realizzare un film "di almeno tre ore", da girarsi non solo a Napoli, ma anche in Sicilia, in Arabia ("Barberia"), a Parigi, nell‟Italia meridionale, nella Loira, nel deserto e sul mare. Da quella lettera emerge che, dopo i film "per élite" quali Teorema (1968), Porcile (1969), Medea (1969), per non parlare di Appunti per un’Orestiade africana (1970) che aveva appena concluso ma che rimarrà inedito fino al 1975 – Pasolini voleva affrontare un registro nuovo e cimentarsi con una narrazione di grande respiro, come indicano i numerosi set che aveva previsto. È un progetto che si impose su quello più rischioso del San Paolo (in preparazione dal 1968) e che forse (è un‟illazione) nacque anche come „risposta‟ pasoliniana al successo internazionale del Fellini Satyricon (un film che, a differenza di altre opere felliniane, Pasolini non aveva amato). Ossia la sfida di misurarsi con il personale adattamento di un classico letterario, usufruendo di mezzi produttivi più ricchi rispetto al passato (presto a Rossellini si affiancherà la potente PEA di Alberto Grimaldi, produttore del Fellini Satyricon, che finanzierà anche gli ultimi quattro film di Pasolini). Quando scriveva la lettera a Rossellini, Pasolini non aveva ancora pensato al Decameron come al primo film di una trilogia. È significativo che nella lettera non accenni nemmeno di sfuggita a quello che sarà il motivo dominante dell‟ispirazione del film in preparazione (come dei due successivi): l‟esaltazione della corporalità e dell‟eros popolare in epoche lontane (e più repressive, in apparenza, rispetto all‟Italia del 1970-71), come un fantasma del passato da rievocare contro il presente. Forse preferiva sottintenderlo, oppure non si era ancora precisato questo elemento della sua ispirazione e prevaleva il desiderio di un „affresco‟ per rievocare "tutto il mondo, tra il medioevo e l‟epoca borghese" (che si può tradurre: "il mondo italiano ed europeo prima dell‟epoca borghese"). 

Ma Pasolini dovrà presto rinunciare alle dimensioni narrative previste per Il Decameron. Dopo aver girato, montato ma poi tagliato un unico episodio girato nello Yemen, a Sana‟a, Alibech, rinuncerà a qualsiasi ambientazione diversa da quella napoletana. Come racconta egli stesso(2), fu proprio durante le riprese di Alibech che, innamoratosi di Sana‟a e della sua forma, ebbe l‟idea di un film tratto dalle Mille e una notte e poi di una trilogia che avrebbe definito "della vita". L‟idea di un film „magico‟ si legò quindi subito all‟immagine di una città „di sogno‟ quale era Sana‟a, ossia una città antica che esprimeva un senso dell‟armonia fra paesaggio e urbanesimo che la modernità stava cancellando brutalmente. Pasolini rilesse Le mille e una notte (che conosceva fin dalla giovinezza) nell‟edizione curata dal grande arabista Francesco Gabrieli (I Millenni, Einaudi 1948) e nell‟estate del 1972 lavorò freneticamente con Dacia Maraini alla stesura della sceneggiatura. Il coinvolgimento della Maraini non era casuale, perché Pasolini aveva deciso di assegnare un ruolo essenziale ad alcuni personaggi femminili e le affidò appunto i dialoghi che li riguardavano (riservandosi, naturalmente, di rivederli per la versione definitiva). Le oltre trecento pagine della sceneggiatura furono scritte in soli quindici giorni. Le fiabe a cui attinse erano Storia di Ali Shar e della schiava Zumurrud, Storia di Azíz e Aziza, Storia dei re Shariyàr e Shahzamàn, Storia del facchino e delle ragazze, Storia di Harún ar-Rashíd e di Zobeida, Storia di Abu Nuwàs e di Harún ar-Rashíd, Harún ar-Rashíd e le due schiave, Harún ar-Rashíd e le tre schiave, Storia del re Omar an-Numàn, Storia dell’amante e dell’amato: Tagi al-Mulúk e Dúnya.