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venerdì 16 aprile 2021

Pasolini - Con civile coscienza di fronte allo “scandalo” di Paolo Volponi - L'Unità 3 novembre 1975

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Con civile coscienza 
di fronte allo “scandalo” 

di Paolo Volponi


   «Su tutto è sempre prevalsa l’idea, disperata ma rassegnata, che la propria vita si fosse rimpicciolita: ma che comunque fosse aumentato il piacere di vivere in ragione della materiale diminuzione del futuro». 

   Sono le parole con le quali Pier Paolo Pasolini chiuse il risvolto del suo libro di poesie Trasumanar e organizzar. 

   Il suo volo dunque è stato interrotto: la sua ansia si è placata soltanto quando la bocca gli si è riempita di terra mentre i suoi occhi si smarrivano davanti a quell’ultimo paesaggio dolorosamente suo. La sua morte non si stacca dalla sua

vita com’è per i profeti. E noi dobbiamo accettarne sino in fondo lo scandalo più che con pietà con civile coscienza, perché non venga rimossa e poi affidata alla leggenda più che alla storia. 
   Pasolini è un grande poeta, è un grande maestro per tutta la nostra  cultura.         Egli ha accettato di vivere senza requie, con la caparbietà di insegnare sempre, tanto da mostrare senza riserve le sue stesse contraddizioni per indicarne la connessione con quelle ben diversamente aggrovigliate e colpevoli della società e della cultura del nostro Paese. 
   Nel dolore cocente dobbiamo tenerci stretti al senso completo del suo insegnamento, alla forza delle alle opere, con la lettura e con il confronto storico, senza indulgenza e anche senza gli accomodamenti delle  mediazioni del sistema, anche letterario. Le sue contraddizioni e le sue incertezze si dissolveranno insieme col suo timido sorriso infantile e ci resterà una pagina civile e poetica da farci sentire degni della nostra storia più alta  anche  in  questo  doloroso tempo. 
   L’immagine più bella di Pasolini è quella dell’umile Italia, del popolo innocente e percosso,  affamato di storia. In questa immagine, vera tanto culturalmente che storicamente, possono essere ritrovate le virtù delle lotte civili più valide di questi ultimi anni. Pasolini ha messo un segno importante tra Paese e istituzioni, tra culture e cultura,  tra natura e storia, tra storia e dolore con una ricerca poetica che ha riqualificato in senso civile la nostra letteratura. 
   La sua poesia è popolare perché anche quando la sua voce si leva sola sembra sempre alzarsi da un coro, che appare vivente dietro pronto a riprenderla. 
Il lavoro di scrittore e di regista di Pasolini allarga ancora la posizione innocente quasi naturale di un popolo che trepidi nell’attesa, che al margine vigila e anche sconta la repressione barbarica e brutale. 
   Lo stesso cattolicesimo di Pasolini ha queste implicazioni popolari: conservato da lui come patrimonio prezioso da riscoprire e liberare grado a grado nella consapevolezza delle sue insufficienze anche se  nel rimpianto della sua incantata bellezza. Pasolini si è ostinato con uno spirito di provocazione del tutto infantile a trattenere questa immagine materna di grande natura popolare anche contro le certezze ormai possibili della ragione, ma soprattutto mirando contro la corruzione insensata che in nome del razionale è stata diffusa dal potere istituito. Una tecnocrazia oligarchica di quelle che proprio  oggi  vengono  auspicate, che non mette in discussione alcun potere non è certo migliore del prolungamento seppure indulgente di uno stato di lunga maturazione culturale prima dell’intervento politico. 
   Non sono nate la fame di storia del popolo e la sua odierna capacità di egemonizzare la nostra cultura anche dall’aver assunto coscienza di tante di quelle virtù ancestrali o delle umili  tradizioni che adesso sembrano inutili? Pasolini denunciava l’ansia che la rivoluzione potesse davvero avvenire come conquista, come un grande risultato critico ottenuto dal basso e non solo come il semplice impossessarsi del  potere da parte delle classi oppresse. Ma nessuno di noi, specialmente oggi, può aggiungere qualcosa a Pasolini: la sua completezza e la sua coerenza stanno nello strazio stesso del suo corpo. 
   Questo tragico sperpero di una vita è così largo che scopre anche tutte le colpe della nostra società e anche quelle celate in ciascuno di noi, anche perché le cose (quelle misere viste alla Tv:  il paesaggio, le facce, gli accenti) possono mostrare   “... il dolore che è nella schiena della bestia che fugge”. 

   Proprio la generazione “sfortunata” giovane oggi è quella che perde di più con la scomparsa di Pasolini..

L'Unità 3 novembre 1975



@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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