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domenica 28 marzo 2021

QUANDO PASOLINI CI DISSE CHE IL PREMIO STREGA “è un campo d’operazioni del più brutale consumismo.”

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Serata finale Premio Strega 1968


QUANDO PASOLINI CI DISSE CHE IL PREMIO STREGA 
“è un campo d’operazioni del più brutale consumismo.” 

di DALE ZACCARIA

"II mondo della cultura - in cui vivo per una vocazione letteraria, che si rivela ogni giorno più estranea a tale società e a tale mondo - è il luogo deputato della stupidità, della viltà e della meschinità." 
(«Paese sera», venerdì 18 novembre 1966 
- Oggi in Empirismo Eretico, pag. 161)


Correva l’anno 1968 , siamo “ negli anni della contestazione a tutto campo, la "cultura per tutti" era uno slogan che veniva usato proprio per indicare un cambiamento rispetto ad una cultura logorata dalle mediocri "èlite culturali" "clientelari”, afferma Bruno Esposito, studioso pasoliniano.  

Sono gli anni delle rivolte studentesche, le più eclatanti a Roma: Valle Giulia, l’Università di Architettura ecc.. dove studenti e polizia si scontrano anche in modo feroce. Gli anni della guerra in Vietnam, dell’eccidio di Avola dove le forze dell’ordine sparano sui braccianti in rivolta, uccidendo due manifestanti e ferendone a decine. L’Italia è governata da Aldo Moro Presidente del Consiglio che si dimetterà il 5 Giugno del 1968 per passare i poteri a Giovanni Leone futuro Presidente della Repubblica... 

Pier Paolo Pasolini era approdato a Roma nel 1950, segnando così il suo passaggio poetico umano e letterario, dalla lingua-terra madre friulana a quella romana delle borgate e del sottoproletariato. La sua produzione è intensa e febbrile, libri, film, teatro, giornalismo. Il 1968 per Pasolini

è anche  un anno di forte impegno sociale e politico: nell'agosto dello stesso, per il settimanale Tempo,  inizia una nuova rubrica di saggistica e di dialoghi con i lettori denominata "Il Caos". Assume posizioni che solo più tardi verranno comprese e definitivamente chiarite, come quella sui fatti di Valle Giulia:
"[...]
Avete facce di figli di papà.
[...]
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete pavidi, incerti, disperati
(benissimo!) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati:
prerogative piccolo-borghesi, cari.

Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti.
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da subtopie, contadine o urbane che siano.
[...]"
( L'Espresso, 16 giugno 1968, Il Pci ai giovani) 

Pasolini aveva partecipato al Premio Strega già nel 1955 con Ragazzi di Vita e poi nel 1959 con Una vita violenta, non vincendo nelle entrambe occasioni. Nel 1968 vi parteciperà ancora per la terza e ultima volta con il romanzo Teorema. 

L’anno simbolo delle contestazioni il 1968,  sarà anche l’anno delle contestazioni di Pasolini ad uno dei premi più prestigiosi e ambiti, lo Strega. Con un lungo articolo pubblicato su Il Giorno, lo scrittore spiegherà il suo abbandono, preannunciando in maniera attualissima e lucida quello che sarebbe ed è l’industria culturale e del libro, e quello che per lui rappresenta il Premio istituito da Maria Bellonci. 
Una volta "fatto" un libro, esso c'è: è una realtà. Potrei, con pazienza, artigiana, ricopiarmelo una trentina di volte, e i trenta lettori così raggiunti farebbero della mia opera una realtà poeticamente e socialmente completa (magari in attesa di fortune maggiori). L'editore, cioè l'industria culturale, interviene non per "fare" il libro, ma per "pubblicarlo" e "lanciarlo". Quindi io, se voglio, posso con un solo rifiuto, semplicissimo, liberarmi di ogni ingerenza industriale e nella fattispecie capitalistica. Ciò mi consente allora di poter fare del moralismo (non fanatico e inutile); per esempio mi consente di ritirare il mio libro dallo Strega, per protestare contro l'industria culturale che "pubblica" e "lancia" dei libri mediocri, e, attraverso la réclame e ogni sorta di sopraffazione sovverte il reale ordine dei valori letterari. La mia protesta ha senso, perché io non ho bisogno degli editori; posso, se voglio, non compromettermi con loro; "ne sono libero"
(Tempo, numero 35, 27 agosto 1968)

L’industria editoriale è per Pasolini, insieme al Premio, nelle mani, in maniera irreparabile, dell’arbitrio "neocapitalistico" e che oggi chiamiamo "capitalistico". Il libro, non è che un prodotto di consumo come un altro e deve rispondere, quindi, a parametri di mercato ed economici. Non conta più il buon libro, il bravo scrittore, l’industria culturale non fa che produrre opere di largo consumo mediocri, di falsa intelligenza, frivole. L’ingerenza capitalistica nel settore culturale non può che lanciare libri banali, scrittori privi di talento, con scarse doti di qualità.
Ma Pasolini nel suo articolo oltre ad annunciarci quello che sarebbe diventata ed è l’industria culturale, ci parla anche di tutta una serie di bassezze, mancanze etiche, di un teatro di misere anime,  così scrive:

 “ circolano parole d’ordine e veline. Di questo libro si può parlare, di quest’altro si taccia; questo libro vinca un premio, quest’altro no. Guai a te, Direttore di rivista, se fai recensire favorevolmente questo libro. E se tu, Scrittore, non fai una recensione buona di quest’altro libro, me la pagherai: infatti nessuno dei miei rotocalchi parlerà più di te. Ah, tu, Letterato, sei amico di quest’altro letterato? Ebbene, tradiscilo, altrimenti non ti rinnovo il contratto con la mia casa. Sei il votante di un premio? Bene, dammi la scheda, o entri nella lista di proscrizione. Bè, prendi questi soldi, dammi la scheda. Ah, vecchi tempi, in cui una delegazione di votanti dello Strega andava da uno scrittore (buono) a pregarlo di ritirarsi dal premio perché la figlia di un altro scrittore (buono) doveva sposarsi, e quindi il milioncino del premio occorreva a lei!” 

Rifondare il Premio, questo auspicava e avrebbe voluto Pasolini, ricostruirlo da zero, perché  “il Premio Strega così com’è: è un campo d’operazioni del più brutale consumismo.” 

Nello stesso anno Pier Paolo Pasolini fa parte della giuria del premio Brancati/Zafferana. Alla manifestazione culturale partecipano anche: Alberto Moravia, Leonardo Sciascia, Ezra Pound, Lucio Piccolo, Dacia Maraini, Vincenzo Consolo ecc... Vince il Premio Elsa Morante con il libro di narrativa: Il mondo salvato dai ragazzini.
Ovviamente,  la sua presenza e quella di altri scrittori di fama, in contestazione con il premio Strega, serve a mostrare che la cultura riesce a trovare sempre le sue strade. 

Il suo abbandono fu “in nome della cultura” per difenderla dal degrado commerciale. La sua lezione,  che ancora oggi appare tanto attuale, resta adesso nelle nostre mani. Ogni anno si ripete lo Strega con il suo carico di inutile gossip, ogni anno giornali, media, case editrici, scrittori, nel walzer del Premio e delle loro private convenienze, distanti e sordi a quella voce di protesta che fu di Pasolini, celebrano il loro mediocre rito commerciale.  Noi, invece, facciamo nostra quella sua battaglia, e anche in suo nome, oggi, continuiamo a chiedere che si torni, nella pratica critica, a parlare di buona scrittura, di buoni libri e di un Premio che faccia gli interessi culturali e dei lettori e non quelli prettamente commerciali. 

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

Grazie per aver visitato il mio blog

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