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mercoledì 18 gennaio 2017

La sperimentazione teatrale di Pier Paolo Pasolini nel panorama drammaturgico novecentesco - Prefazione

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




La sperimentazione teatrale di Pier Paolo Pasolini nel panorama drammaturgico novecentesco 

 DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI 
DOTTORATO DI RICERCA IN ITALIANISTICA 
XXVI CICLO (2010-2013) 






                TUTOR:                                                ADDOTTORANDA:
      
PROF.SSA     SIMONA COSTA                             FRANCESCA TOMASSINI



INDICE


PREFAZIONE


CAPITOLO PRIMO


1.1 Primi esperimenti teatrali (1938-1950)
1.2 Roma, Gramsci e i nuovi teatri (1950 – 1965)
1.3 La rivoluzione non è più che un sentimento. La crisi delle ideologie e il superamento del modello gramsciano
1.4 Il Manifesto per un nuovo teatro 
1.5 La lingua di poesia come strumento di protesta 

CAPITOLO SECONDO


2.1 Orgia 
2.2 Pilade
2.3 Affabulazione
2.4. Calderón
2.5 Porcile
2.6 Bestia da stile

CAPITOLO TERZO


3.1 La tradizione e la Grecia 
3.2 Edipo, Cronos, Medea, Oreste, Pilade 
3.3 Il linguaggio cinematografico e teatrale nella trattazione del mito

CAPITOLO QUARTO


4.1 Nel teatro italiano novecentesco
4.1.1 Il modello rifiutato: il teatro in versi di Gabriele d’Annunzio
4.1.2 Per un altro teatro in versi: la drammaturgia di Mario Luzi
4.1.3 Non c’era un gesto, uno sguardo che fosse in più. Eduardo De Filippo, Giovanni Testori, Carmelo Bene
4.1.4 Tra polemica e drammaturgia: Pasolini, Sanguineti e il Gruppo’63
4.2 Il grande teatro europeo novecentesco
4.2.1 Il teatro in versi anglosassone: William Butler Yeats e Thomas Stern  Eliot
4.2.2 Il Teatro Tedesco: Il Maestro Bertolt Brecht e il teatro documentario   di Peter Weiss 
4.3 Un marxista in America: la controcultura statunitense, il Living Theatre e la  Beat generation 

BIBLIOGRAFIA

FILMOGRAFIA


PREFAZIONE


Un lettore quando si approccia ad un testo è solito domandarsi come andrà a finire la storia narrata, dove lo condurrà e quali sono i messaggi che l’autore intende proporre attraverso le sue parole. Contro questa ingenua pretesa si colloca l’opera pasoliniana che la magmatica bibliografia critica, nel corso dei decenni, ha aggettivato come: contradditoria, provocatoria, sterminata, lungimirante, veggente, straordinaria, apocalittica, controversa, barbara, brutale, sofferta, ecc. Ma la poliedricità insita nel poeta, nel regista, nel drammaturgo e nel saggista Pier Paolo Pasolini ha sempre impedito, nonostante l’esplosione di interesse e i numerosi studi relativi alle sue opere, una lettura univoca e unilaterale di una parabola artistica tesa a mantenere lo studioso (ma anche il semplice lettore) in una costante tensione critica e in una curiosità intellettuale mai sopita.

   Negli anni immediatamente successivi all’omicidio si è verificata una vera e propria profusione di convegni, dibattiti, articoli e pubblicazioni sul cosiddetto scandalo Pasolini, sul personaggio, sull’omosessuale scandaloso, sulle ombre di un delitto atroce che ha spezzato la vita e il pensiero di un uomo tanto contestato in vita quanto mitizzato dopo la sua morte.
  
   L’opera di un intellettuale stava sfumando dietro una mitografia del personaggio, obbediente alle richieste pubblicitarie dell’editoria di mercato ma a partire dagli anni Ottanta, in particolare con le monografie di Guido Santato e Rinaldo Rinaldi, si è riportata al centro del dibattito culturale la lettura critica dell’opera pasoliniana, in modo da evitare, una volta per tutte, l’equivoco biograficomediatico che l’aveva offuscato.

   L’attenzione nei confronti dell’opera del poeta friulano non si è arrestata: anzi, nel corso dei decenni abbiamo assistito ad un sempre rinnovato interesse che ha riguardato tutte le aree della poliedrica ed inesausta attività artistica di Pasolini. Basti pensare alla problematica pubblicazione di Petrolio nel 1992 e all’ampia e articolata edizione per i Meridiani Mondadori di Tutte le opere di Pasolini, in dieci volumi, per la cura di Walter Siti: testi e studi in grado di avviare nuove aperture interpretative dell’officina pasoliniana.

   Nel corso di questi quattro decenni l’immagine dell’autore friulano e della sua opera è mutata notevolmente, in quanto la critica ha cominciato a dare spazio anche ad alcuni aspetti della sua produzione troppo spesso lasciati in ombra, come la sua sperimentazione teatrale. 
  
   Il mio lavoro consiste anzitutto nella valorizzazione dell’esperienza drammaturgica di Pasolini, non più considerata quale attività secondaria e accessoria del suo itinerario, ma indagata nei suoi caratteri di originalità all’interno del panorama italiano, allargando anche il quadro al contesto internazionale. 

   Persuasa e affascinata dall’importanza ascritta dallo stesso autore alla sua opera teatrale, ho avviato la mia ricerca sin dagli scritti teatrali giovanili, per mettere in luce la continuità non solo dell’interesse ma anche della riflessione drammaturgica nell’intero percorso pasoliniano, come dimostrazione che la drammaturgia è sempre stata oggetto di grande interesse e di studio per il poeta friulano. 

   Intraprendendo poi un’attenta analisi del corpus delle sei tragedie del 1966 (Orgia, Affabulazione, Pilade, Calderòn e Bestia da stile), indagate nel loro interscambio tra antico e moderno, è stato possibile individuare proprio nella dialettica fra recupero delle fonti classiche e volontà avanguardistica la cifra innovativa del teatro di Pasolini. Nasce di qui il tentativo di intraprendere un’originale riprospettazione in chiave moderna dei grandi miti, lungo una sperimentazione che conduce anche alla contaminazione tra parola drammaturgica e visione cinematografica, nella feconda dialettica che si instaura nell’attività pasoliniana tra cinema e teatro. Il fervore con cui Pasolini si dedica al teatro in questi anni è da interpretarsi come una conseguenza del periodo di crisi, dovuta all’esaurirsi dell’impegno ideologico e civile che aveva animato tutto il decennio precedente e ai continui attacchi ricevuti da destra e da sinistra, da conservatori e progressisti, sia in ambito artistico sia in quello umano.

   L’esperienza poetica di Pasolini risente profondamente di questa crisi tanto da lasciar spazio alle sperimentazioni cinematografiche, alla produzione saggistica e alla stesura, mai portata a termine, delle tragedie.

   Nella mia indagine resta comunque centrale il versante teatrale, di cui, nel quarto capitolo (cuore pulsante della ricerca), si ricostruisce un quadro di riferimenti nazionali ma soprattutto internazionali che intendono aprire prospettive del tutto nuove ed originali sull’ottica drammaturgica di Pasolini e la sua capacità di dialogo con il panorama contemporaneo. Particolare attenzione è stata dedicata alla tradizione del teatro novecentesco in versi, ad iniziare dal nostro d’Annunzio, per procedere con il teatro in versi di Mario Luzi e arrivare ad analizzare esperienze drammaturgiche come quelle di W. B. Yeats, T. S. Eliot e Peter Weiss: l’azzardata scommessa teatrale di Pasolini ha infatti in questo filone uno dei suoi più rilevanti punti di riferimento, Ma la tesi porta in luce anche la capillare volontà di fruizione da parte di Pasolini di quanto di più nuovo e innovativo si muove nel panorama drammaturgico internazionale: dal riconoscimento del magistero brechtiano alle suggestioni della rivoluzione operata dal Living Theatre fino al fascino emanato dal gruppo della Beat Generation e, in particolare, da Allen Ginsberg. Il tutto senza dimenticare le esperienze nazionali, affrontate,  in positivo o in negativo, da Eduardo De Filippo, Carmelo Bene e Giovanni Testori (considerati gli esperimenti drammaturgici di più felice riuscita nel teatro moderno) fino alla polemica letteraria (e non solo) con il Gruppo 63, in particolare con Edoardo Sanguineti.

   Il mio lavoro si è quindi concentrato su un versante della produzione pasoliniana di solito accantonato e poco valutato, cercando di indagare a fondo oltre il panorama critico oggi a disposizione su tale argomento, nel tentativo di approdare a risultati originali e persuasivi. La tesi ha dunque l’obiettivo di far emergere un nuovo volto di Pasolini, finora misconosciuto, quello del drammaturgo impegnato in una difficile scommessa, sostanziata da un recupero delle tematiche mitiche e classiche ma al contempo proiettata in un’azzardata proposta di innovazione novecentesca, del tutto al passo con le contemporanee sperimentazioni a livello internazionale. 

   La molteplicità di connessioni riscontrate e analizzate garantiscono il dato, sostanzialmente acquisito, dell’assunzione, ancora non del tutto proclamata e riconosciuta dalla critica, di Pasolini come punto di riferimento per le innovazione teatrali più significative dagli anni Settanta ad oggi.

   La prima difficoltà riscontrata è stata quella di muoversi nella amplissima produzione saggistica relativa all’opera di Pasolini, per cui occorre fare i conti con tutta una tradizione critica, anche remota,  fino ad arrivare al più recente ripensamento che è tutt’ora in corso della figura di Pasolini, da considerare, prima di tutto, come umanista poliedrico. Nonostante l’intento della mia tesi fosse di concentrarsi sulla poco esplorata attività teatrale, risulta impossibile scindere i diversi ambiti di indagine esplorati dall’autore, soprattutto tra gli anni Sessanta e Settanta, momento in cui l’esperienza cinematografica e la parola teatrale si contaminano a vicenda, tanto che Edipo re (1967), Teorema (1968), Orgia (196668), Porcile (1969), Affabulazione (1966-69), Medea (1970), possono essere considerate le tappe principali di questo percorso che coincide con la crisi del modello gramsciano e con il momento di congedarsi dal modello marxista per accostarsi a nuovi metodi conoscitivi. In realtà, Pasolini non abbandonerà mai definitivamente Gramsci come punto di riferimento ma si trova ora a doversi confrontare con un universo culturale in pieno cambiamento verso cui intende opporsi. Vive quindi un momento di spasmodica ricerca d’alternative artistiche e conoscitive per poter affrontare l’egemonia della cultura di massa. 
L’esigenza di esprimersi attraverso il teatro in versi, così provocatoriamente inattuale, diventa quindi impellente all’interno di questo globale quadro di contestazione culturale.   

   Il mio studio mi ha portato a considerare il teatro, tanto intrigante e complesso, quanto poco esplorato e sottovalutato, come un tassello fondamentale dell’intera parabola artistica di Pasolini, tenendo sempre presente che l’esperienza dell’antitesi costituisce la matrice strutturale della sua intera opera. Si intende quindi fissare alcune differenti coordinate su cui appare opportuno collocare l’esperienza drammaturgica pasoliniana  

   Nell’anno che precede il quarantesimo anniversario della scomparsa di Pier Paolo Pasolini, ancora è possibile avvertire la passione e l’ideologia che infiammò l’anima di un poeta che diede scandalo.



@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

Grazie per aver visitato il mio blog

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