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lunedì 14 dicembre 2020

Buñuel e Pasolini: l'ossessione religiosa - Di Claudio Sorgi

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Buñuel e Pasolini: l'ossessione religiosa
Di Claudio Sorgi
IL Dramma
ANNO 47 - N° 3
MARZO 1971

(Trascrizione curata da Bruno Esposito)

Un confronto tra il cinema di Buñuel e quello di Pasolini potrebbe essere interessante e ricco di indicazioni sul piano dello stile e del mondo poetico: ma non è l’oggetto di queste riflessioni, che si limitano a una raccolta di appunti sugli ultimi due film dei due autori in rapporto al tema religioso. L’associazione dei due film in esame è giustificata da alcuni atteggiamenti comuni nelle opere e nel pensiero dei due autori e in certe annotazioni che si richiamano a vicenda nei due film.

Buñuel e Pasolini, nei confronti del tema religioso, hanno certamente alcuni elementi comuni, anche se espressi in forme e attraverso conclusioni diverse. Ambedue hanno alle spalle una matrice religiosa e cristiana, in seguito rifiutata. Ambedue sono, in qualche modo, ossessionati da una forma di amore-odio verso tale esperienza di adesione istintiva infantile e di rifiuto razionalizzato. Amore-odio che accompagna la loro dichiarata professione di ateismo. Ambedue manifestano con deliranti contraddizioni e distinzioni, tutt’altro che ortodosse, la propria adesione alla dottrina e alla prassi marxista. Ambedue, ancora, si trascinano nelle opere una insopprimibile ambiguità nel modo di porsi di fronte al problema religioso, che non riescono a scrollarsi di dosso e che lascia intravvedere una non-soluzione dello stesso problema a livello personale.

Sono sempre esistiti gli atei o gli agnostici nella storia del pensiero e della cultura, ma si sono sempre divisi in due categorie: quelli che in nessun modo hanno sentito il bisogno di riaffermare continuamente il proprio ateismo o agnosticismo perché ritenevano inutile soffermarsi su un problema per loro definitivamente chiuso e quelli invece che hanno sentito spesso questo bisogno. Per rimanere nel cinema, non si trova traccia, nei film di Antonioni, di qualche interesse ad affermare o a negare i valori religiosi: non esistono e basta. Buñuel e Pasolini invece ricordano più l’atteggiamento di Bertrand Russell, che ha passato la vita a « far scalpore », come diceva lui, attorno alla nuova logica del libero pensiero, che rifiutava ogni spazio per Dio e che però sentiva continuamente il bisogno di spiegare perché non fosse cristiano, né buddista, né comunista e, nel celebre dibattito alla BBC con padre Copleston, fu costretto a dichiarare: « Non sto dogmaticamente affermando che non c’è un Dio; dico soltanto che noi non lo sappiamo ».

Buñuel e Pasolini sono atei, rifiutano il cristianesimo come religione, ma non possono fare a meno di ripeterlo, di fare distinzioni, di cercare ragioni convincenti. Naturalmente bisognerebbe documentare tutto questo attraverso un’analisi accurata della filmografia dei due autori: limitiamoci a farne una breve verifica nei due ultimi film.

Nel film di Pasolini è facile leggere, al di là di una pura e semplice trasposizione del mito degli Argonauti e della tragedia di Euripide, l’allegoria del rapporto attuale tra il Terzo Mondo e le civiltà occidentali. Medea è la civiltà barbarica che viene colonizzata da una cultura progredita. Il contatto avviene attraverso un rapporto d’amore (Medea-Giasone), dove Medea è portatrice di una civiltà primitiva, sacrale, istintiva e, in definitiva, autentica. Giasone rappresenta la civiltà evoluta, razionale, dissacrata. Il rapporto si risolve in una annessione umana e politica, in una dissacrazione di fondo. Verso la conclusione della tragedia quei valori religiosi che all’inizio del film erano stati mirabilmente descritti come patrimonio della civiltà di Medea, vengono sottoposti al tentativo di strumentalizzazione da parte di Giasone e di Creonte, ma in realtà diventano strumenti della vendetta di Medea. È la dialettica tra Terzo Mondo e civiltà occidentale, abbiamo detto. In questo quadro la religione rientra in un processo di trasformazione che rappresenta comunque, prima e dopo, uno strumento o di potere o di contropotere; uno dei tanti elementi strutturali della umanità nei suoi diversi stadi e nelle sue vicende, senza nulla che ricordi il trascendente, se non a un livello rituale e magico. Le nuove civiltà (quelle « barbariche ») sono più fresche e vigorose e sono portatrici di una vitalità prorompente, sostenuta anche dalla religione. Le antiche civiltà occidentali hanno tutto razionalizzato, compreso la religione; ma proprio per questo non potranno sostenere l’urto della rivolta. La civiltà barbarica del Terzo Mondo, violentata dalla civiltà colonialista, si ribella e distrugge tutto con la sua rabbia, compresa quella religione così ben razionalizzata e strumentalizzata dalla civiltà colonialista.

Il film di Buñuel invece si muove in un ambito più ristretto e più autobiografico rispetto all’autore. Tristana è la Spagna, politicamente violentata dal franchismo, che si ribella fino all’assassinio bianco (lo lascia morire senza chiamare il medico) del proprio padre-marito. Tristana, all’inizio del film, è legata a una pratica religiosa tradizionale. Sarà lui, don Lope, il tutore, anticlericale e libero pensatore, a toglierle dalla testa certe « superstizioni » (episodio del crocefisso). Ma don Lope si impadronisce di tutta Tristana, in un certo senso se la annette, la plagia fino a condurla al delirio dell’odio-amore. Alla fine del film rimangono le ossessioni religiose di Tristana e le strumentalizzazioni di don Lope, che va in chiesa e beve la cioccolata con i preti a casa sua.

Da queste brevi annotazioni risultano chiari alcuni elementi comuni ai due film. Il primo è la presenza del tema' religioso. La religione è presente, a livello primitivo, come elemento mitico, irrazionale, assieme ai valori barbarici o istintivi, con qualche parvenza di autenticità. Lo scontro con il sistema di desacralizzazione e strumentalizzazione da parte del potere è inevitabile. Nella ribellione i valori religiosi soccombono, non sono vittoriosi. Essi rimangono, distorti, nell’oppressore come strumento di difesa e di dominio e, in coloro che ne erano i portatori, come strumento di vendetta.

La contraddizione sta nello sforzo implicito o esplicito di distinguere tra valori autentici generali e valori autentici religiosi; nel far rientrare i secondi fra i primi, ma nel mescolarli poi alle motivazioni della ribellione. Il giudizio sta in bilico tra il rifiuto totale e il dispetto per un valore sciupato. È la stessa ambiguità di Nazar'm, Viridiana, La via lattea per Buñuel e di Uccellacci e uccellini, Vangelo, Teorema per Pasolini. Essi sembrerebbero disposti ad accettare un cristianesimo che fosse del tutto rivoluzionario e che negasse il proprio assetto istituzionale; ma sembrano assolutamente incapaci di pensare a un cristianesimo così com’è nel Vangelo: un messaggio d’amore efficace, operoso, libero da finalizzazioni politiche oppressive o rivoluzionarie; che non siano strettamente legate a una precisa prospettiva religiosa. Insomma, se la religione non fosse una religione, sarebbe più facile rifiutarla o accettarla decisamente.
Claudio Sorgi



Curatore, Bruno Esposito

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