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domenica 8 maggio 2016

Parlo con la Madonnina a Milano - Gabriella Sica e Margherita Caruso.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





Parlo con la Madonnina a Milano
Gabriella Sica


Gabriella Sica sarà alla Libreria Popolare di via Tadino per un incontro, intitolato “Parlo con la madonnina a Milano” sul suo ultimo libro, Cara Europa che ci guardi 1915-2015 (Cooper). Con lei ci sarà Margherita Caruso, la madonnina del Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini.



Ho conosciuto Margherita Caruso a Milano, dove da anni risiede. La sua presenza mi ha commosso: la piccola madonnina di Pasolini! Coetanee più o meno, ci siamo trovate in totale sintonia, a parlare di Pasolini. E dovendo parlare del mio libro, avendo proprio in quelle ore parlato al telefono con lei di alcuni temi pasoliniani vivissimi ancora oggi, come il saccheggio dell’ambiente e del paesaggio che l’uomo ha consumato in questi ultimi cinquanta anni e l’omologazione culturale della società italiana, temi cari a lei quanto a me, ho sovrapposto nella mia mente i due fatti, il mio libro e quella telefonata. E ho pensato con un salto che non era un azzardo pensare a lei come interlocutrice alla Libreria popolare di via Tadino, lei come Margherita Caruso e lei come la madonnina di Pasolini. La ricordavo come tutti con quell’aria triste e assorta, e quel viso che senza troppi ornamenti poteva essere un viso di Piero della Francesca, ripassato dalla matita di un contadino disegnatore, nel momento apicale della nascita di una madre ancora bambina. Ed era lì vicino a me, in carne e ossa. E poi a Milano tutti o quasi parlano con la madonnina dorata, lassù sulla guglia maggiore del duomo, tanto più a maggio, il mese mariano. E a me era venuta in mente anche la madonna del libro di Botticelli al Museo di Brera. Delicata e morbida, si china su un libro, forse un libro d’ore. Ecco ci vorrebbe un aiuto divino per il libro, ho pensato tra il faceto e lo scherzoso. In un paese in cui non c’è, per fortuna (visto le peculiarità del nostro paese), alcun aiuto statale alla cultura, in cui domina lo spaesamento e la legge del profitto, la convenienza non può accordarsi con l’eventuale qualità di un libro. L’idea mi è piaciuta, ho cominciato di getto a scrivere una poesia che comincia appunto così: “Parlo con la madonnina a Milano” e ho continuato, incurante del fatto che si potesse davvero fare qualche cosa di concreto. Intanto io avevo scritto la mia poesia, e mi bastava, l’idea era già una piccola poesia, ma c’è voluto poco perché diventasse anche un fatto. Chissà di cosa si parlerà, magari non del mio libro europeo. Trascrivo qui di seguito un brano da una conversazione avuta con lei, sedute su una panchina da cui si vedeva il duomo e la grande piazza di Milano.

“Aveva quell’aria timida che faceva sembrare, a chi si complimentava con lui, la timidezza semplicemente voglia di scappare. Era un fotomoltiplicatore di quanto vedeva di umile diagnosi e prognosi (ho un linguaggio da chimico quale sono). E io come ero? Triste e gelosa di mia sorella. Avevo gli occhi grandi, i lineamenti regolari ma non mi vedevo bella. Non so perché sono stata scelta da Pasolini, ero una ragazza qualsiasi, allora ero una ragazza di fede che poi ho perso nel ’68. Era l’inizio della primavera del ’64. Stavo con un gruppo di ragazze (amiche e c’erano anche mia sorella e mia cugina), era la passeggiata della domenica e ci stavamo salutando. Era la vita semplice di quel tempo a Crotone, dove lui nel ’59 aveva avuto un premio e poi era venuto per Comizi d’amore. Un ragazzo mi guardava dal finestrino di un’auto. Erano in due, accanto a lui c’era Bini, il produttore del film. Pasolini me lo ritrovo davanti, mi chiede: ‘Mi conosci? Sono Pasolini, sono uno scrittore e giornalista, vorresti partecipare a un film?’. Parlò poi con mio padre, che mi accompagnò nei set vicino a Roma, alla Solfatara e a Lavinio, poi a Matera. I soldi che ho avuto servirono a comprare a mia madre la lavatrice e il frigorifero. ‘In questa ragazza ho moltiplicato il mistero che c’è in tante ragazze’ ha poi detto Pasolini di me, che era gentilissimo e un uomo dalla penna bellissima. Una grandezza quella di Pasolini, una vera grandezza”.
Gabriella Sica,8 maggio 2016




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martedì 3 maggio 2016

Pasolini, una freccia proiettata con la forza della ragione verso il futuro

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





Una freccia proiettata con la forza della ragione verso il futuro


"Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.
E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.

Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato".


Con "Cos'è questo golpe" Pasolini denunciava analizzando il suo ruolo di intellettuale: sapeva i nomi dei responsabili del disastro politico in Italia, compresi i tentativi dei colpi di Stato e dei golpe falliti. Si trattava di fornire le prove.

Tutto doveva cominciare da un processo ai gerarchi Dc , fidando nell'unica isola che poteva non essere compromessa con il potere, il Pci , per innestare l'implosione di un sistema corrotto. Gli interventi risultano serrati, animati da una cifra di urgenza e di inevitabilità.
Occorreva evitare ogni surrettizio passaggio da un sistema ad un altro camuffato di nuovo al di là dei tentativi onesti di alcuni politici come Moro e Berlinguer, che preparavano il compromesso storico che in realtà non piaceva alle sfere più oscure del potere che lo rivisiteranno per generare definitivamente il mostro neo-liberista e un regime repressivo, falsamente tollerante dell'edonismo consumistico. Dopo la morte di Moro, solo Berlinguer sollevò la questione morale, ma una morte prematura fermò la sua azione politica. La famiglia di Moro non volle aver più a che fare con i vertici Dc.

Pasolini già abbondantemente in anticipo metteva in evidenza le piste stragiste, una in chiave anticomunista e l'altra in chiave antifascista.
Il Poeta stava lavorando ad un romanzo, anti/romanzo in cui forniva le prove dell'apparato del nuovo potere economico il cui impero risaliva all'indomani della Resistenza, con oscure trame sovranazionali di assetto post - bellico.
Il ciclo eschileo di Pasolini ( soprattutto Pilade e Appunti per un'Orestiade africana ) racconta molto della sua utopia politica che non rimaneva solo sostanza letteraria, ma azione di lotta democratica e radicalmente nuova per il nostro Paese. Pasolini è stata una freccia proiettata con la forza della ragione verso il futuro: piaccia o no ai suoi assassini.





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