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martedì 20 gennaio 2015

Pasolini, Una vita violenta - Di Gambaro Stefano e Maggiore Analia

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

 
 
 
Pasolini, Una vita violenta
Di Gambaro Stefano e Maggiore Analia

Il 5 marzo 1922 nasce a Bologna Pier Paolo Pasolini, dal tenente di fanteria Carlo Pasolini e dall' insegnante di Casarsa (Friuli) Susanna Colussi. Nel 1925, a Belluno, dove la famiglia Pasolini si era trasferita, nasce il secondo figlio Guido Alberto.
Sin dall'età di sette anni inizia la vocazione letteraria di Pier Paolo, con le poesie infantili scritte a Sacile, dove frequenta le scuole elementari.
Gli studi proseguono per il poeta a Reggio Emilia, dove si iscrive al ginnasio per poi trasferirsi al "Liceo Galvani" di Bologna e quindi, nella stessa citta', iscriversi alla Facoltà di Lettere dell'ateneo bolognese, dove si laurea con una tesi su Pascoli.
Risale al 1942 la prima raccolta di poesie, pubblicata a sue spese, "Poesie a Casarsa" in dialetto friulano; l'opera viene subito recensita positivamente da Gianfranco Contini sul Corriere di Lugano.
Nel 1945 muore appena diciannovenne il fratello Guido, partigiano nella brigata "Osoppo", ucciso dai partigiani jugoslavi, in una delle pagine più controverse della Resistenza. E' un evento che segna profondamente il poeta, che nelle sue opere più volte rievocherà con dolore il trauma per la prematura scomparsa del fratello.
Tra il'45 ed il '49, Pasolini insegna nelle scuole medie di Valvasone, un paese vicino a Casarsa. Questi sono anche gli anni delle poesie, raccolte nel 1958 ne "L'Usignolo della Chiesa Cattolica" che segnano la svolta politica in senso marxista del giovane scrittore.
Negli anni '50 si trasferisce con la madre a Roma, dove trascorre anni duri, abitando in borgata fino ad ottenere un impiego come insegnate a Ciampino e a lavorare a qualche sceneggiatura cinematografica che gli permette di prendere casa con la famiglia in via Fonteiana, nel quartiere di Monteverde.
E' del 1954 la raccolta di poesie friulane "La meglio gioventù" e nel 1955 inizia la collaborazione alla rivista "Officina", da cui poi verranno le opere "Passione e ideologia" del '60 e "La religione del mio tempo" del '61.
Nel 1955 esce il primo romanzo, grande successo letterario, "Ragazzi di Vita", per il quale Pasolini subisce un assurdo processo per "oscenità", accusa dalla quale verrà assolto. Stessa sorte ( anche se questa volta la denuncia verrà archiviata), quattro anni più tardi, per il secondo romanzo "Una vita violenta" che raggiunge fama internazionale, con undici traduzioni e continue ristampe.
E' del 1957 una delle più belle e significative opere poetiche di Pasolini, "Le ceneri di Gramsci", che gli vale il Premio Viareggio; è l'inizio di una nuova poesia di impegno civile, con l'utilizzo di una metrica desueta e cantilenante, al tempo stesso rottura e citazione.
Dal 1961 inizia l'esperienza cinematografica pasoliniana con "Accatone" concludendosi con "Salò o le 120 giornate di Sodoma" del 1975, passando attraverso (solo per citarne alcuni) i bellissimi "Il Vangelo secondo Matteo" (1964), "Uccellacci e uccellini" (1966) e "Il Decameron" (1971).
Non va tralasciato che l'impegno del Pasolini intellettuale è comunque a tutto campo, dalle liriche di "Poesia in forma di rosa" (1964) e " Trasumanar e organizzar" (1971), alla prosa de "Il sogno di una cosa" (1962), "Alì dagli occhi azzurri" (1964) e "Teorema"(1968), alle collaborazioni con la rivista "Nuovi Argomenti" e con il quotidiano "Il Corriere della Sera", fino ad arrivare alla saggistica di "Empirismo eretico"(1972) e degli stupendi "Scritti corsari" (1975), senza dimenticare i lavori teatrali e di critica letteraria.
E' l'alba del 2 novembre 1975 quando il corpo di Pier Paolo Pasolini viene ritrovato martirizzato e senza vita in un largo sterrato all'Idroscalo di Ostia, nei pressi di un campetto sportivo non lontano dal mare. Le autorità stabiliranno che si tratta di un omicidio per il quale viene arrestato l'allora minorenne Pino Pelosi, ma tutto lascia presupporre il concorso con altri individui, anche se le indagini non verranno mai proseguite. Tutto come in uno di quei tanti "buchi neri" della storia della nostra Repubblica che lo stesso Pasolini aveva più volte, nel corso della sua vita, sottolineato con forza.
 
Titolo

Una Vita Violenta. Il titolo venne scelto da Pasolini con l’intento di sottolineare la caratteristica dominante della vita di Tommaso, un ragazzo della Roma degli anni Cinquanta: per lui, come per gli altri componenti della sua combriccola di delinquenti, la violenza è all’ordine del giorno; e non può che essere altrimenti, date le difficili condizioni di vita che chiaramente emergono nel romanzo.
 
Anno di Pubblicazione

Il romanzo apparve al pubblico nel 1959.
 
Edizione consultata

X edizione, aprile 1999, Garzanti-Gli Elefanti
 
Genere Letterario

L’opera si ascrive a più generi letterari:
  • è anzitutto un romanzo verista, fedele a quel filone letterario il cui più importante esponente fu Verga. Come lui, anche Pasolini mette in scena scorci di vita reale, che anche se non sono stati veramente vissuti da un personaggio reale, non sono per questo meno realistici o veritieri. La loro forte carica espressiva deriva dunque dal fatto che gli episodi descritti sono tratti dalla vita di tutti i giorni di un gruppo di delinquenti degli anni Cinquanta: del resto già il lettore si rende conto che la narrazione non è solo realistica o verosimile, ma è vera.
  • è un romanzo che vuole essere in un certo senso didascalico, per il fatto che si propone di informare il lettore delle difficili condizioni di vita in cui molti ragazzi sono costretti a vivere. Ha cioè qualcosa da insegnare, un qualcosa che tutti dovrebbero, secondo l’autore, sapere.
  • è un romanzo di formazione, che ha cioè l’intento di mostrare una precisa crescita interiore del personaggio principale. Tommaso percorre nel corso delle pagine una maturazione non indifferente, che lo porta ad essere, dal piccolo delinquente delle Piccola Shangai, il ragazzo molto più maturo e responsabile dell’Ina-case.
  • è un romanzo in un certo senso anche autobiografico, perchè tratto dalla viva esperienza dell’autore. Pasolini veramente è vissuto con quelle brigate di delinquenti che sono al centro del suo romanzo: ha quindi potuto conoscere le problematiche di quei ragazzi in prima persona, rimanendone fortemente coinvolto.
 
Narratore

Nel pieno rispetto dello stile verista, Pasolini lascia che siano i personaggi a parlare, senza intervenire con commenti o giudizi espliciti, ma sempre celandosi dietro ai personaggi. Ne risulta perciò una narrazione a focalizzazione interna multipla, in quanto l’azione viene filtrata dagli stessi personaggi, e in particolare da Tommaso.
 
Fabula

Ambientato fra il sottoproletariato romano degli anni Cinquanta il romanzo delinea un vasto affresco realistico in cui emerge la vicenda esemplare di Tommaso Puzzilli, un "ragazzo di vita" che arriva attraverso le sue esperienze ad acquisire consapevolezza umana e politica.
Nato fra le baracche dell’estrema periferia, da una famiglia miserabile, Tommaso, violento e amorale, vive di sordidi espedienti e partecipa anche a spedizioni teppistiche. Per una rissa in cui ha accoltellato un altro giovane, Tommaso viene condannato a due anni di carcere e, uscendo di prigione, trova la famiglia insediata in un appartamentino dell’Ina case, finalmente ottenuto dopo tante richieste.
A Tommaso, affascinato dal "lusso" quasi "borghese" della sua nuova abitazione, sembra di poter ora intraprendere una vita nuova e rispettabile, ma il suo sogno di elevazione sociale è destinato a fallire. Alla visita militare, Tommaso risulta ammalato di tubercolosi ed è perciò costretto a un lungo ricovero che vanifica ogni possibilità di lavoro e di guadagno. Entrerà in un ospedale. Proprio all’interno del tubercolosario, però, a contatto con un gruppo di degenti politicizzati, comincia per Tommaso un processo di maturazione che lo porta a prendere coscienza della sua condizione individuale e sociale.
Una volta dimesso dall’ospedale Tommaso dà la sua adesione al Partito comunista e, quando l’Aniene inonda un quartiere di baraccati, egli accoglie prontamente l’invito dei compagni della sezione gettandosi fra l’acqua e il fango per aiutare i pompieri impegnati nei soccorsi.
Questo gesto generoso è però fatale a Tommaso, in quanto gli procura un nuovo, violento attacco della sua malattia polmonare. Poche, dimesse parole, a conclusione del romanzo, annunciano la sua morte.

 
Struttura interna

L’opera è divisa in due parti, a loro vo0lta suddivise in cinque capitoli ciascuna. Il romanzo è inoltre corredato da un’Avvertenza  e da un Glossarietto, in cui vengono spiegati i principali termini tratti dal dialetto romano e utilizzati nel testo.
 
Tempo

La narrazione è ambientata nella Roma degli anni Cinquanta, in una realtà sociale formatasi dopo le distruzioni imposte alla città dai bombardamenti subiti durante la seconda guerra mondiale e alimentata anche dalle grandi ondate migratorie dell’immediato dopoguerra. La scelta di questa collocazione temporale non è del resto casuale. Primo perchè è proprio in quel periodo, siamo nel 1950, che Pasolini si trasferì a Roma con la madre; risale a questi anni il contatto dell’autore con l’ambiente di borgata, un ambiente difficile, che Pasolini arrivò a conoscere molto bene: gli risultò quindi inevitabile ambientare Una vita violenta, come già prima Ragazzi di vita, nello stesso periodo e luogo in cui toccò a lui vivere in un ambiente simile. Secondo perchè proprio gli anni Cinquanta furono tra i più difficili per l’Italia, appena uscita dalla guerra e non ancora completamente rimessa; gli effetti disastrosi della sconfitta bellica si possono ancora scorgere tra le pagine del romanzo, i cui protagonisti vivono in un villaggetto di baracche in mezzo all’immondizia, e vedono la concessione di un alloggio in una palazzina popolare come una manna dal cielo.
 
Tempo storia e tempo racconto

Le vicende coprono un arco di tempo pari a circa sette anni: all’inizio del romanzo, infatti, Tommaso afferma di non avere ancora tredici anni compiuti, mentre negli ultimi capitoli, durante l’incontro con un prete, confessa di doverne compiere venti a novembre. L’azione non procede però i maniera del tutto lineare: frequenti sono infatti gli scarti temporali, soprattutto in corrispondenza dei cambi di capitoli e tra le due parti in cui è diviso il romanzo. In particolare si osserva che l’azione subisce una forte accelerazione cronologica nelle prime parti, con un conseguente progressivo rallentamento: nei primi capitoli infatti, le vicende narrate si collocano negli anni della prima adolescenza di Tommaso, che ha appena tredici anni. Successivamente  invece si hanno dei bruschi salti temporali, non sempre ben specificati, che ci proiettano attorno ai diciotto-vent’anni del protagonista. È bene evidenziare che nel romanzo sono presenti molte ellissi, come il periodo trascorso in carcere, ben due anni, di cui non viene mai detto nulla. La narrazione delle varie vicende ha inoltre un carattere frammentario, in quanto non viene sempre condotta in maniera continua, ma spezzettata in tanti piccoli episodi di vita. Deriva dunque un’evidente sfasatura della fabula e dell’intreccio, un’alterazione profonda dell’ordine in cui vengono presentati gli eventi.
Il ritmo narrativo scorre invece abbastanza lineare: non si hanno lunghe scene descrittive o riflessive che appesantiscono la narrazione. Si ha invece una discreta abbondanza di dialoghi e, nei casi di sequenze descrittive, la narrazione procede abbastanza veloce, senza intoppi.
 
Luoghi

Il romanzo è ambientato nella periferia di Roma e in particolare nella piccolo paese di Pietralata, sulle rive dell’Aniene. Nella prima parte del romanzo le vicende hanno come sfondo la “Piccola Shangai”, il villaggetto di baracche dove vivevano Tommasino e i suoi amici. Successivamente l’azione si allarga fino a comprendere alcuni quartieri periferici romani. Negli ultimi capitoli l’azione viene condivisa tra il nuovo caseggiato popolare delle INA-case, nuova abitazione della famiglia di Tommaso, e l’ospedale Forlanini dove il protagonista viene più volte ricoverato a causa della sua tubercolosi.
Nella descrizione degli spazi, Pasolini non mostra un’attenzione eccessiva: spesso i luoghi sono del tutto impersonali, vuoti, la loro presenza è quasi “assente”: mancano infatti descrizioni dettagliate della cornice in cui avvengono le sequenze narrative. Pochi sono i particolari spaziali presenti nel romanzo, e la loro presenza è eventualmente dovuta a un’utilità pratica: ad esempio, la vecchia baracca dove viveva Tommaso sottolineava la povertà e la difficile vita a cui la sua famiglia, come molte altre altre, era soggetta a vivere. Il nuovo alloggiamento all’INA-case, invece mette in risalto il lusso, la ricchezza del nuovo mondo che si stava venendo a costruire. Probabilmente la scelta dell’autore di non dare una descrizione spaziale definita è da spiegarsi con la volontà di fare di Una vita violenta un racconto esemplare, indicativo di uno stile di vita e di un periodo storico che va al di là delle definizioni e dei limiti spaziali: il romanzo può così adattarsi perfettamente ad ogni altra esperienza simile, perchè i ragazzi di vita non sono solo quelli che aveva conosciuto Pasolini.
 

Personaggi
Tommaso Puzzilli


Tommaso è il personaggio principale del romanzo, che Pasolini introduce nel tessuto narrativo con una descrizione iniziale diretta. Tuttavia l’autore preferisce non presentasse il personaggio tramite un ritratto preciso: preferisce lasciare al lettore il compito di crearsi un’immagine del protagonista. Anche in questo caso  si esprime l’intento dell’autore di fare di Tommaso un individuo-tipo, la figura del ragazzo di vita, del ragazzo che non sa ottenere dalla vita ciò di cui ha bisogno se non con l’aiuto della violenza, se non sfruttando la delinquenza. Quando finalmente capirà cosa vuol dire vivere, quando sarà deciso a mettere la testa a posto, a cercare un lavoro, a fidanzarsi con Irene, sarà troppo tardi: la violenza e la difficile vita degli anni trascorsi in gioventù gli hanno ormai segnato l’esistenza e si esprimono con la violenza della tubercolosi, che gli fa sputare quello stesso sangue che aveva sprecato per restare al mondo. Pasolini fa di Tommaso un ragazzo generico, violento e delinquente come tanti altri; lo lascia volutamente privo di una caratterizzazione, perlomeno fisica, definita, così che in lui rivive tutta una generazione, quella appunto dei ragazzi di vita con cui lo stesso autore aveva convissuto per anni.
Ma Tommaso, col passare delle pagine, subisce anche una maturazione interiore, segue un itinerario psicologico che lo porta a familiarizzare con il mondo, a comprendere che la vita non dev’essere fatta solo di violenza e delinquenza. Probabilmente questo messaggio era destinato a quegli “amici” di Tommaso che Pasolini aveva strettamente conosciuto: con questo testo, e in particolare con la maturazione del protagonista, avrebbe potuto voler insegnare loro delle regole di vita diverse a quelle cui erano soliti, delle parole diverse da violenza e delinquenza. Perchè se è vero che uno dei temi conduttori del libro è proprio la violenza, è anche vero che alla fine Tommaso non ne farà più uso, e preferirà colmare il vuoto interiore con un atto di eroismo.
Ciò che però il protagonista non riesce a eliminare completamente è, a mio avviso, una certa superficialità e semplicità con cui affronta la vita. Per lui la violenza è sempre stato un divertimento, la delinquenza un modo facile per guadagnare qualche spicciolo, il rapporto con Irene una soddisfazione personale, più che emotiva; e soprattutto ha sempre guardato alla vita con una leggerezza disarmante, l’ha sempre creduta un gioco in cui non conta né vincere né perdere: basta solo stare al mondo. Ma questa filosofia di vita si dimostrerà presto sbagliata: quando gli verrà diagnosticata la tubercolosi, Tommaso non darà alcuna importanza alla malattia, continuerà per la sua strada. Sarà un errore: la malattia non lo lascerà e lo porterà via con sè.

Irene

La fidanzata di Tommaso, a cui il ragazzo è molto più attaccato per le sue doti fisiche piuttosto che per il suo spessore psicologico. La ragazza invece si dimostra molto affezionata a lui, tanto da obbedirgli in più di una situazione. Non per questo però cede facilmente alle provocazioni del fidanzato: cerca di rispettare i suoi valori e principi, concedendo e concedendosi solo nella misura che ritiene più opportuna.

Lello, il Zimmìo, Ugo, il Cagone, il Budda, Carletto, il Zucabbo, il Matto...

Tutti compagni della brigata di piccoli delinquenti di cui faceva parte anche Tommaso.

Torquato,  Maria, Tito e Toto

Rispettivamente il padre, la madre, ei due fratelli minori di Tommaso; a loro si aggiunge un fratello maggiore, di cui però non sappiamo nulla. Per Tommaso però la famiglia non ha molta importanza: lo dimostra lo scarso ruolo che riveste nel romanzo. Questo perchè la vera famiglia sono per il protagonista gli amici, i compagni di brigata, con cui trascorre tutto il suo tempo.
 
Lingua

Curiosa è la scelta linguistica di Pasolini, che conduce tutta la narrazione con il dialetto romanesco, tanto che quasi tutte le battute di dialogo sono costituite da una fedele e spesso cruda trascrizione del gergo delle borgate.
 
Temi

Attraverso l’analisi del romanzo Una vita violenta emergono diverse tematiche che l’autore ha desiderato evidenziare.
 
il tema principale, motivo conduttore di tutto il libro, è quello della violenza, spesso associata alla delinquenza.
 
importante è anche il divario tra ricchi e poveri, tra i “figli di papà” e i delinquenti costretti ad usare la violenza per avere di che vivere.
 
una certa superficialità, rintracciabile soprattutto nella leggerezza con cui viene affrontata la vita, vista più come un gioco che come una battaglia da vincere.
 
Gambaro Stefano
 
Navigando in Internet, alla ricerca di qualcosa di interessante da scrivere proprio in questo paragrafo della mia relazione, la mia attenzione è stata colpita da un breve stralcio di un’intervista a Pier Paolo Pasolini, pubblicata ne “Le belle bandiere” (Editori Riuniti, Roma 1996). Il brano racconta di come sia nato il progetto di “Una vita violenta”:
"La trama di Una vita violenta mi si è fulmineamente delineata una sera del '53 o '54, quando stavo finendo di scrivere Ragazzi di vita. C'è un punto della Tiburtina, all'altezza di Pietralata, e poco prima di Tiburtino III e Ponte Mammolo (dove allora abitavo), che si chiama il "Forte". Vi si vedono una caserma, un bar, una fabbrica, un deposito di pullman, delle baracche, e, dietro, un'altura, un montarozzo spelacchiato e infernale, il "Monte del Pecoraro" (che ho tante volte descritto nei miei libri, e che ridescriverò nel primo Canto del mio nuovo romanzo, un Inferno, appunto, che si chiama La mortaccia).                                                                                                             
Pioveva, o era appena cessato di piovere. C'era un'aria fradicia e dolente, con quell'azzurro cupo, funereo, troppo lucido che si scopre in fondo all'orizzonte quando il tempo si rasserena verso sera, ed è ormai troppo tardi.
Camminavo nel fango. E lì, alla fermata dell'autobus che svolta verso Pietralata, ho conosciuto Tommaso. Non si chiamava Tommaso: ma era identico, di faccia, a come poi l'ho dipinto ripetutamente nelle pagine di Una vita violenta, e vestiva, anche, nello stesso modo: un abituccio sbrindellato, ma "serio", con la camicia bianca magari sporca, e la cravattina, violacea e lisa. Come spesso usano fare i giovani romani, prese subito confidenza: e, in pochi minuti mi raccontò tutta la sua storia: l'episodio che ho poi raccontato nel primo capitolo, e la sua malattia al Forlanini. 
Poi sparì. Non l'ho più rivisto. Né a Pietralata, né a Tiburtino; in nessuna di quelle misere strade che circondano la Città di Dite.
Quando sono giunto al capitolo del Forlanini, ho dovuto documentarmi, perché in tutta la mia vita non avevo visto un ospedale se non per qualche visita.
Ho parlato con due ex ricoverati - che sarebbero poi diventati due personaggi del romanzo - ho parlato con uno dei medici (fratello di un uomo politico comunista mio amico), e ho parlato, infine, con alcuni malati anonimi. Cinque o sei giorni di lavoro. Tutto qui."
 
Infatti nell’avvertenza alla fine del romanzo, Pasolini scrive:
I riferimenti a singole persone, fatti e luoghi reali qui descritti sono frutto di invenzione: tuttavia vorrei che fosse ben chiaro al lettore che quanto ha letto in questo romanzo e, nella sostanza, accaduto realmente e continua realmente a accadere.
Ringrazio i «ragazzi di vita» che, direttamente o indirettamente, mi hanno aiutato a scrivere questo libro, e in particolare, con vera gratitudine, Sergio Cittì.

Fonte: http://www.atuttascuola.it/scuola/relazioni/pierpaolopasolini.htm



@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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