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«Vogliamo la verità su Pasolini». La petizione fa il giro del mondo
M agistrati, medici, attori, registi e ufficiali delle forze dell’ordine. Tutti con un unico scopo: conoscere la verità sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Professionisti da tutto il mondo vogliono sapere che fine abbia fatto l’inchiesta sul delitto dello scrittore, filosofo, poeta e regista. Dagli Stati Uniti al Messico, dalla Germania al Belgio, dalla Gran Bretagna alla Francia, dall’Argentina alla Bulgaria, fino al Brasile e all’Olanda sono arrivate richieste sullo stato delle indagini sull’omicidio del poeta, riaperte cinque anni fa.
La magistratura romana non ha ancora reso noto gli sviluppi dell’inchiesta che dal 2009 è stata riavviata. Un silenzio che oltre trecento professionisti da tutto il mondo chiedono che venga spezzato dalla procura della Repubblica di Roma, che non ha ancora depositato la chiusura delle indagini dopo tanti anni di accertamenti, interrogatori di testimoni (diverse centinaia) e analisi di reperti che furono recuperati sul luogo del delitto avvenuto il 2 novembre del 1975 all’Idroscalo di Ostia.
Ma chi sono le oltre 351 persone che hanno chiesto, attraverso una raccolta firme, di venire a conoscenza della verità sul delitto Pasolini? Persone di qualsiasi rango sociale che dopo quasi 4 decenni pretendono di sapere cosa è accaduto quel giorno. Ma come si è arrivati alla scelta di lanciare un appello alla procura della Repubblica di Roma? Con una petizione che è stata organizzata dal consulente di parte civile della famiglia di Pasolini, attraverso Guido Mazzon e dalla dottoressa Simona Ruffini. È stata lei, infatti, a organizzare la petizione con l’unico scopo di sensibilizzare la magistratura romana: «La verità non può aspettare - si legge nella petizione - i sottoscritti chiedono che il procuratore capo della Repubblica Giuseppe Pignatone definisca il procedimento sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini dopo oltre 5 anni dalla sua riapertura e dopo 39 anni dal delitto. La verità non può aspettare».
Ma come funziona la petizione? Finora nelle mani della procura capitolina sono finite oltre 300 firme. Ma ogni giorno che qualcuno, da ogni parte del mondo, decide di sottoscrivere la petizione, automaticamente, grazie al programma di invio delle email, arriva nel computer della procura di Roma. Quindi, appena viene aggiunta una firma, i magistrati romani ne vengono a conoscenza.
Ad intervenire sull’inchiesta sull’omicidio del poeta, anche l’avvocato della famiglia, il legale Stefano Maccioni. «Del delitto di Pier Paolo Pasolini forse se ne è parlato troppo e male e questo ha contribuito a creare la divisione tra coloro che ricercano ad ogni costo la verità (c.d. complottisti) e coloro che invece si sono appagati della ricostruzione parziale fornita dai giudici (c.d. ben pensanti)». E ancora: «Quello che è certo è il ritardo oramai inescusabile con il quale la magistratura non riesce a far luce sul delitto. Il 27 marzo del 2009 insieme alla criminologa Simona Ruffini presentavamo l’istanza volta a far riaprire le indagini. In particolare venivano da noi richieste l’effettuazione di prove scientifiche quali esame del Dna sui reperti che mai prima di allora erano state effettuate. Il 10 maggio del 2010 assistevamo presso i laboratori della sezione di Biologia del Ris dei carabinieri di Roma all’esame dei reperti custoditi presso il museo criminologico di Roma. In seguito come difensore del cugino di Pasolini, Guido Mazzon, ho svolto numerose indagini difensive che hanno contribuito a fornire ulteriori e determinanti elementi alla pubblica accusa. A nostro avviso sussisterebbe, peraltro, un legame tra tre delitti eccellenti quello di Enrico Mattei, quello di Mauro de Mauro e quello di Pasolini». Il legale fa anche riferimenti specifici al lavoro che stava portando avanti lo scrittore nel periodo precedente alla sua morte. «Abbiamo cercato di portare elementi concreti, come accusa privata, quali il lavoro che Pier Paolo stava portando avanti prima di morire (Petrolio) e la sua frequentazione di ambienti di destra a Catania».
«La petizione, che in pochi giorni ha raccolto circa 300 firme, è stata sottoscritta da persone di tutto il mondo e delle più disparate professioni. Il movimento di popolo è grande e chiede finalmente la verità», ha detto Simona Ruffini, consulente tecnico di Guido Mazzon.
PASOLINI: LA VERITA' NON PUO' PIU' ASPETTARE
Firma la petizione
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