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lunedì 22 marzo 2021

MAMMA ROMA - di Massimiliano Valente

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



 


MAMMA ROMA
di Massimiliano Valente
 

"Mamma Roma" e' il secondo film di Pier Paolo Pasolini, e come il precedente, "Accattone", si muove sullo sfondo della periferia romana. C'e' comunque una differenza sostanziale tra i due film, cioe' un passaggio da una responsabilita' individuale, di Accattone, a una responsabilita' collettiva, di Mamma Roma, questo aspetto verra' trattato piu' oltre. Il personaggio interpretato dalla Magnani assomiglia molto di piu' al Tommaso Puzzilli di "Una vita violenta" rispetto al disperato personaggio di Accattone, nel senso che Mamma Roma ha un moto di

riscatto sociale che, prostituta sottoproletaria, vede nell'integrazione piccolo-borghese. Il loro trasferimento nella nuova casa, i consigli dati ad Ettore di cambiare amicizie e tutti i tentativi di assimilazione ad un modello piccolo-borghese rappresentano per Mamma Roma un riscatto. Dice Mamma Roma a Ettore:

"Ecchela laggiu' casa nostra, qua' finestra lassu' n'do ce batte er sole, n'do ce stanno que' mutande stese, lassu' all'urtimo piano. Guarda che qua ce stamo solo n'artro po' de giorni, vedrai in che casa te porta tu madre. Vedari quant'e' bella, proprio 'na casa de gente perbene, de signori. Tutto 'n quartiere de n'artro rango"

Non vi e' nel personaggio di Ettore nulla che possa far pensare ad una sua integrazione nel mondo piccolo-borghese. Se lavora nella trattoria e' solo per far piacere alla madre, e quando la fiducia in lei verra' meno, perche' Bruna gli confida la vera vita di Mamma Roma, non esitera' a lasciare il lavoro ed a vivere di espedienti, quali il furto. Dice Ettore nella scena della motocicletta:

"I signori so' tutti stupidi, nu i posso vede', 'sti fji de papa', perche' c'hanno 'n po' de grana 'n saccoccia se credono da esse quarcuno"

Ma la contaminazione tra la societa' borghese e le esperienze di prostituta faranno nascere il caos, che portera' al suo definitivo fallimento, figurativamente rappresentato dalla morte di Ettore. Vi e' in Mamma Roma una progressiva presa di coscienza della propria responsabilita', una presa di coscienza che si intravede dall'incontro col prete che la mette di fronte a problematiche morali. Dira' lo stesso Pasolini:

"Questo primo momento di problematica morale pero' non basta, rimane un puro e semplice "flatus vocis"

in lei: infatti non conta per nulla, tanto che decide di fare il ricatto per poter dare al figlio una sistemazione piccolo borghese appunto, servendosi delle sue conoscenze e della sua esperienza di prostituta. Quando pero', anche dopo il ricatto, - e lei ne ha il presentimento perche' piange vedendo il figlio che lavora in un posto da lei ottenuto in quel modo cosi' sordido, cosi' abietto, - quando anche questo fallisce, allora la pulce che le aveva messo nell'orecchio il prete comincia a farsi sentire, quel primo moto di coscienza comincia a lavorare dentro di lei. Finche' - nella seconda lunga carrellata al viale delle prostitute - dira' fra se', pressapoco:

"Certo la responsabilita' probabilmente e' mia, quel prete aveva ragione, pero' se io fossi nata in un mondo diverso, se mio padre fosse stato diverso, mia madre diversa, il mio ambiente diverso, probabilmente sarei stata diversa anch'io".

Cioe' comincia ad allargare questo senso della responsabilita' dalla propria persona, individua quello che aveva colto il prete, al proprio ambiente". [1] Proprio le lunghe carrellate sul viale notturno delle prostitute rappresentano, per me, le scene piu' suggestive del film. L'ambiente circostante e' quasi invisibile, vi e' una profonda astrazione, con una serie di personaggi che le si affiancono per accompagnarla per un tratto: Biancofiore, un militare, due omosessuali. Nella seconda lunga carrellata Mamma Roma consapevole del suo fallimento dice:

"Di quello che uno e' la colpa e' sua (......) Prete, nun ho voluto ricomciare da zero, ma che te credi che nun l'ho capito? (.....) Spiegamelo te allora peche' io nun so' nessuna e te sei er re dei re"

In "Mamma Roma" vi e' minore staticita' nelle scene rispetto ad "Accattone". Il montaggio e' risultato molto piu' rapido, ma e' da notare una minore incidenza del paesaggio circostante, perche' come spiego' Pasolini: "mentre la vicenda di Accattone si svolgeva nella borgata, Mamma Roma vive la sua vita nella Roma piccolo-borghese, nel mondo dell'INA-Casa, in un mondo cioe' che per forza e' meno epico e quindi meno impressionante visivamente. Il personaggio interpretato dalla Magnani infatti, va subito ad abitare in una casa della periferia moderna, in uno di quei palazzoni bianchi che in realta' sono meno fotogenici, direi, delle catapecchie della Borgata Gordiani. Inoltre i personaggi sono piu' staccati dall'ambiente, perche' effettivamente si tratta di un film che si interna un pochino di piu' nelle anime. (....) Cio' che interessa di piu' nel film e' lo svilupparsi di un diabattito morale, sia pure rozzo, dentro queste anime". [1] Per quanto riguarda le musiche, in questo film Pasolini ha scelto Vivaldi. Il motivo che accompagna sempre l'amore di Ettore e Bruna, e' "il concerto in re minore"; mentre il "concerto il do maggiore" torna in tutti i momenti in cui appare Carmine, ossia il destino di Mamma Roma; per ultimo un motivo che accompagna la morte di Ettore. Mentre in nel film Accattone c'e' una evidente frizione tra Bach e Accattone, in Mamma Roma, la differenza con Vivaldi e' meno marcata, perche' come disse Pasolini:

"Probabilmente questi motivi di Vivaldi che ho scelto sono motivi popolari ed io ho ridato loro la loro vera natura, sentimentale, dolce, melodica e quindi popolare." [1]

Da notare in alcune scene del film la presenza di ruderi, fatto non casuale che lo stesso Pasolini spiego' con queste parole:

"in realta' questi ruderi mi sono piaciuti appunto come potrebbero essere piaciuti al Pontormo, cioe' mi riconducono in fondo sempre ad una ispirazione rinascimentale (...), per quanto in realta' il pittore che mi ispira figurativamente piu' di tutti anche come colore direi, e' Masaccio soprattutto: cioe' un pittore piu' fermo (.....) Anche la fotografia, vorrei assomigliasse un po' alle riproduzioni in bianco e nero del Masaccio (.....) In quanto ai ruderi, diro' anche che in una sequenza, quando Ettore va per la prima volta con Bruna, a far l'amore ne ho scelto uno che e' un po' un simbolo fallico, senza per altro sottolineare troppo questa simbologia". [1]

L'agonia di Ettore, legato al letto, ritorna per tre volte, con l'intento di creare un motivo ossessivo, e interpetandolo, visto il cambiamento di luci, di dare il senso delle giornate che scorrono, di un'agonia lunga e dolorosa. Un'agonia scandita dalle parole deliranti del ragazzo e da una serie di riprese, tre per l'esattezza, che scorrono, partendo dal viso, tutto il corpo di Ettore, in un movimento lento e delicato, quasi fossero delle carezze su quel corpo morente. La corsa di Mamma Roma, lo sguardo verso quello stesso panorama di palazzi che apparve come una speranza di riscatto, l'incomunicabilita' tra due mondi inevitabilmente lontani; la sconfitta.

Massimiliano Valente aprile 1997

[1] "Guaderni di Filmcritica" - Con Pier Paolo Pasolini - a cura di Enrico Magrelli - Bulzoni.1977

Fonte:
http://pppasolini.altervista.org/articoli.htm


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Curatore, Bruno Esposito

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