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mercoledì 19 febbraio 2014

IL VANGELO SECONDO MATTEO - di Angela Molteni luglio 1997

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


 



IL VANGELO SECONDO MATTEO

Sopralluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo
di Angela Molteni
 
Sul Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini
(da: Serafino Murri, Pier Paolo Pasolini, Il Castoro, Milano)

La gestazione del progetto d un film "sulla religione", che risale al 1962 (più o meno ai tempi in cui il regista girava La ricotta, attraversò diverse fasi, in cui tanto il soggetto ipotetico del film, quanto lo spirito, la chiave stilistica in cui affrontarlo, mutarono più volte, a testimonianza dell'enorme inquietudine con cui Pasolini affrontava questo delicatissimo nodo della propria formazione intellettuale. La prima ipotesi era quella di realizzare un film sulla vita di San Francesco (cosa in parte realizzata parodisticamente solo in seguito, con Uccellacci e uccellini), la quale si trasformò lentamente dapprima nella vita di un santo "poverello" finito, come eretico, ucciso dalle guardie del Papa, poi nel soggetto originale di Bestemmia, storia di un Accattone del Medioevo che a un certo punto della sua vita fonda un ordine, piuttosto blasfemo, che si pone in antagonismo al papato dell'epoca e che per questo verrà stroncato miseramente; di quest'ultimo soggetto Pasolini realizzerà un "racconto in versi", edito soltanto di recente. Contemporaneamente al progetto dell'autunno 1962 di realizzare la trasposizione cinematografica della vita di Cristo così com'è narrata nel Vangelo di San Matteo, Pasolini scrisse un soggetto, mai realizzato, dal titolo di Sant'Infame. In questo soggetto, apparentemente non molto dissimile dallo spirito dissacratorio di La ricotta, è possibile identificare, già nettamente tracciate, le coordinate della riflessione sul senso dell'esistenza che sostanzieranno sia Il Vangelo secondo Matteo che Uccellacci e uccellini (quello che segue è il testo scritto da Pasolini): "Mandato controvoglia, con uno stratagemma, dai genitori in seminario (raccontato in un'osteria tra ladri). Scappa dal seminario, e torna nell'ambiente da cui è venuto: un ambiente di miseria e perversione (una borgata di una grande città). Il seminario l'ha peggiorato, involgarito, ecc., in quanto gli ha fatto perdere l'innocenza del suo rapporto col male. Il vizio e la delinquenza sono perciò veramente sporchi: egli vi cade fino in fondo. "Arricchisce un po', poi la miseria. Prospettive di un futuro di miseria. Finge il pentimento: finge un rinnovarsi della vocazione religiosa. Si fa riprendere nel seminario. Ne esce prete. Attua la sua ambizione di successo e di miglioramento economico, nell'assurda idea di diventare un santo o qualcosa di simile. Organizza - con la pazienza dei santi, e aiutato dalla sua malizia di ex-ladro e truffatore, dal suo cinismo diabolico, dalla sua mancanza di ogni senso morale, e dalla volgarità derivante dal suo rapporto impuro col peccato -, riesce a organizzare una città di ragazzi: e, insieme, a simulare la santità. Viene creduto un santo, o qualcosa di simile. Egli, di nascosto, continua a fare la sua vita sensuale di ragazzo di borgata, frequenta magnaccia, puttane ecc. Prende la sifilide. La cura clandestinamente ecc. (ricatti possibili ecc.), e nella vita normale, continua a fingere la santità. Egli è sempre stato malaticcio (per questo i genitori l'hanno mandato al seminario, ecc.). La sifilide gli porta un'altra grave malattia ecc. Una malattia mortale, che gli causa delle sofferenze atroci. Questo torna a favore del suo inganno di santità: è costretto a non occuparsi altro che della sua città di ragazzi e delle sue opere di bene, ecc.; e la malattia lo tormenta atrocemente. In questa situazione di santo, muore; in tutto come un santo vero". Con l'apologo appena abbozzato di Sant'Infame, Pasolini demistifica (abbassandolo al livello della concretezza e della meschinità umana) il valore "sociale" della santificazione, ma nello stesso tempo espone una tesi più complessa, che riguarda la santità "per sé" del protagonista, così come nel Vangelo riguarda la divinità "per sé" di Cristo. Sant'Infame è l'esemplificazione dell'ambiguità della santità, della sospensione del mito della santità tra la volgare autoesaltazione, piena di spirito di emulazione in fondo anche un po' ingenuo, e la vera, concreta sofferenza, psicologica come fisica, vissuta per raggiungere, follemente, la propria posizione di singolarità definitiva, di privilegio morale sugli altri. E, in fin dei conti, in Sant'Infame viene descritta l'impossibilità di discernere la mistificazione dalla verità, l'ambizione dalla realtà di fatto, dal momento che la Storia non esiste, ma esiste solo l'effetto della Storia sulle tante storie personali, delle quali, come in questo caso, conta unicamente la fine, la morte. Lo stesso irrefrenabile sentimento irrazionale della propria "unicità", che spinge cialtronescamente l'immaginario Sant'Infame a millantare la santità fino a non poterla più distinguere, nella sofferenza, da una santità vera, spinge il personaggio storico Cristo, nella sua lotta contro l'ipocrisia religiosa senza concessioni alla tentazione del potere, a porsi come figlio di Dio. E se questa affermazione, che gli causerà la morte per il reato di "bestemmia", su un piano irrazionalistico può essere sostanziata solo dalla "fede" intesa come credenza disarmata nel Mistero, cosa che Pasolini non accetta, è pur vero che in un altro senso, più razionale, per Pasolini Cristo è divino, di una divinità laica, nella misura in cui "in lui l'umanità è così alta, rigorosa, ideale, da andare al di là dei comuni termini dell'umanità".

Sopralluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo
di Angela Molteni

Su richiesta di Alfredo Bini, produttore del Vangelo secondo Matteo, nel giugno 1963 Pasolini si recò in Palestina, insieme a don Andrea Carraro della Pro Civitate Christiana di Assisi, per visitare - e riprendere - i luoghi della narrazione evangelica. Il viaggio in Giordania, Galilea e Siria si protrasse per una quindicina di giorni, toccando in particolare Nazareth e Betlemme, Gerusalemme e Damasco, senza che peraltro Pasolini riuscisse a decidere, superando le perplessità iniziali, se girare o meno il film in quelle località (si aggiunga che Israele era permanentemente in guerra e che, in quelle condizioni, girare un film non sarebbe stato affatto agevole; oltretutto, a ciò era particolarmente sensibile il produttore). Alla fine il regista non fu per niente convinto dell'opportunità di realizzare il film in quei luoghi e il materiale girato rimase inutilizzato. Pasolini provvide unicamente a doppiarlo improvvisando un proprio commento "in tempo reale" nella sala di doppiaggio. Nel filmato sono messi in particolare risalto due elementi: - l'enorme squilibrio arrecato al territorio, alle popolazioni e al paesaggio da un selvaggio e incontrollato "progresso tecnologico" (espansione edilizia a Betlemme, grattacieli a Nazareth), tale che il mondo biblico "appare, ma riaffiora di tanto in tanto come un rottame"; - i volti, le espressioni della gente comune le "solite facce, tetre, belle, dolci, [di una] dolcezza animalesca precristiana" degli arabi poveri; facce, espressioni che sono le stesse dei sottoproletari di tutto il mondo. Nel suo commento, Pasolini dice tra l'altro: "Per me spirituale corrisponde a estetico, non religioso. La mia idea che le cose quanto più sono piccole e umili, tanto più sono grandi e belle nella loro miseria, ha trovato uno scossone estetico, un'ulteriore conferma". Commenta Murri nel suo Pier Paolo Pasolini (Il Castoro, Milano): "Il viaggio in Terrasanta fallisce nel suo scopo principale, quello di individuare alcuni luoghi intatti, così come doveva vederli Cristo durante la sua vita, ma diviene per il regista un tuffo suggestivo tra le macerie di una storia inconclusa e irriconoscibile, da cui trarrà linfa l'ispirazione antiretorica del Vangelo". Pasolini ricostruì dunque i luoghi del Vangelo secondo Matteo nel Sud dell'Italia: Puglia, Lazio e Calabria divennero i luoghi della Galilea così com'era duemila anni prima e la Palestina fu "ricostruita" in Basilicata.

Angela Molteni luglio 1997

Fonte:
http://pppasolini.altervista.org/articoli.htm


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Curatore, Bruno Esposito

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