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martedì 13 aprile 2021

Jack Hirschman - Biografia di un poeta rosso

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



JackHirschman
biografia di un poeta rosso




Jack Hirschman
nasce il 13 dicembre 1933 a New York nel Bronx, figlio di Stephen Dannemark Hirschman e Nellie Keller. Mentre frequenta ancora il liceo, comincia a scrivere come reporter per il “Bronx Times” e il “Bronx Press-Review”. Tra il 1951 e il 1959 completa gli studi al City College di New York e alla Indian

University (con una tesi su Joyce).

Nel 1953 Hirschman invia alcuni suoi racconti ad Ernest Hemingway, che vive a Finca Vija a Cuba, che gli risponde incoraggiandolo a continuare a scrivere e gli suggerisce di leggere Stephen Crane, Guy de Maupassant, Ambrose Bierce, Gustave Flaubert e il primo Tomas Mann. Anni dopo, in seguito alla morte di Hemingway, la Associated Press pubblica la lettera sui giornali di tutto il paese compreso il New York Times, come “Lettera a un giovane scrittore”.
Professore di inglese alla UCLA di Los Angeles dal 1961 al 1966 ha fra i suoi studenti Gary Gach, Steven Kesslerm, Max Schwartz e Jim Morrison. Fra il 1964 e il 1965, grazie ad una borsa di studio della UCLA, fa il suo primo viaggio in Europa visitando Parigi, la Grecia e l’Inghilterra dove Asa Benveniste, della Trigram Press, pubblica Yod. È l’inizio della tendenza cabalistica nel lavoro di Hirschman che riapparirà nelle decadi successive.
La guerra del Vietnam scoppia nel 1965 proprio mentre Hirschman è in Europa. Tornato negli Stati Uniti riprende l’insegnamento alla UCLA e dà vita ad una serie di proteste e manifestazioni contro la guerra, attribuendo, fra le altre cose, la “A” (corrispondente al voto più alto) a tutti gli studenti passibili di arruolamento per aiutarli a sfuggire alla guerra. Per questa attività definita “contro lo Stato” viene licenziato dalla UCLA nel 1966.
Rimane in California stabilendosi a Venice dal 1967 al 1970 dedicando tutto il suo tempo a scrivere, tradurre e dipingere. Inizia una collaborazione con David Meltzer che pubblica nella rivista “Tree” diverse sue traduzioni cabalistiche.
Nel 1972 traduce e pubblica Un Arc-en-ciel pour l’Occident chrétien dello scrittore haitiano René Depestre, che lo conduce definitivamente al marxismo.
Fra il 1972 e il 1980, quando ormai vive a North Beach a San Francisco, continua a scrivere e tradurre poesia contemporanea, impara il russo e – dopo un anno di traduzioni quotidiane – prende a scrivere poesie in quella lingua. Questa esperienza prosegue fino al 1987.
Dal 1980 si unisce al Communist Labor Party e lavora come attivista culturale con un gruppo di poeti fra cui Luis Rodriguez, Michael Warr, Kimiko Hahn, Sarah Menefee e Bruno Gullì, fino al volontario scioglimento del gruppo nel 1992.
Dopo un periodo di transizione, nel 1994 diventa membro della League of Revolutionaries for a New America e contribuisce al suo giornale “People’s Tribune”.
Durante gli anni Ottanta, dirige "Compages", una rivista internazionale di traduzione di poesia rivoluzionaria. Poeti di tutto il mondo vengono tradotti da un gruppo di poeti e traduttori e, di contro, poeti americani vengono tradotti in altre lingue. La rivista viene spedita in 50 paesi a gruppi rivoluzionari e ad organizzazioni culturali.
È stato in contatto fin dalla metà degli anni Cinquanta con i poeti della beat-generation (alla quale è stato a volte associato) dai quali però si differenzia subito proprio per le sue posizioni politiche. Pur amico di Allen Ginsberg, Gregory Corso, Bob Kaufman, Martin Matz e di tutti gli altri poeti beat, dissente da quella che ritiene una rivoluzione “borghese”, fatta di droghe e misticismo orientale, mentre si sente più vicino politicamente e culturalmente ai movimenti radicali afroamericani (Black Panther Party e tra i poeti Amiri Baraka).
Nel 1972 Hirschman comincia a scrivere i suoi poemi lunghi che chiama Arcanes. Negli ultimi 40 anni ne ha scritto più di 150 rimasti per molti anni inediti. A partire dagli anni Novanta alcuni di essi sono stati pubblicati dalla rivista "Left Curve" edita e diretta da Csaba Polony. Hirschman descrive gli Arcanes come la trasformazione dialettica materialistica di materiali spesso alchemici o mistici: essi si sforzano di portare avanti il significato spirituale del pensiero e del sentimento dialettico in un senso personale e politico.
Gli Arcani, anche quando toccano temi personali (come nell’Arcano per suo figlio David, morto a 25 anni per un linfoma nel 1982), hanno sempre a che fare con le trasformazioni politiche e sociali. Negli ultimi anni il suo impegno ci ha dato opere di struttura e coscienza politica e poetica, baluardi contro l’ondata di caos e fascismo che sta divorando lo spirito umano.
Ha pubblicato più di 100 libri e opuscoli di poesia, oltre a saggi e traduzioni da nove lingue. Fra i suoi libri di poesia più importanti: A Correspondence of Americans (Bloomington: Indiana University, 1960), Black Alephs (Trigram Books, New York/London, 1969), Lyripol (City Lights Books, San Francisco, 1976), The Bottom Line (Curbstone Press, Willimantic, 1988), Endless Threshold (Curbstone Press, Willimantic, 1992), Front Lines (City Lights Books, San Francisco, 2002), I was Born Murdered (Sore Dove Press, San Francisco, 2004).
Nella sua intensa opera di traduttore si è occupato di autori come Majakovsky, Roque Dalton, Pier Paolo Pasolini, Rocco Scotellaro, Paul Laraque, Paul Celan, Martin Heidegger, Pablo Neruda, René Char, Stéphane Mallarmé, Alexei Kruchenykh, Ismael Ait Djafer, Alberto Masala, Ferruccio Brugnaro.
È stato anche curatore e traduttore nel 1965 della prima importante antologia di Antonin Artaud pubblicata negli Stati Uniti da City Lights Books, opera che avrà un’influenza grandissima su molti intellettuali, scrittori, gruppi teatrali (su tutti il Living Theatre). Ha rivelato una sensibilità particolare traducendo e pubblicando diverse poetesse come Sarah Kirsch (Germania), Natasha Belyaeva (Russia), Anna Lombardo e Lucia Lucchesino (Italia), Katerina Gogou (Grecia), Luisa Pasamanik (Argentina) e Ambar Past (Mexico).
Il rapporto di Hirschman con l’Italia è di lunga data. La poesia che dà titolo al suo primo libro, A Correspondence of Americans, fu pubblicata nella rivista "Botteghe Oscure", a Roma nel 1958, due anni prima della sua pubblicazione negli Stati Uniti. Nel 1980 è in Sicilia per la pubblicazione bilingue della sua traduzione di Yossyph Shyryn del poeta siciliano Santo Calì. Nel 1990, una versione italiana del suo libro di poesie militanti, The Bottom Line, curata da Bruno Gullì, è pubblicata dall’Editoriale Mongolfiera di Bologna con il titolo Quello Che Conta. Nel 1992 comincia un tour in Italia, dando origine ad un sodalizio con la Multimedia Edizioni e la Casa della Poesia di Baronissi/Salerno, con il libro Soglia Infinita. Questa collaborazione continua nel 2000 con la pubblicazione della prima raccolta di Arcani, tradotti da Raffaella Marzano (che ha anche revisionato e dato corpo unico ad altre traduzioni di Anna Lombardo e Mariella Setzu) che nel 2004 traduce e cura altri due volumi, 12 Arcani e Volevo che voi lo sapeste. Hirschman è stato tra i primi poeti di livello internazionale ad aderire al progetto di Casa della poesia, di cui è uno dei più assidui collaboratori e frequentatori, partecipando a molti dei suoi Incontri internazionali (Salerno, Napoli, Baronissi, Amalfi, Pistoia, Trieste, Sarajevo, Reggio Calabria).
È spesso accompagnato da sua moglie, la poetessa e pittrice anglosvedese Agneta Falk, sposata nel 1999.
Nel 2002 la Before Columbus Foundation attribuisce a Jack Hirschman l’American Book Award for Lifetime Achievement. La motivazione del premio, scritta dal poeta e scrittore David Meltzer recita tra l’altro: «Jack Hirschman è una figura incredibilmente presente e tuttavia nascosta nella politica culturale e nella vita della poesia americana. Straordinariamente prolifico – ai più alti livelli dell’impegno artistico e del coinvolgimento attivo – il suo lavoro è generoso, aperto, e profondamente critico. La sua critica non è mai banale o inefficace ma ha immensa profondità. La sua opera maggiore – – si inserisce nella scia dell’epica moderna dei Cantos di Pound, del Paterson di William Carlos Williams, del The Maximum Poems di Charles Olson e delle Letters To An Imaginary Friend di Thomas McGrath. Instancabile lavoratore per la giustizia sociale e la libertà artistica. Noi siamo onorati nel dare riconoscimento alla sua opera e alla sua vita, ed egli onora e sfida la nostra opera e le nostre vite».
Finalmente nel 2006 la città di San Francisco gli ha attribuito il riconoscimento di “poeta laureato” e la Multimedia Edizioni pubblica in inglese, in un grande volume di 1000 pagine, l’intero corpus degli Arcani con il titolo The Arcanes. Sempre nel 2006 riceve a Reggio Calabria il Premio "Città dello Stretto".
Il volume The Arcanes viene salutato dalla critica e dagli appassionati come un vero e proprio evento editoriale e culturale.
Nel 2007 riceve a Salerno il Premio Alfonso Gatto (sezione internazionale) ed è l'organizzatore in luglio degli Incontri internazionali di poesia di San Francisco.
Nel 2008, riceve la cittadinanza onoraria di Baronissi.

Negli Stati Uniti ha pubblicato, nel 2010, in collaborazione con Casa della poesia, il volume Magma che raccoglie le sue traduzioni di poesie di Alfonso Gatto e nello stesso anno è stato protagonista (insieme ad altri poeti) di una straordinaria esperienza di letture in Iraq.






Fonte:

http://www.casadellapoesia.org/poeti/hirschman-jack/biografia






Poeta rosso. 
Una conversazione con Jack Hirschman 
(di Olga Campofreda)

Ho recuperato questa intervista da "il manifesto" del 13 maggio scorso. E' una dichiarazione di motivata fede nella rivoluzione e nella poesia e oerciò mi piace molto. (S.L.L.)


«La poesia non è solo un modo di indagare e comunicare una condizione dell'animo, essa è - ed è sempre stata - il modo in cui lo spirito dei tempi si manifesta. In un periodo di così profonda crisi sociale, i poeti possiedono le armi più potenti: la capacità di ispirare, liberare e trasformare gli abusi che si pongono come ostacoli sulla strada dell'uguaglianza e della libertà di tutte le classi sociali». In un piccolo salotto di una casa nel centro della Roma universitaria, Jack Hirschman, il poeta rivoluzionario d'America, racconta le nuove frontiere della poesia ad una trentina di ragazzi che sono venuti ad incontrarlo. I baffi ispidi, un paio di bretelle rosse da cui non si separa mai, le pantofole ai piedi. Parla piano in italiano, con una voce da cowboy, assaporando ogni parola come un bambino può gustare il sapore di una caramella. Hirschman è arrivato in Italia sul finire di marzo, per una serie di reading organizzati dal suo editore italiano, Sergio Jagulli, responsabile della Casa della Poesia di Baronissi (Salerno) e con lui ha viaggiato per tutta la penisola, fino a toccare Roma come ultima tappa, da solo. «Vengo a Roma per mantenere la promessa che ti ho fatto» mi aveva detto al telefono qualche giorno prima. Ricordai dell'intervista per la quale lo avevo inseguito per tutta San Francisco, accompagnandolo da un reading all'altro, senza mai avere tempo di realizzarla. «Non preoccuparti, avrai la tua intervista», mi aveva detto l'ultima sera, prima di partire per l'Italia. E quella promessa è stata mantenuta.
Ho incontrato Jack Hirschman al Caffè Trieste, un vecchio bar italiano nel cuore di North Beach, a San Francisco, pochi giorni prima dell'inizio di questa primavera. Era al bancone, ordinava un caffè. Lo riconobbi dal suo inconfondibile aspetto: cappello nero a falda larga, i folti baffi bianchi, il People's Tribune sotto il braccio. Ero lì per intervistare Lawrence Ferlinghetti, poeta ed editore dei maggiori poeti della beat generation. «Lawrence sta arrivando» mi disse «possiamo aspettarlo insieme». I miei giorni a San Francisco, inizialmente nati dal desiderio di ricercare ciò che il mito beat aveva lasciato, si sono trasformati presto in un viaggio attraverso un nuovo modo di fare poesia, quello portato avanti da Jack Hirschman e la sua Brigata di Poeti Rivoluzionari. Questo nucleo di più di settanta poeti, provenienti da tutte le parti del mondo, usa la poesia come strumento al servizio della rivoluzione sociale, strumento di comunicazione che ha già in sé il concetto di azione, perché la poesia "succede" negli eventi, nei reading, negli happening, nell'incontro con l'altro. E invita alla trasformazione di ogni diseguaglianza sociale.

Un reading domestico

Nel salotto della casa in cui vivo, qui a Roma, la sera del 3 maggio Jack Hirschman ha incontrato i giovani esponenti della nuova avanguardia letteraria della capitale: gli Scrittori Precari, i membri del collettivo Terranullius, la Cricca 33, i poeti Marco Cinque ed Alessandra Bava e un folto gruppo di studenti, «una categoria con cui mi è molto difficile venire a contatto direttamente».
La lotta tra il mondo accademico e Jack Hirschman, il poeta rosso, parte da molto lontano. Agli inizi del 1960, dopo un breve periodo presso l'Università dell'Indiana, con il ricavato di una lettera autografa di Hemingway ed una di Jung, riuscì ad ottenere i soldi necessari per trasferirsi a Los Angeles. «Da ragazzo ammiravo molto la prosa di Hemingway. Gli scrissi una lettera inviandogli dei racconti che avevo scritto imitando il suo stile e lui - non so perché - mi rispose; disse che il mio stile era identico al suo, ma la cosa impressionante - a quanto diceva - era il fatto che io fossi solo un ragazzo, ancora potenzialmente in evoluzione, dal punto di vista letterario. In quella lettera mi consigliava di leggere libri utili per la mia formazione, libri che io, in realtà, avevo già letto».
All'Università di Los Angeles trovò lavoro come professore di letteratura inglese ed americana. Nel periodo della guerra in Vietnam la televisione aveva annunciato che gli studenti con una buona media non sarebbero stati chiamati alle armi: il professor Hirschman cominciò a distribuire A per mettere in salvo i suoi allievi, istigandoli a disertare il servizio di leva e a manifestare pubblicamente contro la guerra. Il licenziamento fu la conseguenza immediata di tale dissidenza, che ancora oggi non abbandona il poeta rosso, nel portare avanti l'engagement politico letterario a favore dei diritti degli emarginati e delle minoranze.
«Quindici anni fa gli italiani erano ancora in grado di cantare, ora meno» - confessa Hirschman quando gli chiedo se l'Italia di oggi è poi tanto diversa da quella che ha incontrato la prima volta - «il regime vigente è stato molto negativo nei suoi effetti: la gente è ideologicamente confusa, non esiste un movimento valido contro questo sistema capitalistico; il neoliberalismo è un nuovo modo di chiamare un tipo di fascismo che si sta affermando; il mondo si è globalizzato ma non si è internazionalizzato, è una contraddizione, ma è proprio ciò per cui noi dobbiamo lavorare insieme: l'internazionalizzazione del mondo, che significa la fine dei particolarismi e l'esistenza di una sola nazione, che è la Pace».

Il Vietnam e l'università

Dopo i fatti del Vietnam, Hirschman non è più entrato nel mondo accademico, ma ha proseguito la sua attività come poeta e traduttore, fino al suo trasferimento a San Francisco; dal 1972 questa città ai confini del sogno americano, sul baratro della frontiera, è stata patria d'elezione per il poeta originario di New York, che non l'ha più abbandonata se non per i suoi frequenti viaggi in Europa in compagnia della moglie, la poetessa e pittrice Agneta Falk. A San Francisco, i rapporti editoriali con Lawrence Ferlinghetti si fecero più stretti, trasformandosi in un sentimento di profonda amicizia. Il giorno del nostro incontro al Caffè Trieste, Hirschman mi regalò The Ferlinghetti Arcane, un libretto sottile appena pubblicato, con una poesia dedicata all'amico in occasione del cinquantesimo anniversario del loro incontro. «Arcano, Arcane, è una parola che in inglese è usata come aggettivo. Io la intendo come sostantivo, per indicare un "canto". Questa è la forma attraverso cui il linguaggio, la filologia, la filosofia, il misticismo... vengono messi al servizio della rivoluzione sociale e culturale. Gli Arcani servono a dare forza alla gente nella lotta contro i fascismi della loro vita, una lotta spesso personale, non per forza politica. È il caso del David Arcane, che scrissi per la morte di mio figlio».

Il rapporto con la beat generation

Un rapporto, quello con Ferlinghetti, tanto più forte quanto fondato su profonde differenze ideologiche e poetiche: «Lawrence è un poeta populista, simpatico. Io scrivo in una maniera più difficile da affrontare, in primo approccio. All'inizio lui criticava spesso questo aspetto della mia poetica. Inoltre, dal punto di vista politico, Lawrence è anarchico, mentre io sono sempre stato legato al partito comunista, per quanto criticamente. Del resto, non è giusto attaccarsi ad una certa idea di comunismo che rischia di precipitare nel reazionario. È un'ideologia nata più di cento anni fa e che ha bisogno di essere rinnovata in relazione al mondo che cambia».
La vicinanza alla cerchia dei poeti di San Francisco e l'amicizia con Ferlinghetti, non fanno di Hirschman un poeta beat, come molti invece si ostinano a definirlo. Jack torna costantemente a prendere le distanze da quel gruppo:«La beat generation è molto interessante per queste ragioni: è una risposta sorta dagli stessi stimoli del movimento per i diritti civili. Kerouac ha tradotto in poesia il linguaggio del jazz, collegato alla liberazione dello spirito e del corpo dalla schiavitù. Il movimento dei diritti civili nasce nel 1956 e On the road viene pubblicato nel 1957: questa connessione è fondamentale».
Tutto quello che è stato dopo - mi spiega Hirschman - non è nient'altro che status symbol, un atteggiamento sterile che vive sul mito. «Al di là delle connessioni con la cultura afro-americana, il Beat non possiede una particolare filosofia, ma una sostanza, la Marijuana, che è anche il prodotto più esportato dalla California, per quanto illegale


. La sostanza della beat generation, il suo status symbol , si basa sul lavoro nero, illegale, di sfruttamento, che le persone accettano e tacitamente ammettono, pur di fare uso di questa droga».

Nel piccolo salotto nel centro di Roma, Jack Hirschman ha lanciato un appello a tutti i giovani poeti: non soccombere al mito. Fare in modo che la poesia diventi azione contro le discriminazioni. Aderire alla Revolutionary Poets Brigade perché il potere della poesia riesca a scavalcare ogni confine. «Ciascuno di noi dovrebbe imparare da uno dei più alti esponenti che la letteratura abbia mai avuto, Pier Paolo Pasolini. Dal suo nome faccio derivare un acronimo: P.P.P.: Passione, Provocazione, Profezia. Questo è tutto ciò a cui la poesia dovrebbe tendere, per essere veramente grande».

Fonte:


@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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