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mercoledì 15 maggio 2013

Il volto di Medea

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Il volto di Medea

di Mario Centrone



Il mito

Giasone, allevato dal centauro Chirone, diventato adulto si reca a lolco in Tessaglia dove rivendica al sovrano il trono usurpato a suo padre. Pelia, il tiranno, è disposto a restituirgli il regno purché Giasone riporti in Tessaglia il vello d'oro, simbolo della perennità, del potere e delle leggi. Giasone parte con gli Argonauti alla conquista del vello che si trova in Colchide, sulle rive del mar Nero. Vi regna Età, padre di Medea, la maga. Medea, innamorata di Giasone lo aiuta nella conquista del vello. I due dopo il rapimento fuggono e Medea porta con sé il fratello Absirto che fa a pezzi durante il tragitto per ritardare l'inseguimento del padre. Tornati a lolco consegnano il vello d'oro a Pelia che non vuole cedere il regno e li scaccia dalla città. Giasone si rifugia con Medea a Corinto dove il re Creonte offre a Giasone in sposa la figlia. L'eroe accetta e ripudia Medea con i figli avuti dalla loro unione. Deriva da questo la vendetta della maga che uccide la promessa sposa e il padre Creonte, poi ammazza i propri figli per punire Giasone.

Il coro

II nostro Regno aveva per confine il cielo
ma egli verrà e forerà il cielo
e così il nostro Regno finirà.
Egli riderà mentre noi piangeremo
perché ha sulla bocca il nome di bestemmia
e dove passerà tutto sarà arido.
Egli porterà la fine del nostro Regno
e il sangue sparso per causa sua
cancellerà il sangue sacro a Dio.
Noi conosciamo i campi di viti ma non il mare
noi conosciamo i campi di aglio e di piselli e non il mare
Ed egli viene dal mare, ed egli viene dal mare.
Il sole diventerà nero come un sacco di crine
e tutta la luna si ritirerà nell'ombra
e il vento soffierà senza far rumore.
Cadremo come morti per terra
e quando riapriremo gli occhi
vedremo le cose abbandonate per sempre da Dio.
Mentre staremo pregando
cadremo per terra come epilettici
e quando ci rialzeremo non conosceremo più Dio.
[…]

Così il coro all'inizio della Medea di Pasolini, interpretata dalla Callas. Un coro barbaro, un coro curdo o arabo, un coro struggente che viene da Oriente. Il coro delle donne in nero che vedono la loro terra calpestata dagli invasori, gli Argonauti, comandati da Giasone alla conquista del vello d'oro.
Medea aiuta Giasone nell'impresa in cambio dell'affetto e dell'amore. Lo segue nella sua patria, ma viene tradita. Giasone tradisce la sua bellezza, la sua femminilità per sposare un'altra donna. Allora la vendetta, la potenza infinità della irrazionalità che in questo caso diventa la richiesta del diritto all'esistenza, come donna, come madre, come barbara. Medea ha lasciato la sua terra, la sua gente per amore, ma la legge maschile rappresentata da Creonte le impone di lasciare la terra dove è giunta con i suoi due figli. Deve tornare nel mondo arcaico e barbaro da cui proviene perché rappresenta una minaccia per la legge dell'ordine e del comando sociale.
Credo siano sostanzialmente tre i nuclei forti del film di Pasolini.
I riti tribali del sangue e della terra che si presentano nelle prime scene con l'offerta sacrificale di un giovane al dio della fertilità, il dio della vita, il dio delle sementi, il dio del rizoma. Quelle terre presto saranno calpestate dagli invasori, gli Argonauti, che vengono ad imporre la loro legge, a strappare la legge da un mondo straniero, originario, barbaro. Un mondo che deve essere ricondotto all'ordine e alla ragione, alla ragione dell'ordine e del comando imperiale.
Il coro delle donne, struggente, lamentoso, un coro funebre che solo le donne del sud del mondo sanno cantare. Con quel canto rivendicano il diritto all'esistenza, il diritto ad adorare il proprio dio, il diritto di sfamare i propri figli. Noi occidentali dobbiamo interrogarci sul senso della nostra civiltà e della nostra cultura nel mondo, di questo mondo. Esso è connesso, si sostanzia del rispetto assoluto e universale della vita, non solo la vita dell'uomo bianco, ma quella di tutti i popoli e di tutte le razze.
Il volto di Medea, quel volto esprime tutto, amore, odio, fertilità, femminilità, la bellezza, sì la bellezza di una donna del Mediterraneo, il calore del suo corpo, quel sacro liquido che ti investe nell'atto d'amore.

Fonte:
http://digilander.libero.it/lepassionidisinistra/n_14/ilvolto.htm

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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