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domenica 31 gennaio 2021

Pasolini - 1960 STENDALI’ - Video

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




1960 

STENDALI’



Cortometraggio
Regia di Cecilia Mangini
Sceneggiatura: Cecilia Mangini
Testo e traduzione: Pier Paolo Pasolini
Voce: Lilla Brignone
Fotografia: Giuseppe Dimitri
Musica: Egisto Macchi

TRAMA:
La ritualità delle prefiche, mestieranti del pianto, è ricostruita in questo splendido documentario che ripercorre in appena dieci minuti la tragedia di una morte nella terra salentina. Il dolore del trapasso è sentito individualmente, ma coralmente partecipato dalla comunità che ne sancisce le parole ed i gesti.

Pier Paolo Pasolini traduce dal dialetto grecanico e reinterpreta il canto di morte che accompagna le immagini del rito.

Stendalì (suonano ancora) 
Didascalia in sovrimpressione: 

Qualcuno è morto. Lo annuncia il suono delle campane: le vicine di casa vengono a consolare le madri, le spose o le sorelle e a piangere con loro. E’ la visita funebre. Poi saranno i soli uomini a accompagnare il morto nel cimitero. Intanto le donne, nella casa, continuano il pianto. Il pianto, così regolato e rituale, è una sopravvivenza arcaica in una società che infatti è per molti versi arcaica: la società delle aree depresse, cioè di quasi tutta l’Italia meridionale. In una simile società, oberata da condizioni economiche a volte disumane, la morte sarebbe intollerabile, priva di senso, se il suo dolore disgregatore non fosse contenuto dal rozzo istituto del “pianto”, per cui le informi manifestazioni della disperazione vengono, per così dire, stilizzate. Alcuni canti funebri – questi, per esempio, dei comuni pugliesi di lingue greca – sono tra le più alte forme della poesia popolare. 

Voce off (testo di P.P. Pasolini): 

Piangete, madri che avete figli, piangete con tutto il vostro dolore, che vi venga dalle foglie dell’anima che vi abbandonano prima del tempo. Viene la morte che non ci rispetta, che ci ha tutti quanto segnati. Piangete a lutto, tutti voi piccini, piangete grandi, piangete ragazzi, questo fiore ha perduto ogni forza e aveva appena sedici anni. Io ti aspetterò, io, o mio figliolo, io ti aspetterò fino alle tre, quando io vedrò che tu non vieni, correrò a cercarti nell'orto e nel cortile. Io ti aspetterò, io, o mio figliolo, io ti aspetterò fino alle cinque, quando io vedrò che tu non vieni, correrò a cercarti da tutti i parenti. Io ti aspetterò, io, o mio figliolo, io ti aspetterò fino alle nove, quando io vedrò che tu non vieni, io perderò ogni speranza e se vedrò che tu non vieni e alle dieci non ti fai vedere, alle dieci sarò divenuta terra, terra, terra da seminarvi. Io ti aspetterò, io, o mio figliolo, io ti aspetterò fino all'anno, e quando io vedrò che tu non vieni, annerirò come fuliggine. E tu, cuore arso, piangi, piangi, urla sempre come un bue selvaggio che al mondo hai perduto ogni luce. Me l'avessi detto tu, figlio mio, che tu stavi per partire, ti avrei preparato un canestro con tutta la tua roba. Chi ti preparerà il vestito quando verrà la domenica? Nessuno di tutti che qui stanno. Tu resterai solo. Chi ti laverà la camicia, figlio mio? Te la laverà la lapide e la terra. E chi te la potrà stirare? Te la stirerà la lapide e la terra. Chi ti sveglierà, figlio mio, quando il giorno sarà alto? Là sotto è sempre un sonno, sempre notte buia.




@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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