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giovedì 11 marzo 2021

2 Lettere di Pier Paolo Pasolini - Il Cristo, se tornasse, sarebbe lo scandalo

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Pasolini non è credente in Cristo figlio di Dio
ma crede che in Lui l'umanità sia così alta da andare al di là dei comuni termini dell'umanità stessa

Due lettere e una poesia del saggista, poeta e regista italiano Pier Paolo Pasolini


"Il Cristo, se tornasse, sarebbe lo scandalo" 
(Pier Paolo Pasolini). 

Commenta lo storico Alberto Melloni: 
"Si, perché rappresenta un modo di parlare di Dio che sfugge alle nostre schematizzazioni, che sbriciola i nostri tentativi di rappresentare Dio in una forma fruibile, utile. Il Dio di cui parla Gesù è sempre scandalosamente più buono di come lo vorremmo e, al tempo stesso, sempre scandalosamente più esigente di come a noi farebbe comodo".

Lettera di Pier Paolo Pasolini al Dott. Lucio S. Caruso 
della Pro Civitate Christiana di Assisi, febbraio 1963

Caro Caruso, vorrei spiegarle meglio per scritto, quello che le ho confusamente confidato a voce.
La prima volta che sono venuto da voi a Assisi, mi sono trovato accanto al capezzale il Vangelo: vostro delizioso diabolico calcolo! E infatti tutto è andato come doveva andare: l'ho riletto - dopo circa vent'anni (era il quaranta, il quarantuno, quando, ragazzo, l'ho letto per la prima volta: e ne è nato « L'Usignolo della Chiesa Cattolica », - poi l'ho letto solo saltuariamente, un passo qua, un passo là, come succede...).
Da voi, quel giorno, l'ho letto di seguito, come un romanzo. E, nell'esaltazione della lettura - Lei lo sa, è la più esaltante che si possa fare! - mi è venuta, tra l'altro, l'idea di fame un film. Un'idea che da principio mi è sembrata utopistica e sterile, «esaltata », appunto. E invece no. Col passare dei giorni e poi delle settimane, questa idea si è fatta sempre più prepotente e esclusiva: ha cacciato nell'ombra tutte le altre idee di lavoro che avevo nella testa, le ha debilitate, devitalizzate. Ed è rimasta solo lei, viva e rigogliosa in mezzo a me.
Solo dopo due o tre mesi, quando ormai l'avevo elaborata - e mi era diventata del tutto familiare - l'ho confidata al mio produttore: ed egli ha accettato di fare questo film cosi difficile e rischioso, per me - e per lui.
Ora, ho bisogno dell'aiuto vostro: di Don Giovanni, Suo, dei suoi colleghi. Un appoggio tecnico, filologico, ma anche un appoggio ideale. Le chiederei insomma (e, attraverso lei, con cui ho maggiore confidenza, alla « Pro Civitate Christiana») di aiutarmi nel lavoro di preparazione del film, prima; e poi di assistermi durante la regia.
La mia idea è questa: seguire punto per punto il «Vangelo secondo San Matteo », senza farne una sceneggiatura o una riduzione. Tradurlo fedelmente in immagini, seguendone senza una omissione o un'aggiunta il racconto. Anche i dialoghi dovrebbero essere rigorosamente quelli di San Matteo, senza nemmeno una frase di spiegazione o raccordo: perché nessuna immagine o nessuna parola inserita potrà .mai essere all'altezza poetica del testo.
È questa altezza poetica che così ansiosamente mi ispira. Ed è un'opera di poesia che io voglio fare. Non un'opera religiosa nel senso corrente del termine, né un'opera in qualche modo ideologica.
In parole molto semplici e povere: io non credo che Cristo sia figlio di Dio, perché non sono credente - almeno nella coscienza. Ma credo che Cristo sia divino: credo cioè che in lui l'umanità sia così alta, rigorosa, ideale da andare al di là dei .comuni termini dell'umanità. Per questo dico « poesia »: strumento irrazionale per esprimere questo mio sentimento irrazionale per Cristo. Vorrei che il mio film potesse essere proiettato nel giorno di Pasqua in tutti i cinema parrocchiali d'Italia e del mondo. Ecco perché ho bisogno della vostra assistenza e del vostro appoggio. Vorrei che le mie esigenze espressive, la mia ispirazione poetica, non contraddicessero mai la vostra sensibilità di credenti. Perché altrimenti non raggiungerei il mio scopo di riproporre a tutti una vita che è modello - sia pure irraggiungibile - per tutti.
Spero tanto che abbiate fiducia in me.
Le stringo la mano, affettuosamente, suo
Pier Paolo Pasolini


Lettera di Pier Paolo Pasolini al 

produttore Alfredo Bini, giugno 1963 


Caro Alfredo,
mi chiedi di riassumerti per scritto, e per tua comodità, i criteri che presiederanno alla mia realizzazione del «Vangelo secondo San Matteo».
Dal punto di vista religioso, per me, che ho sempre tentato di recuperare al mio laicismo i caratteri della religiosità, valgono due dati ingenuamente ontologici: l'umanità di Cristo è spinta da una tale forza interiore, da una tale irriducibile sete di sapere e di verificare il sapere, senza timore per nessuno scandalo e nessuna contraddizione, che per essa la metafora «divina» è ai limiti della metaforicità, fino 'a essere idealmente una realtà. Inoltre: per me la bellezza è sempre una «bellezza morale»: ma questa bellezza giunge sempre a noi mediata: attraverso la poesia, o la filosofia, o la pratica: il solo caso di «bellezza morale» non mediata, ma immediata, allo stato puro, io l'ho sperimentata nel Vangelo.
Quanto al mio rapporto «artistico» col Vangelo, esso è abbastanza curioso: tu forse sai che, come scrittore nato idealmente dalla Resistenza, come marxista ecc., per tutti gli anni Cinquanta il mio lavoro ideologico è stato verso la razionalità, in polemica coll'irrazionalismo della letteratura decadente (su cui mi ero fermato e che tanto amavo). L'idea di fare un film sul Vangelo, e la sua intuizione tecnica, è invece, devo confessarlo, frutto di una furiosa ondata irrazionalistica. Voglio fare pura opera di poesia, rischiando. magari i pericoli dell'esteticità (Bach e in parte Mozart, come commento musicale: Piero della Francesca e in parte Duccio per l'ispirazione figurativa; la realtà, in fondo preistorica ed esotica del mondo arabo, come fondo e ambiente). Tutto questo rimette pericolosamente in ballo tutta la mia carriera di scrittore, lo so. Ma sarebbe bella che, amando così svisceratamente il Cristo di Matteo, temessi poi di rimettere in ballo qualcosa. 

Tuo  Pier Paolo Pasolini 


La crocifissione 


Ma noi predichiamo Cristo crocifisso:
scandalo per i Giudei, stoltezza per i Gentili 
 Paolo, Lettera ai Corinti



Tutte le piaghe sono al sole
ed Egli muore sotto gli occhi
di tutti: perfino la madre
sotto il petto, il ventre, i ginocchi, 
guarda il Suo corpo patire.
L'alba e il vespro Gli fanno luce
sulle braccia aperte e l'Aprile
intenerisce il Suo esibire
la morte a sguardi che Lo bruciano.


Perché Cristo fu esposto in Croce? 
Oh scossa del cuore al nudo
corpo del giovinetto... atroce
offesa al suo pudore crudo... 
Il sole e gli sguardi! La voce 
estrema chiese a Dio perdono
con un singhiozzo di vergogna 
rossa nel cielo senza suono, 
tra pupille fresche e annoiate
di Lui: morte, sesso e gogna.


Bisogna esporsi (questo insegna
il povero Cristo inchiodato?), 
la chiarezza del cuore è degna
di ogni scherno, di ogni peccato
di ogni più nuda passione... 
(questo vuol dire il Crocifisso? 
sacrificare ogni giorno il dono 
rinunciare ogni giorno al perdono 
sporgersi ingenui sull'abisso).


Noi staremo offerti sulla croce, 
alla gogna, tra le pupille
limpide di gioia feroce, 
scoprendo all'ironia le stille
del sangue dal petto ai ginocchi, 
miti, ridicoli, tremando
d'intelletto e passione nel gioco 
del cuore arso dal suo fuoco, 
per testimoniare lo scandalo.


(Pier Paolo Pasolini, L'usignolo della chiesa cattolica, 1958

IV. Paolo e Baruch (1948.1949, Meridiani, Milano, 2001)



@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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