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lunedì 15 marzo 2021

1966, Pier Paolo Pasolini, Totò e il Corvo

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

Fra' Ciccillo si inginocchia e fa voto di non muoversi finché non sarà riuscito a parlare con i falchi

 

1966, Pier Paolo Pasolini, Totò e il Corvo
“I professori vanno mangiati in salsa piccante, però chi li mangia
e li digerisce diventa un po’ professore anche lui”
Pier Paolo Pasolini

1966, Pier Paolo Pasolini, Totò 
Da "Le recensioni di ROBYDICK"

Ci ho pensato a lungo su cosa dire di questa suggestiva ed allegorica fiaba, ma visto che lo stesso Pasolini l'ha descritta minuziosamente, e senza spoiler, ho pensato di lasciare a lui la parola. Io mi limiterò a qualche commento didascalico sui frame.

Non ho mai "messo al mondo" un film così disarmato, fragile e delicato come Uccellacci e uccellini. Non solo non assomiglia ai miei film precedenti, ma non assomiglia a nessun altro film. Non parlo della sua originalità, sarebbe stupidamente presuntuoso, ma della sua formula, che è quella della favola col suo senso nascosto. Il surrealismo del mio film ha poco a che fare col surrealismo storico; è fondamentalmente il surrealismo delle favole [...] 
Questo film che voleva essere concepito e eseguito con leggerezza, sotto il segno dell'Aria del Perdono del "Flauto Magico", è dovuto in realtà a uno stato d'animo profondamente malinconico, per cui non potevo credere al comico della realtà (a una comicità sostantivale, oggettiva).
L'atroce amarezza dell'ideologia sottostante al film (la fine di un periodo della nostra storia, lo scadimento di un mandato) ha finito forse col prevalere. Mai ho scelto per tema di un film un soggetto così difficile: la crisi del marxismo della Resistenza e degli anni Cinquanta, poeticamente situata prima della morte di Togliatti, subita e vissuta, dall'interno, da un marxista, che non è tuttavia disposto a credere che il marxismo sia finito (il buon corvo dice: "Io non piango sulla fine delle mie idee, perché verrà di sicuro qualcun altro a prendere in mano la mia bandiera e portarla avanti! È su me stesso che piango...").
Ho scritto la sceneggiatura tenendo presente un corvo marxista, ma non del tutto ancora liberato dal corvo anarchico, indipendente, dolce e veritiero. A questo punto, il corvo è diventato autobiografico, una specie di metafora irregolare dell'autore.
Totò e Ninetto rappresentano invece gli italiani innocenti che sono intorno a noi, che non sono coinvolti nella storia, che stanno acquisendo il primo jota di coscienza: questo quando incontrano il marxismo nelle sembianze del corvo. La presenza di Totò e Ninetto in questo film è il frutto di una scelta precisa motivata da un'altrettanto precisa posizione nell'ambito del rapporto tra personaggio e attore.
Ho sempre sostenuto che amo fare film con attori non professionisti, cioè con facce, personaggi, caratteri che sono nella realtà, che prendo e adopero nei miei film. Non scelgo mai un attore per la sua bravura di attore, cioè non lo scelgo mai perché finga di essere qualcos'altro da quello che egli è, ma lo scelgo proprio per quello che è: e quindi ho scelto Totò per quello che è. Volevo un personaggio estremamente umano, cioè che avesse quel fondo napoletano e bonario, e così immediatamente comprensibile, che ha Totò. E nello stesso tempo volevo che questo essere umano così medio, così "brava persona", avesse anche qualcosa di assurdo, di surreale, cioè di clownesco, e mi sembra che Totò sintetizzi felicemente questi elementi.


Nel mio Olimpo ovviamente, così come nel Suo.
Questo film lo vidi molti, troppi anni fa senza riuscire a finirlo, ostacolo l'immaturità e la ricerca di messaggi diretti, di un senso letterale in quello che vedevo, approccio diametralmente opposto a quello che occorre per apprezzarlo. Stasera invece mi sono fatto rapire dalla sua dolcezza e mi sono persino divertito in molti frangenti.
Nota bene: tutti i commenti sotto sono strettamente personali, non attribuibili in alcun modo al vero senso del film, tanto meno a Pasolini.

Dopo un curioso inizio, coi titoli di testa cantati a guisa di stornelli, molto simpatico ed allegro, compare questa didascalia e mi sono fatto delle risate carpiate! ho capito subito che c'era nel film un taglio critico verso una ricerca troppo intellettuale del comunismo, ideologia che già ai tempi rischiava di staccarsi dalla sua base principale, quella della povera gente, quasi mai istruita. Risposta, quella di Mao, all'insegna del "chi se ne frega", conta in primis quello che si fa ora, nell'immanente, il futuro ne sarà conseguenza. Ovviamente è anche la risposta in sé a contenere altri messaggi, ma il discorso si dilunga troppo.



Ci sono una serie di cartelli stradali bizzarri come questo, non so se sono veri, mi pare improbabile, ma sono esilaranti e significativi. Luoghi intitolati a disgraziati a vario titolo. Be', molto più divertenti dei vari generali, intellettuali, scrittori, ecc... che tempestano la nostra toponomastica viaria.





Bellissima questa immagine durante l'evangelizzazione dei falchetti, sembra un presepe. Diverse scene richiamano momenti significativi del vangelo, come ad esempio la cacciata dei mercanti dal tempio.


Tanto per dissipare qualche dubbio, Pasolini ci viene incontro.



Altra simpaticissima idea, compaiono ogni tanto questi improbabili cartelli stradali, sembrano quelli dei cartoni animati quando i protagonisti si perdono in luoghi remoti. Il mondo è piccolo? Forse, sicuramente alcune "regole di vita" sono uguali ovunque, lo si può tenere a mente.





Il funerale del citato Palmiro Togliatti: qui sopra una sua foto, sotto l'imponente celebrazione. Personaggio discusso e discutibile, ha costituito una prima fondamentale linea di demarcazione per la sinistra, gestito un periodo le cui complicazioni a noi ora risultano molto difficili da interpretare.



Chissà se quel sole che scende in lontananza si chiama o meno Avvenire?
Certo è che i nostri 2 personaggi comunissimi nel finale al corvo non l'han trattato proprio bene.









*  *  *
"Vengo da lontano, il mio paese è ideologia"
Uccellacci e uccellini, di Maurizio Macchi 

Stilisticamente "Uccellacci e uccellini" è un film insolito, fresco, estroso e, per questo, eccezionalmente geniale ed affascinante. Strutturato in una narrazione episodica (addirittura il progetto iniziale di Pasolini prevedeva un film in tre parti intitolate rispettivamente L'uomo bianco, Uccellacci e uccellini e Laggiù), la pellicola si dipana, a metà fra l'onirico e il surreale, attraverso varie situazioni che Totò e Ninetto - che interpretano padre e figlio - si trovano a vivere. Principalmente, come cornice a queste situazioni, c'è il loro incontro con un corvo parlante, che li segue ovunque e che, rifacendosi alla filosofia marxista, analizza in chiave allegorica-politica ciò che succede. A ricordare il ruolo dell'animale, ad un certo punto, c'è anche una pausa narrativa che rammenta, attraverso una didascalia, che per chi avesse dubbi o si fosse distratto, il corvo è un intellettuale di sinistra - diciamo così - di prima della morte di Palmiro Togliatti.
"Uccellacci e uccellini" è infatti il film di Pasolini nel quale emerge più vistosamente la sua visione politica della società, dell'Italia, del mondo. Utilizzando le varie tappe del viaggio dei due protagonisti, il regista si trova ad affrontare alcuni dei temi a lui più cari, dalla crisi del marxismo negli anni '60 al ruolo dell'intellettuale nella società, dall'accusa all'ottusità del capitalismo alla necessità della rivoluzione proletaria, passando per le sempre maggiori differenze fra le classi sociali e prevedendo la deriva del Terzo Mondo. Tutto questo senza mai diventare morboso o pesante, ma anzi riuscendo sempre contemporaneamente a stimolare lo spettatore e a mantenere alti i tassi ironici. Impossibile infatti, per esempio, dimenticare il racconto del corvo di Fra Ciccillo e Fra Ninetto (sempre interpretati da Totò è Davoli), seguaci di San Francesco ai quale viene affidato il compito di predicare a falchi e passerotti.Presentato in concorso a Cannes 1966 dove l'assurdo Totò, l'umano Totò, il matto Totò, il dolce Totò ricevette anche un premio speciale per la sua interpretazione, "Uccellacci e uccellini" è il film di Pier Paolo Pasolini al quale il regista bolognese, affermando che «il più povero è il più bello», era maggiormente affezionato. Protagonista della pellicola insieme al principe De Curtis è l'innocente, il furbetto Ninetto Davoli, formalmente qui al suo film d'esordio (ma che aveva già recitato una piccola parte non accreditata ne "Il vangelo secondo Matteo", sempre di Pasolini). Questa coppia di interpreti e la loro incredibile sintonia sono sicuramente uno dei tanti punti di forza del film che, sin dai curiosi titoli di testa, sa rendersi molto interessante, originale, bizzarro e divertente. Essi sono infatti cantati (da Domenico Modugno) sulla musica composta dal maestro Ennio Morricone, che con la sua colonna sonora ispessisce ulteriormente la pellicola.



*  *  *

Pasolini e Totò a Tuscania con il film Uccellacci e uccellini
di Giacomo Mazzuoli

San Francesco parla agli uccelli
Il corvo parlante che ha incontrato Totò e Ninetto racconta ai due la storia dei Frati Ciccillo e Ninetto
che nel 1200 incontrarono San Francesco che parlava agli uccelli
(sullo sfondo il complesso di San Pietro a Tuscania)

Sarà stata sicuramente una strana coppia quella che si formò sul set di Uccellacci e Uccellini tra il funambolico Totò, ormai a fine carriera, e il poeta regista Pierpaolo Pasolini. Siamo nel 1966 e questa originale troupe si sposta a Tuscania per riprendere le scene di ambientazione medievale del film. Recentemente abbiamo avuto modo di rivedere l’opera restaurata su DVD e ci hanno entusiasmato le immagini: sarà stato per la grande ispirazione del regista, per la bellissima fotografia o anche perché vedevamo dei posti familiari con l’occhio di un grande poeta. Abbiamo estratto alcune immagini in cui sono riconoscibili i luoghi della Tuscania di 40 anni fa, quella di prima del terribile terremoto del 6 febbraio 1971, e ve li presentiamo narrandovi anche un po’ di trama del film.

Fonte: CANINO.INFO

*  *  *

I frati Ciccillo e Ninetto partono per la loro missione
San Francesco incarica i frati Ciccillo e Ninetto di convertire i Falchi e i Passeri.
I due partono per la loro missione, sullo sfondo il colle di San Pietro.

Ninetto porta sulle spalle Ciccillo...
Fra' Ninetto porta sulle spalle Fra' Ciccillo, siamo all'inizio della salita
che conduce alla chiesa di San Pietro, visibile in alto a sinistra. 

L'opinione di Florian Klose su Uccellacci e uccellini

Ricordo vagamente una frase di Nietzsche: "nel mondo c'è fin troppo poco amore, e dunque non è il caso di concentrarlo su un essere immaginario"... e tuttavia in questo film non mi pare si voglia passare un messaggio di tipo ateistico, quanto piuttosto sbeffeggiare un certo cattolicesimo di maniera. Mi risulta difficile parlare o anche solo riflettere su questo documento che è davvero poliedrico; tanto per comunciare, i nomi delle vie che di solito sono intitolati a fatti o personaggi insigni, qua vengono stornati verso un uomorismo fanciullesco eppure con doppio fondo intellettuale. La scena finale con Femi Benussi ribadisce il classico e generalizzato modo ipocrita di andare a puttane: si fa ma di nascosto, e non si dice. Non manca il protagonista disinibito, incorrotto dalla cultura piccolo borghese che Pasolini tanto detestava... il problema è che si mangia l'intellettuale, di comune accordo con l'ottimo Toto (fra l'incudine e il martello del rapporto debito credito). Mirabolante e mirevole la scena della fuga con gli scoppi di guerra, manifesto o forse, semplice rappresentazione contro/dei conflitti interplanetari e condiminiali per lo Spazio Vitale (in realtà per questioni stantie di principio).
Tutto bello, dalla recitazione al bianco e nero (più bianco che nero) al balzo indietro nel tempo con cacciata delle matrone dal tempio alla sceneggiatura. Valori aggiunti del film: il ricorso spontaneo al linguaggio dialettale e la colonna sonora.

Fonte: FILMTV.IT
*  *  *

... sullo sfondo la valle del Marta
Fra Ciccillo è sempre sulle spalle di Ninetto, sullo sfondo al valle del fiume Marta.



Uccellacci e uccellini
di Gianfranco Massetti 


Totò e Ninetto, padre e figlio, giungono dalla campagna e camminano verso la periferia in costruzione di una città. Sopra di loro la luna mattutina ammicca dalle nuvole ed offre a Totò un’occasione per conversare con suo figlio:

Totò: “Con la luna nun se prende!”
Ninetto: “Chi te l’ha detto? E perché?”
Totò: “Perché s’ammusa. E tocca aspetta l’alta marea.”
Ninetto: “A la faccia del caciocavallo! L’alta marea!”
Totò: “Sì, sei ora per sei ora, alta marea e bassa marea. E allora tocca aspettà!”
Ninetto: “E che è st’alta marea? Da che dipende?”
Totò: “Hai visto mai l’immonnezza che porta er mare su l’arena? Da che dipende quello?”
Ninetto: “Boh!”
Totò: “ E’ la luna che cià ‘na forza de gravità, co’ la quale l’acqua se alza ….”
Passando di periferia in periferia, mentre discorrono della vita e della morte, i due incontrano sulla loro strada uno strano compagno, un Corvo parlante che li interroga sulla ragione del loro viaggio e su quale sia la meta.
Di fronte alla reticenza dei due campagnoli, il Corvo dichiara di venire da lontano e di essere uno straniero. La sua patria, dice in tono sarcastico, si chiama Ideologia e vive nella capitale, la Città del Futuro, in via Carlo Marx ….
Già da questo esordio il Corvo presenta le sue credenziali d’intellettuale di sinistra, ma i due proseguono il viaggio in sua compagnia senza dargli eccessivamente retta.
Infatti, il Corvo, pur suscitando un grande rispetto, è percepito dai due come uno scocciatore, ed i suoi discorsi hanno il solo potere di provocare a Totò un mal di pancia che lo costringe a sgravarsi dei suoi bisogni in un campo.
Sorpreso dal proprietario e dai suoi parenti in questa situazione d’imbarazzo, Totò ingaggia una discussione che degenera in rissa, con la fuga precipitosa di lui di Ninetto e del Corvo, incalzati da pallettoni di carabina.
Dopo una tirata del Corvo sulla proprietà privata, segue un intermezzo nel quale questi racconta a Totò e Ninetto una storiella edificante su due compagni di San Francesco che furono da lui mandati a predicare il Vangelo agli uccelli.

Improvvisamente siamo così ricondotti indietro di qualche secolo, in un magnifico e incontaminato paesaggio umbro. Interpreti della storia sono gli stessi Totò e Ninetto che vestono gli umili panni di frate Ciccillo e frate Ninetto, incaricati di convertire i volatili alla buona novella. Iniziando ad affrontare il suo compito dalla parte più ardua, frate Ciccillo riesce a convertire per primi i falchetti, che rispondono di buon grado alla chiamata del Signore. Nondimeno, la conversione dei passeri sarà alquanto più difficile del previsto, ma avendo esaurito nell’arco di due anni il compito loro affidato da San Francesco, i due frati sono sulla via del ritorno.
Mentre frate Ciccillo rivolge alla natura un Cantico delle creature sui generis, un falchetto piomba improvviso dall’alto del cielo su un povero passero che si era posato nel campo alla ricerca di qualche seme con cui nutrirsi. Una volta giunti da San Francesco, frate Ciccillo sostiene che passeri e falchetti sono sì convertiti, ma che tra di loro “si sgrugnano” e non c’è niente da fare, perché questa è la fatalità del mondo.
Ma il Santo rimanda indietro i due frati con la raccomandazione di ricominciare tutto da capo: ciò che non hanno capito nell’annunciare la buona novella è che bisognava spiegare a passeri e falchetti non solo che questo mondo non va, ma che si deve cambiarlo. Resi consapevoli dell’ undicesima tesi su Feuerbach di Karl Marx, i due frati ritornano così sui loro passi.
Intanto, il Corvo Totò e Ninetto incontrano una compagnia di attori girovaghi e dopo averli aiutati a spingere la macchina assistono ad una rappresentazione della storia di Roma. Totò acquista da uno di loro un unguento che gli viene spacciato come rimedio per i calli. Ma quando Ninetto legge le istruzioni si accorge che si tratta in realtà di una crema antifecondativa. La circostanza offre così l’occasione al Corvo per altre considerazioni sul problema della sovrappopolazione mondiale eccetera. 
Infine, i tre compagni giungono davanti ad un cascinale di campagna mezzo diroccato. Totò deve riscuotervi un debito, ma i due coniugi che lo abitano non hanno da mangiare né per sé né per i loro figli. Di fronte alle preghiere della donna, Totò è però irremovibile: la Madonna deve pregare, non lui, dal momento che “Busnes is busnes”. Il Corvo non giudica, ma commenta. Totò si è comportato da piccolo borghese, ed è semplicemente vittima di un mondo in cui il pesce grosso mangia il pesce piccolo. Ma deve stare attento a che qualcuno più grosso di lui non lo mangi. E questo qualcuno è l’ingegnere a cui Totò deve corrispondere l’affitto dei terreni. Di fronte all’ingegnere, nella sua bella villa dove sono accolti illustri professori che parlano di Dante e di letteratura, Totò chiede una dilazione sul pagamento, accampando la scusa dei diciotto figli, del trattore incidentato e dell’inclemenza delle stagioni. Ma l’ingegnere gli risponde che lui è un uomo d’affari e che pretende i suoi soldi.
Di nuovo in cammino, il Corvo Totò e Ninetto incrociano prima i funerali di Togliatti e quindi su una strada di campagna fanno conoscenza con Luna, una prostituta, il cui nome richiama evocativamente il dialogo all’inizio del film tra Totò e Ninetto. Dopo che padre e figlio si sono alternati fra le braccia della ragazza, il Corvo vuole offrire un saggio anche qui delle sue conoscenze sociologiche e “di quanti problemi si potrebbe parlare a proposito di puttane!” ….
Affamato ed esausto a causa del cammino e dei discorsi del Corvo, Totò ad un certo punto mette il figlio al corrente di un certo progetto culinario. Avvicinandosi quindi al Corvo, con gesto affettuoso, lo strozza. Quando Totò e Ninetto si allontanano, del Corvo restano solo le zampe, qualche piuma e dei residui carbonizzati. Ma il Corvo l’aveva previsto. Secondo una frase dell’insigne filologo Giorgio Pasquali, da lui stesso citata, “I maestri sono fatti per essere mangiati in salsa piccante”.

Concepito originariamente in tre episodi (“L’uomo bianco”, “Uccellacci e uccellini” e “Laggiù”), il film allude al percorso ideologico del regista che, di fronte alla crisi del marxismo degli anni cinquanta, approda ad un marxismo in linea con la continua evoluzione della società e che non solo tiene presenti l’esperienza terzomondista e quella del comunismo cinese, ma fa propria anche la dimensione escatologica della riflessione religiosa (cfr. P. P. Pasolini, Per il cinema, tomo I, Milano 2001, pp. 824-831).
L’episodio della prostituta che prelude al gesto di cannibalismo intellettuale nei confronti del Corvo, simbolico rappresentante del veteromarxismo, si spiega a partire da un’intervista di Fidel Castro, dopo la rivoluzione cubana. Al giornalista che gli chiedeva quali provvedimenti avrebbe preso contro le prostitute, che ancora imperversavano per l’Avana, Fidel aveva risposto che non aveva intenzione di fare alcunché, dal momento che questo problema è come una cartina al tornasole (o al tornaluna, se si vuole). Esso avrebbe trovato il proprio superamento quando la società sarebbe veramente cambiata.
Dei discorsi del Corvo consegnati da Pasolini alla sceneggiatura, ma che non hanno riscontro nella realizzazione cinematografica, uno merita di essere ancora ricordato:
“Uno spettro si aggira per l’Europa, è la crisi del marxismo. Eppure bisogna a tutti i costi ritrovare la via della rivoluzione, perché mai come oggi il marxismo si è presentato come unica possibile salvezza dell’uomo. Esso salva il passato dell’uomo, senza il quale non c’è avvenire. Il capitalismo dice di voler salvare il passato, in realtà lo distrugge: la sua conservazione è sempre stata una manutenzione da museo, cretina e distruggitrice. Ma oggi la rivoluzione interna del capitalismo rende il capitalismo così forte, da fregarsene del passato. Egli può ormai permettersi di non rispettare più i suoi antichi pretesti, Dio, la Patria, ecc. La reazione si presenta ormai come partito giovane, dell’avvenire. Prospetta un mondo felice in mano alle macchine e pieno di tempo libero, da dedicare all’oblio del passato. La rivoluzione comunista si pone invece come salvezza del passato, ossia dell’uomo: non può più promettere nulla se non la conservazione dell’uomo ….”
Si tratta di una riflessione per certi aspetti lungimirante e che descrive in modo sintetico il ritratto intellettuale e il significato della militanza politica di Pasolini.

Fra' Ciccillo e Fra' Ninetto parlano con San Francesco
I frati comunicano a San Francesco che sono riusciti a parlare con i Falchi e con i Passeri
ma sono rimasti profondamente turbati dall'assalto del falco al passero.
San Francesco dice loro di ritornare e predicare la pace agli uccelli.
Qui termina il racconto del corvo e si ritorna all'attualità, con il viaggio 
di Totò e Ninetto nelle periferie di Roma.

Ciccillo: Ecco, frate Francesco, noi i falchi li abbiamo convertiti; e i falchi, come falchi, l'adorano il Signore. E poi, frate Francesco, pure i passeretti li abbiamo convertiti; e pure i passeretti, come passeretti, per conto loro, je stà bbene, l'adorano il Signore.
Ma il fatto è che fra di loro si sgrugnano, s'ammazzano... e... e... e che ci posso fà io se... se... se ci stà la classe dei falchi e la classe dei passeretti, che non possono andà d'accordo fra di loro.
Francesco: Che ce poi fà?! Ma tutto ce poi fà! Con l'aiuto del Signore!
Ciccillo: Come sarebbe a dì?
Ninetto: Come sarebbe a dì?
Francesco: Sarebbe a dì che dovete andare ad insegnare ai falchi e ai passeretti tutto quello che non hanno capito e che voi dovevate faje capì!
Ciccillo: Come?
Ninetto: Come?
Francesco: Bisogna cambiallo questo mondo, fra Ciccillo! È questo che non avete capito! Un giorno verrà un uomo dagli occhi azzurri e dirà: «Sappiamo che la giustizia è progressiva, e sappiamo che man mano che progredisce la società si sveglia la coscienza della sua imperfetta composizione e vengono alla luce le disuguaglianze stridenti e imploranti che affliggono l'umanità». Non è forse questa avvertenza della disuguaglianza tra classe e classe, tra nazione e nazione, la più grave minaccia della pace! Andate e ricominciate tutto daccapo, in lode del Signore.
Ciccillo: Andiamo, Niné! Ricominciamo, sù! Andiamo, sù, figlio mio, non t'avvilì! Non t'avvilì! Coraggio, coraggio, sù, allegri!

Fra' Ciccillo e Fra' Ninetto tornano da San Francesco ma...
Dopo essere riusciti a comunicare con i Falchi e con i passeri i frati tornano da San Francesco
ma sulla strada vedono un Falco che assale un Passero e se lo mangia.
Sullo sfondo si staglia il complesso di San Pietro.
 

I passeri parlano con Fra' Ciccillo
I passeri finalmente comunicano, saltellando con Fra' Ciccillo.
Qui un particolare della splendida facciata di San Pietro a Tuscania

Fra Ninetto gioca a campana (cianchetta) sul lastricato della chiesa di San Pietro.
Fra Ninetto, esausto dopo tanto tempo dedicato alla preghiera, si concede qualche minuto
di spensieratezza giocando a campana (cianchetta) sul lastricato del cortile della chiesa di San Pietro.
Questo darà l'ispirazione a Fra' Ciccillo per capire che i Passeri
comunicano saltellando e non con il canto.


Ciccillo: Altissimo, onnipotente, bon Signore, | quanto sò contento che c'è il sole | e quanto sò contento pure che c'è l'acqua | così chi è zozzo ce se lava la faccia.
Ninetto: Sede contento, eh, frate Cicillo, eh, eh?
Ciccillo: Laudato sii, o mio Signore, pe' sto somaro, per tutte queste pecore, e pe' sto pecoraro, vah!
Ninetto: Amen!
Ciccillo: Laudato sii, o mio Signore, pe' sto santo mondo | che ce vonno campà tutti, pure quelli che non ponno.
Ninetto: Amen!
Ciccillo: Beata l'erba fresca, l'ortica, la cicoria, | e chi se la magna, che Dio l'abbia in gloria! | E guai a quelli che morranno ne li peccati mortali | che me dispiace tanto vedé sti bbrutti funerali!
Ninetto: Amen!
Ciccillo: Laudato sii, o mio Signore, per la contentezza che stà nei cuori | e perché tutto quello che ci dai son rose e fiori.

I pellegrini invadono lo spazio di Fra' Ciccillo
I pellegrini accorrono alla notizia dei presunti miracoli di Fra' Ciccillo. Costruiscono persino
un altare votivo davanti a lui; in realtà lo infastidiscono a tal punto che egli non riesce più
ad ascoltare il canto dei passeri. A mali estremi estremi rimedi, si alza e caccia via
tutti quanti. In questa scena la facciata della chiesa di San Pietro vista dall'arco del cortile.

I pellegrini accorrono intorno a Fra' Ciccillo
Si è sparsa la voce che Fra' Ciccillo è un santo. I pellegrini accorrono da ogni dove.
Qui siamo davanti all'ingresso principale della chiesa di San Pietro.

Fra' Ciccillo tenta di parlare ai passeri

"Il buon corvo dice: "Io non piango sulla fine delle mie idee, perché verrà di sicuro qualcun altro a prendere in mano la mia bandiera e portarla avanti! È su me stesso che piango...".

Tratto dalla sceneggiatura del film 
"Non ho mai "messo al mondo" un film così disarmato, fragile e delicato come Uccellacci e uccellini. Non solo non assomiglia ai miei film precedenti, ma non assomiglia a nessun altro film. Non parlo della sua originalità, sarebbe stupidamente presuntuoso, ma della sua formula, che è quella della favola col suo senso nascosto. Il surrealismo del mio film ha poco a che fare col surrealismo storico; è fondamentalmente il surrealismo delle favole [...] ".
Totò e Ninetto, padre e figlio, camminano per una strada desolata di periferia, tra viadotti abbandonati e sobborghi colpiti dalla miseria, il nome dei luoghi sembra non avere importanza per Pasolini, i fatti che accadono potrebbero riguardare le periferie di ogni città italiana. I nomi delle vie dei centri abitati non sono reali ma simbolici e sono dedicati a persone disoccupate, a ragazzi scappati di casa a 12 anni, a uomini che hanno svolto lavori umili come lo scopino etc; di tanto in tanto tra le vie compaiono provocatoriamente cartelli stradali strani, indicanti la direzione e la distanza dal sobborgo di paesi ad etnie e culture molto diverse, come la Turchia.
I due viandanti sono accompagnati da un corvo parlante che si presenta come la coscienza critica del marxismo. L'uccello, che una certa tradizione simbolista pare assegnarli una funzione divina dualistica (collegata, da una parte, con la saggezza la preveggenza e la lungimiranza, dall'altra, con la morte e la distruzione, intese nel loro senso più drammatico ed esistenziale), sembra osservare e studiare i cambiamenti sociali e ideologici del paese-Italia dialogando con le masse protagoniste in quel momento della storia, incarnate in questo caso da Totò e Ninetto. Il corvo racconta loro una favola in cui sono protagonisti gli stessi Totò e Ninetto, nelle vesti di due frati mandati da San Francesco ad evangelizzare i falchi e i passeri.
Questi uccelli rappresentano la società del momento nella sua divisione tra classi borghesi e proletarie. Dopo alcuni tentativi, andati a vuoto, di comunicare con gli uccelli e un duro inverno meditativo, nevoso, ricco di preghiere, frate Totò in primavera riesce a simulare finalmente il linguaggio vocale dei corvi, trasmettendo con giubilo ai falchi la lieta notizia evangelica, un annuncio impregnato di pace e amore per il prossimo. I falchi inaspettatamente rispondono, colmi di stupore e meraviglia per i buoni propositi di Dio verso ogni sua creatura.
Con i passeri frate Totò, in un primo momento, nonostante l'esperienza acquisita con i falchi, non riesce a trovare un linguaggio vocale adatto alla comunicazione e la sua insistenza nella ricerca linguistica lo porta allo sfinimento. Un giorno però, vedendo Ninetto fare un gioco simile a quello della campana, saltellando cioè a piedi uniti su un lastricato a quadri, a Totò balza alla mente un'idea geniale: la caratteristica saliente del comportamento dei passeri è il ritmato movimento delle due zampette, veloce e a scatti, improvviso e simile a una danza, il frate pensa che quello potrebbe essere il mezzo idiomatico dei passeri e non il linguaggio privo di senso espresso con il cinguettio, prova quindi a muoversi in quel modo, e dopo qualche istante nota con esultanza che i passerotti rispondono al richiamo.
Il frate riesce quindi a trasmettere anche a loro la lieta notizia evangelica. I passeri dimostrano meraviglia e sbalordimento per il lieto annuncio, anche se subito hanno pensato che la lieta notizia fosse una gratifica da parte di Dio in beni materiali: grano e becchime e non certo l'amore con il creatore e gli altri esseri per una vita pacifica ed eterna nella spiritualità assoluta.
Riusciranno Totò e Ninetto, con l'evangelizzazione, a rendere il mondo degli uccelli pacifico, senza aggressività tra specie diverse? E il loro cammino nel sociale italiano, con il corvo privilegiato osservatore ideologico, dove sfocerà?
La forma metaforica e favolistica del film rappresenta un'Italia attraversata in buona parte dal pensiero marxista e da ideologie borghesi reazionarie. Verso la metà degli anni '60 con la morte di Togliatti, dopo la svolta di Salerno del '43, che vedeva il Partito comunista accettare le regole della democrazia e collaborare alla costruzione di un paese diretto da diversi partiti, intesi come rappresentanti delle numerose espressioni sociali, culturali, economiche dell'Italia; il marxismo compie la sua seconda sterzata storica, questa volta solo psicologica ma di grandi effetti politici: la morte del grande leader comunista getta nello sconforto e nell'incertezza ideologica gran parte degli iscritti e dei simpatizzanti marxisti; la linea della direzione del partito, guidata dall'integerrimo segretario subentrante Longo, mantiene, si, una posizione tattica e strategica di chiara espressione togliattiana ma i suoi risultati di coesione psicologica tra gli iscritti risulteranno insufficienti.
Per la maggior parte dei comunisti di allora marxismo voleva dire rivoluzione, dittatura del proletariato, o protagonismo fortemente riformista nella vita politica del paese, questo nonostante il parziale e tattico tradimento di Togliatti a Salerno nel '43; l'attività politica del grande leader, molto carismatico, sembrava in qualche modo preannunciare un imminente futuro politico dominato democraticamente dal PCI che sarebbe stato in grado, secondo i più, di incidere notevolmente sulle condizioni di vita dei lavoratori e della povera gente in generale.
In seguito il PCI non riuscirà mai ad essere forza di governo e ad attuare riforme consistenti, dalla morte di Togliatti in poi la sua deriva ideologica e utopica sarà costante, scivolando verso una socialdemocrazia popolare di comune impronta europea, con una inevitabile deriva anche psicologica dei militanti più ideologizzati, sconfortati e delusi, sempre più depressi per il forte investimento psichico degli anni precedenti andato perduto. Il declino ideologico arriverà a un punto tale da portare allo scioglimento del nome glorioso di Partito comunista italiano a favore di un termine storicamente più blando per le classi povere: Partito democratico della sinistra.
Pasolini nel '66, con i suoi film, intuisce tutto questo ed elabora la nota teoria della inarrestabilità del processo di uniformità culturale tra ceti diversi", che riguarda l'assimilazione al costume borghese di gran parte delle masse popolari. Quest'ultime desiderano, sognano, pur da una posizione di subalternità, la cultura borghese, con tutti gli svaghi che essa propone, e gran parte dei desideri che animano le attività dei ricchi, in parte rappresentati nei film commedia anni '60 quando ad esempio i borghesi esibiscono in vari modi le loro debolezze, che vanno dai bisogni sessuali sempre più raffinati a un consumismo più simbolico, di status quo. Il proletariato si identifica in tutto ciò alienandosi in un essere altro totalmente virtuale, lungo una dissociazione psichica che cancella ogni sua identità precedente portando le masse proletarie a cercare una soddisfazione solo nella speranza, nell'attesa o in un sogno privo di ogni fondamento reale aventi per oggetto il raggiungimento di un godimento storico nuovo, un piacere comune tra classi diverse.
Inoltre in quel periodo, il maschilismo e la donna oggetto sono propagandati dalla borghesia come richiamo alla bellezza del potere creando una suggestione popolare sempre più vasta che ruota intorno al bel vivere dei benestanti, lo dimostra il boom di vendita dei rotocalchi, che spiano per il popolo, nell'intimità, la vita dei personaggi borghesi più famosi.
Il mito dell'operario massa che può diventare finalmente padrone o piccolo borghese, attraverso le qualità professionali e la intraprendenza, dilaga.
Pasolini, con questo film, prospetta una vittoria borghese su tutti i fronti che sembra farsi beffa delle teorie marxiste, in quanto il miracolo economico degli anni '60 ha spostato il conflitto di classe dalla rivoluzione al riformismo, e con i media ha compiuto un'operazione culturale che ha il sapore di un grande evento storico: l'omogeneizzazione culturale della differenza di classe tra ceti di diversa estrazione sociale.
E' vero quello che dice il corvo a un certo punto del percorso a Totò e Ninetto: "Io non piango sulla fine delle mie idee, perché verrà di sicuro qualcun altro a prendere in mano la mia bandiera e a portarla avanti! È su me stesso che piango...", ma è anche vero che il marxismo da allora in poi sarà nel mondo sempre più minoranza, sia nell'azione che nel pensiero e quindi chiunque abbia poi preso quella bandiera tenuta dal merlo ha avuto, nell'azione di propaganda, scarso successo, rendendo necessarie sempre nuove revisioni della teoria previsionale marxista.
Da sottolineare in questo film il falso ruolo degli attori, che anziché immedesimarsi in un personaggio preciso, recitano se stessi, come voluto da Pasolini. Ogni dialogo e apparizione nella narrazione testimonia in ciascun protagonista, nell'assoluta spontaneità, caratteristiche proprie, sociali, culturali, dialettali, caratteriali. Ciò rende il film di una originalità e autenticità espressiva unica, che ne fa un'opera indubbiamente di gran pregio, dimostrando già allora a molti cineasti-commerciali famosi come lo spazio inventivo, rappresentativo, formale, stilistico nel cinema stava tutt'altro che esaurendosi; occorreva forse solo osare di più, prendersi qualche rischio maggiore al botteghino o in alternativa divenire come Pasolini un vero poeta, un cantore anche per il cinema, tutto di un pezzo, militante.

Fonte: FILMSCOOP
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Ciccillo e Ninetto sulle scale della chiesa di S. Maria
Dopo aver parlato con i falchi Ciccillo e Ninetto vanno a cercare i Passeri.
Qui sono sulle scale della chiesa di Santa Maria Maggiore
  

Fra Ciccillo riesce a parlare ai Falchi
Dopo un anno di preghiera Fra' Ciccillo riesce a parlare con i Falchi
che soggiornavano sui ruderi del colle del Rivellino

È morto un ricco. Qui giace uno pieno di soldi: è morto il più ricco del camposanto. Pensa un po' che fregatura per lui! Beato il poveraccio che pochi hanno saputo che è morto. Scrivono: è morto uno, avanti un altro! E invece no. Per un ricco mori' è come paga' il conto alla vita: paga, sì, ma la vita gli ha dato qualche cosa. Invece il poveraccio paga e dalla vita non ha avuto niente. Che fa il poveraccio? Passa dalla morte a un'altra morte. 

La produzione fu costretta più volte a cambiare il corvo, perché ogni volta l'animale tentava di cavare gli occhi a Totò. Venne così escogitato il sistema che la gabbia del corvo veniva posta dietro la macchina da presa, e ogni volta che questa girava, il corvo la inseguiva


1966
UCCELLACCI E UCCELLINI


Scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini 
Fotografia Tonino Delli Colli, Mario Bernardo; 
architetto scenografo Luigi Scaccianoce; 
costumi Danilo Donati; 
musiche originali Ennio Morricone; 
montaggio Nino Baragli; 
aiuto alla regia Sergio Citti; 
assistenti alla regia Carlo Morandi, Vincenzo Cerami. 

Intepreti e personaggi Totò (Innocenti Totò - Frate Ciccillo); Ninetto Davoli (Innocenti Ninetto - Frate Ninetto); Femi Benussi (Luna, la prostituta); Francesco Leonetti (la voce del Corvo). E inoltre: Gabriele Baldini, Riccardo Redi, Lena Lin Solaro, Rossana di Rocco, Cesare Gelli, Vittorio La Paglia, Flaminia Siciliano, Alfredo Leggi, Renato Montalbano, Mario Pennisi, Fides Stagni, Giovanni Tarallo, Umberto Bevilacqua, Renato Capogna, Vittorio Vittori, Pietro Davoli. 

Produzione Arco Film (Roma); produttore Alfredo Bini; pellicola Ferrania P 30; formato 35 mm, b/n; macchine da ripresa Arriflex; sviluppo, stampa, effetti ottici SPES; registrazione sonora International Recording (Westrex Sound System); doppiaggio CDC; missaggio Emilio Rosa; distribuzione CIDIF. 

Riprese ottobre-dicembre 1965, teatri di posa Incir De Paolis, Roma, esterni Roma, Fiumicino, Tuscania, Viterbo, Assisi.

Premi XX Festival di Cannes: menzione speciale a Totò per l'interpretazione. Nastro d'argento a Pier Paolo Pasolini per il miglior soggetto originale e a Totò come miglior attore protagonista.  

BIBLIOGRAFIA:
- P.P. Pasolini, Uccellacci e uccellini, (Milano), Garzanti, 1966 (19 febbraio). Sceneggiatura completa
- P.P. Pasolini, L’aigle (Totò al circo), in VIE NUOVE n. 17, Roma, 29 aprile 1965. Soggetto di un episodio girato e non incluso nel film.
- P.P. Pasolini, Fauçons et moineaux, in VIE NUOVE n. 18, Roma, 6 maggio 1965. Soggetto di un episodio.
- P.P. Pasolini, Le corbeau, in VIE NUOVE n. 19, Roma, 13 maggio 1965. Soggetto di un episodio.
- P.P. Pasolini, Uccellacci e uccellini, in P.P. Pasolini, Le belle bandiere, Roma, Editori Riuniti, 1977; pp. 320-337. Riunisce i tre soggetti pubblicati su VIE NUOVE.

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Curatore, Bruno Esposito

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