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Pier Paolo Pasolini, Calderón

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Pier Paolo Pasolini
Il teatro
Calderón
1973

commento di Massimiliano Valente

Calderón è stato l'unico dramma teatrale pubblicato in vita da Pier Paolo Pasolini (presso Garzanti di Milano). Pasolini si rifà al grande tragediografo spagnolo del "Siglo de Oro" Pedro Calderón de la Barca (1600-1681) e alla Vida da es sueno, considerato il suo capolavoro. I personaggi si chiamano, come in Calderón, Basilio, Sigismondo, Rosaura, ma la trama è diversa. Il dramma è ambientato in Spagna, ma nella Spagna franchista del 1967, e si sviluppa, rispetto alla trama, in tre sogni successivi, in tre ambienti: aristocratico, proletario, medioborghese. E' soprattutto una parabola sull'impossibilità di evadere dalla propria condizione sociale.
La protagonista è Rosaura che attraverso il sogno tenta di infrangere e sottrarsi al clima soffocante in cui vive. Ma la diversità di Rosaura, il suo essere donna, madre, figlia, e il suo puerile tentativo di fuga non porterà a nulla, perché il potere la spingerà "a obbedire senza essere obbediente".
"Solo le persone sane e senza dolore possono vivere rivolte verso il futuro! Le altre - malate e piene di dolore - sono lì, a mezza strada, senza certezze, senza convinzioni e magari tuttora, almeno in parte, vittime del conformismo e dei dogmi di una storia ancora più vecchia, contro cui hanno tanto combattuto: e, se poi partecipano alle nuove lotte, lo fanno senza fiducia, senza ottimismo, e con le bandiere che penzolano come stracci. Così, almeno, in questa nottata del 1967".

Così lo speaker si esprime all'inizio dell'opera, e nel segno della diversità si svilupperà Calderón.

Il potere non perdona le persone "malate e piene di dolore", o meglio, le accetta ma soltanto se da "semivuoti" si riempiranno del bene borghese. Lo speaker cosi' chiude l'opera prima del XV e XVI episodio:
"Tutto e' stato curato alla perfezione, dal solito vecchio scenografo ragazzo, innamorato delle materie e delle luci: i lettucci uno sopra l'altro, le coperte lasciate dai morti, i pochi oggetti e i pochi stracci appesi alla parete o abbandonati sul pavimento, i poveri mostruosi esseri umani, distesi su quelle cucce di bestie, coi crani pelati, i gomiti e i ginocchi enormi a causa della magrezza, e così gli occhi, dilatati, cerchiati, e che pure, guardando verso l'obiettivo che ha fissato tutta questa scena, hanno dentro una luce miserabile, quasi vergognosa: un sorriso".
Nel primo sogno Rosaura si innamora di Sigismondo, un ex amante della madre che scoprirà essere suo padre; nel secondo, da prostituta si innamora di Pablito, un ragazzo che scoprirà essere suo figlio, anche se ciò non sarà sufficiente a spegnere la sua passione; nel terzo è una moglie rassegnata al proprio destino che non lotta più ma è preda di deliri da malata, mentre la vita prosegue nel suo lento scorrere, finché si innamora di Enrique, un diciannovenne studente rivoluzionario.

Calderón si chiude con un'ultima incarnazione di Rosaura in uno "scheletro bianco quasi senza più capelli, nella cuccia", lo scheletro vivente di una vittima delle SS naziste, nello stesso salone di reggia de Las meninas trasformato in lager, mentre irrompe il coro degli operai comunisti in veste di salvatori.

Il tema della diversità è dunque ricorrente in tutti i sogni, alla luce di un amore diverso e quindi immorale: la passione per il padre, per il proprio figlio o nella proiezione di un figlio (nell'ultimo sogno lo studente Enrique).

Pasolini stesso, sicuro che Calderón fosse una "delle piu' sicure riuscite formali", recensirà l'opera in risposta alla giovane "nuova sinistra" (che giudico' Calderón "dal punto di vista politico" di una "rilevanza nulla"), e ribadirà come il tema del dramma sia lo scontro tra individuo e potere:
In tutti e tre i suoi risvegli, Rosaura si trova in una dimensione occupata interamente dal senso del Potere. Il nostro primo rapporto, nascendo, è dunque un rapporto col Potere, cioè con l'unico mondo possibile che la nascita ci assegna. [...] Il Potere in Calderón si chiama Basilio (Basileus), ed ha connotati cangianti: nella prima parte è Re e Padre (appare nello specchio - con l'Autore!! - come nel quadro de Las maninas), ed è organizzato classicamente: la propria coscienza di sé - fascista - non ha un'incrinatura, un'incertezza. Nella seconda parte - quando Rosaura si risveglia "povera", sottoproletaria in un villagio di baracche - Basilio diviene un'astrazione quasi celeste (sta nello stanzone de Las meninas vuoto, come sospeso nel cosmo: e da lì invia i suoi sicari sulla terra); infine, nella terza parte, è il marito piccolo-borghese, benpensante, non fascista ma peggio che fascista".
Calderón è andato in scena per la prima volta, in due parti (tra maggio e giugno 1978) al teatro Metastasio di Prato per la regia di Luca Ronconi, con le scene di Gae Aulenti e i costumi di Gian Maurizio Fercioni. Interpreti (tra gli altri) Gabriella Zamparini, Edmonda Aldini, Nicoletta Languasco, Miriam Acevedo, Anita Laurenzi, Carla Bizzarri, Giacomo Piperno, Franco Mezzera, Mauro Avogrado, Giancarlo Prati.

Un'altra edizione teatrale degna di nota di Calderón è stata quella del teatro stabile del Friuli-Venezia-Giulia, per la regia di Giorgio Pressburger, scene e costumi di Sergio D'Osmo, interpreti (tra gli altri) Paolo Bonacelli, Francesca Muzio, Carmen Scarpitta, Marina Dolfin, Gianni Galavotti, Franco Jesurum. La prima si svolse a Pordenone il 7 marzo 1980.

@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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