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I sei errori della polizia di Gian Carlo Mazzini


Una serie di errori ha intralciato il normale svolgimento delle indagini sulla morte di Pasolini, nelle prime quarantott'ore dopo il delitto.
Solo una coincidenza fortunata, il posto di blocco sul lungomare di Ostia dei carabinieri, ha permesso di mettere le mani su Pelosi, confessatosi in un primo tempo ladro di auto, poi assassino. Se la gazzella dei carabinieri non avesse bloccato l'Alfa GT che aveva imboccato a folle velocità una direzione vietata, adesso probabilmente saremmo molto più lontani dalla verità. E, in fondo, non ci sarebbe poi troppo da meravigliarsi, pensando a come si sono mossi e intralciati polizia e carabinieri nelle prime indagini. Solo da giovedì 6 novembre, a settantadue ore di distanza dal ritrovamento del cadavere di Pier Paolo Pasolini, la collaborazione delle forze dell'ordine è diventata più stretta: da quando cioè, anche loro, hanno capito che i punti oscuri, i dubbi e le incertezze erano troppi e che il fatto di avere sotto chiave l'autore confesso di un omicidio, un cadavere e le armi di un delitto, non erano sufficienti a far archiviare la "pratica" Pasolini classificandola come omicidio nel mondo del vizio. Almeno sei errori costellano le prime indagini. Li elenchiamo.

 1. Alle 6.30 di domenica mattina 2 novembre arrivano su una stradetta di terra battuta all'idroscalo tra Ostia e Fiumicino due Giulia della polizia, avvertita della presenza di un cadavere dal figlio di un proprietario delle baracche che sorgono nella zona. Trovano una piccola folla intorno al corpo, che non pensano minimamente d'allontanare.
Tantomeno circondano la zona per bloccare il passaggio. Alle 9 infatti nel rudimentale campo di calcio, a pochi metri dal cadavere di Pasolini, almeno una ventina di ragazzi in magliette e pantaloncini sono impegnati in una partita di pallone che ogni tanto esce dal rettangolo di gioco e che viene rimandato a calcioni dagli stessi agenti. Pochi metri dietro una delle due porte, quella a sud, l'esame sommario del terreno fa scoprire un bastone rotto, insanguinato, con tracce di capelli e cuoio cutaneo e la camicia di Pasolini imbrattata inverosimilmente di sangue sulle spalle fino alla cintola. Tutte le altre eventuali tracce sono andate perdute dal passaggio di macchine e pedoni diretti o alle altre baracche o al campo di gioco, oppure da curiosi. È stato impossibile fare i calchi dei copertoni della macchina di Pasolini e ricostruire l'itinerario. Come non si è potuta accertare la presenza di altre macchine o motociclette.

 2. Nessuno ha pensato di tracciare sul foglio quadrettato a disposizione degli inquirenti i punti esatti dei vari ritrovamenti, che di solito vengono contraddistinti da lettere dell'alfabeto. I carabinieri intanto avevano trasferito Pelosi, confessatosi ladro della GT metallizzata, al carcere per minorenni di Casal del Marmo (appena arrivato in cella, pare che lo stesso Pelosi si sia vantato con i suoi compagni di aver ammazzato Pasolini), e cercavano sulla macchina un anello che Pelosi aveva detto di aver perso.
Alle 9 circa è arrivata alla stazione dei carabinieri di Ostia la segnalazione che era stato trovato Pasolini assassinato. E lì, all'Idroscalo, mandano una pattuglia a cercare l'anello di Pelosi: l'aveva raccolto un maresciallo della polizia di Ostia che se l'era messo in tasca. In quale punto lo aveva trovato? La risposta non può essere stata che vaga. Fino alle 9, insomma, i carabinieri avevano un ladro di auto con la macchina, e la polizia un cadavere che non sapevano com'era arrivato sul luogo.

 3. Fino a giovedi, la macchina di Pasolini era sotto una tettoia nel cortile di un garage dove i carabinieri di solito ricoverano le macchine sequestrate, aperta e senza sorveglianza. Del resto era solo la macchina rubata da un ladro. Chiunque avrebbe potuto mettere o levare indizi, lasciare o cancellare impronte. Alla squadra scientifica è arrivata solo giovedì.

 4. Sul luogo del delitto, la polizia è ritornata solo nella tarda mattinata di lunedi 3 per tentare una ricostruzione del caso, ma senza nessuna misura precisa, con le tracce ormai inesistenti, e ha tentato di ricostruire sia l'investimento mortale di Pasolini che la fuga di Pelosi non con l'Alfa GT del morto ma con una normale Giulia. Ora, la strada dov'è stato ritrovato il corpo di Pasolini è percorsa longitudinalmente da profondissime buche, che, a detta di esperti, è quasi impossibile superare con una GT notevolmente bassa senza toccare il terreno almeno con la coppa dell'olio. La notte tra domenica e lunedì, infine, la zona non era vigilata.

 5. Solo da giovedì gli investigatori hanno cominciato a interrogare gli abitanti delle baracche o i frequentatori della Stazione Termini. Perché? Avevano archiviato tutto? Consideravano chiuso il caso? Non li interessava andare più a fondo nelle indagini?

 6. Sul luogo del delitto non è mai stato chiamato il medico legale.
È chiaro che polizia e carabinieri, certi di trovarsi di fronte a un normale caso di omicidio a sfondo sessuale, con l'assassino già in carcere, hanno ritenuto superfluo ogni accertamento sul cadavere che poteva invece servire per le successive indagini. Queste, ora, ripartono più o meno da zero. L'ipotesi che a uccidere Pasolini non sia stato solo Pino Pelosi si fa strada anche negli inquirenti. Le testimonianze raccolte dall'Europeo" non sembrano più nemmeno ai poliziotti così fantastiche. Così come un delitto che sembrava solo quello di un ragazzo di vita prende un'altra consistenza.


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