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domenica 25 giugno 2023

Pier Paolo Pasolini - Italo Calvino, Le città invisibili - Tempo, 28 gennaio 1973

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pier Paolo Pasolini 


Italo Calvino, Le città invisibili

Tempo, 28 gennaio 1973

(Oggi in Descrizioni di descrizioni)


   Sono cresciuto insieme con Italo Calvino, l'ho visto giovanissimo, quasi un ragazzo (credo che abbia uno o due anni meno di me, ma quando sono entrato nel mondo uscendo dal monastero friulano nel 1950, lui era un po' più adulto, e più dentro le cose della società e della letteratura, che ancora per un pezzo mi sarebbero state precluse, quasi che io non le meritassi, per qualche indegnità - o per troppa ingenuità). Abbiamo lavorato insieme, lui a Torino, io a Roma, fin verso ai quaranta anni, cioè fino a che abbiamo raggiunto il centro della vita ( quarantanni è l'età in cui l'uomo è più «illuso», crede di più nei cosiddetti valori del mondo, prende più sul serio il fatto di dovervi partecipare, di dover impossessarsene. Il ventenne, nei confronti del quarantenne, è un mostro di realismo). Il nostro lavoro, in qualche modo si integrava, benché fosse cosi diverso: e ci legava soprattutto l'ottimismo - come un buon sentimento - consistente nella convinzione che il nostro lavoro fosse al «centro» di qualcosa, e che qualcosa ne dovesse risultare. In modo molto ombroso, ci ammiravamo e ci amavamo, senza molti complimenti, troppo presi dall'importanza di ciò che facevamo per consentirci pause disinteressate.

Pasolini: sono morali «I racconti di Canterbury» - Il processo in appello a Napoli - L'Unità, 20 giugno 1973

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro



Pasolini: sono morali «I racconti di Canterbury»
Il processo in appello a Napoli

L'Unità, 20 giugno 1973

(Trascrizione dal cartaceo curata da Bruno Esposito)

L'Unità, 20 giugno 1973

L'Unità, 20 giugno 1973
Le dichiarazioni del regista nel corso di un interrogatorio di notevole interesse. 

Attesa per il 2 luglio la sentenza.

Nostro servizio

NAPOLI, 19

«Vi è oscenità soltanto là dove c'è volgarità; nella mia opera di volgarità non ve ne è neppure l'ombra; quindi ritengo il mio film non soltanto privo di oscenità, ma, per i motivi che poi illustrerò, addirittura altamente morale».

Con queste parole ha esordito davanti alla I Sezione della Corte di Appello di Napoli Pier Paolo Pasolini nel procedimento voluto dalla Procura generale che impugnò la sentenza con la quale il Tribunale di Benevento dichiarò non osceno perchè opera d'arte, il film Racconti di Canterbury e prosciolse da ogni accusa Pasolini e il produttore Alberto Grimaldi.

L'interrogatorio degli imputati ha avuto una impostazione un po' insolita, di un certo livello. Il presidente Sabelli non si è limitato alle solite domande per l'accertamento di una realtà «esteriore», ma si è sforzato di vedere «dal di dentro» il film di Pasolini; ha cercato cioè di immedesimarsi nella visione che dell'opera aveva avuto lo stesso autore.

PRESIDENTE: « Quale è stata l'idea animatrice del suo film? ».

PASOLINI: «Di questa mia opera debbo parlare su due piani; uno tecnico e uno morale o concettuale. Tecnicamente, mi ero proposto di fare un film che non fosse la semplice illustrazione di un'opera d'arte, ma l'interpretazione di essa, dello spirito libero, addirittura dissacrante che poi caratterizzò tutto l'umorismo inglese. Come idea nel senso più lato, ho voluto fare un film fuori di ogni attualismo, cioè non ancorato a questa o quella realtà o visione contingente, ma a valori universali e permanenti».