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lunedì 28 gennaio 2019

Pasolini e il Manzoni - Di Mario Pozzi

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro





[…] Renzo è una figura espressa dallo "stile comico", e tale rimane, fino alle ultime pagine (solo proprio alla conclusione Renzo diventa un "padrone", e arricchisce approfittando di un bando governativo che permette di tener basso il salario degli operai. Questo sarebbe il reale lieto fine del romanzo! E qui, nelle ultime righe, Renzo diventa di colpo odioso, un piccolo ometto tutto pratico, un lombardo pieno di buon senso certo destinato a diventar moralista per difendere i suoi beni, esattamente come coloro che son stati alleati dei cinici potenti che l'hanno perseguitato). […]
(da Descrizioni di descrizioni, Torino 1979)

Pasolini e il Manzoni

Pasolini e il suo progetto d’un suo film sui Promessi Sposi.
E il suo scritto sul Manzoni in Descrizioni di descrizioni.

Introduzione.

Il romanzo è stato la base miliare per l’Italia immersa nella storia. La storia arcaica e popolare di questo nostro paese, unico al mondo sia per il suo pensiero illuminate, sia per la sua storia poetica e artistica e la sua posizione geografica che lo colloca al centro del Mediterraneo, stretta da i due mari che si allunga dalle alpi, attraverso la spina dorsale degli Appennini ad abbracciare il nord d’Africa dove si è evoluta la nostra storia occidentale.
*** 

Pasolini si definì grafomane e come dargli torto scrisse talmente tanto nella sua vita che il suo contraddirsi nel contraddirsi era soltanto un’evoluzione della sua esperienza sia di vita che letteraria. E da questo contraddirsi che analizziamo il suo rapporto con il Manzoni, nato da un solo articolo su “descrizione di descrizione”e da un progetto di sceneggiatura solamente pensato sui Promessi sposi del 1960 che doveva realizzarsi con Ennio De Concini.
Questo saggio nasce da pochissimi elementi che ho in mano sul pensiero Pasoliniano su l’opera del Manzoni, ma conoscendo profondamente tutta l’opera Pasoliniana, l’ho descritta ampiamente nella mia “Divina mimesis anno domini 2014” ne faccio un’analisi del tutto personale.
Il saggio sul Manzoni, i Promessi sposi e del 26 agosto del 1973 uscito nel libro descrizioni di descrizioni. Questa rilettura e tutta Pasoliniana e del suo modo di concepire la realtà anche se si tratta di realtà romanzata. E dove s’innesta la sua personale tragedia quella dell’omosessualità che nasce dal troppo amore per la madre “ dalla poesia supplica a mia madre”. E il suo dissidio del tutto intimo con il cristianesimo che si porterà dietro per tutta la vita da “L’usignolo della chiesa cattolica a Petrolio”. Bisogna premettere che il risorgimento per Pasolini fu soltanto un movimento borghese quello che poi riprenderà con l’articolo su Valle Giulia dove stava dalla parte dei poliziotti figli di poveri, contro i figli viziati borghesi che credevano di fare una rivoluzione che favoriva solo l’avvento del nuovo potere.
Bisogna precisare che il Manzoni non ha più nessuna attualità nella nostra non storia contemporanea o metastoria, facendo parte della storia – anche i sentimenti che nel romanzo esprime non hanno più nessuna ragione di esistere nell’uomo digitalizzato. Ma quando Pasolini scrisse il saggio la storia ancora sopravviveva a se stessa.
Prima di entrare nella descrizione Pasoliniana dei personaggi del romanzo entriamo nell’ossessione che Pier Paolo aveva verso la sua omosessualità, mai accettata e vista in modo Freudiano che io non condivido dato che la psicanalisi come la psichiatria le reputo scienza riduttive e superate – “e parlo con ragione di causa, dato che sono stato malato di depressione “il male oscuro – il male dell’anima” per dieci anni senza andare mai da un psicologo e non prendendo nessuna medicina, ne sono uscito per grazia ricevuta. La descrivo ampiamente nel mio romanzo – viaggio d’un poeta attraverso la terra dipinta e in quella desolata e nel saggio sulla poetessa Nadia Campana nei miei saggi critici - itinerario nella poesia sublime.
Pasolini parla del Manzoni riferendosi a Renzo come di omosessualità Manzoniana. Manzoni ebbe un’ infanzia e un’adolescenza burrascosa con i rapporti con i genitori che lo misero in collegio di preti e in particolare con la madre, giovane donna che dovette sposare contro la sua volontà un uomo più anziano di lei e che poi lascerà per un altro uomo, Giovanni Verri che si dirà che era il padre del Manzoni. Donna bella e irrequieta lascerà anche il Verri per trasferirsi prima a Londra e poi Parigi con il nobile e ricco Carlo Imbanati e vivere una vita mondana abbandonando il figlio a se stesso. Infanzia e adolescenza totalmente diversa da quella di Pier Paolo, figlio di un ufficiale fascista e di una maestra Friulana, che il padre per esigenza militare portò la famiglia in molte città del nord d’Italia rendendolo un errante. Uomo che Pasolini descrive autoritario, passionale, violento e sessuale che si era mangiato un patrimonio per le sue passioni e dovette scappare il Libia per un processo e che i continui litigi con la moglie scatenando la gelosia e l’attaccamento morboso di Pier Paolo verso la madre, i riferimenti sono molteplici nella sua opera( dal film Edipo re, la prima sequenza è autobiografica e molte delle sue poesie, e alle opere teatrali da Orgia a Bestia da stile ecc …) Fino al ripensamento e il recupero della figura paterna quando dirà nelle poesie dedicate a Maria Callas, da Trasumanar e organizzar, “ tu cerchi in me un padre, ma per me il padre è una persona sconosciuta, che non ho conosciuto ed è soltanto un vuoto nel cosmo”. Ed è in questo contraddirsi continuamente che l’omosessualità Pasoliniana è una cosa non gestibile e tanto meno dalla psicologia. Per tentare di capire la personalità di Pasolini bisogna leggere tutta la sua opera, dall’usignolo della chiesa cattolica al suo ultimo libro Petrolio “ uno e centomila riferito alla sua molteplice personalità”.
Tornando al romanzo Pasolini lo analizza come nelle ultime opere “ empirismo eretico, lettere luterane e scritti corsari”.Contro il perbenismo cattolico democristiano che cerca di mantenere il vecchio potere non rendendosi conto che un nuovo potere vanificava gli stessi contenuti morali dei promessi sposi. Il divorzio, l’aborto, l’emancipazione femminile “il così detto femminismo” l’avvento del consumismo e dell’omologazione, abbandonando la chiesa e la vecchia borghesia a se stessa.
Pasolini era nato nel periodo fascista nell’Italia contadina, intatta nella sua sfolgorante bellezza; e anche se viveva in una dittatura fu libero di acquisire con i suoi studi la ricchezza del sapere e il piacere d’una vita libera anche se povera. Scriverà dei suoi sette anni passati a Bologna dove frequentò i corsi di estetica di arti figurative e filologia romanza dal professore Roberto Longhi e imparò il greco e il latino, frequentando il portico della morte dove comprava i libri usati. : “ bella e dolce Bologna! Vi ho passato sette anni forse i più belli”. E il suo ritiro forzato a Casarsa e la frequentazione della sua amica Pina Kalc dove inizierà a fare teatro. Qui scrisse “l’usignolo della chiesa cattolica, Amado mio, il sogno di una cosa e la meglio gioventù”. Prima dello scandalo e la precipitosa venuta a Roma abbandonando il padre seduto vicino ad una vecchia stufa con il pastrano militare a dosso, alcolizzato e malato di sindrome paranoica, questa visione la riporterà nella tragedia “Bestia da stile” e gli creerà quel vuoto nel cosmo. Di questo mondo contadino e rurale Pasolini, oltre all’esperienza delle borgate Romane e il suo sottoproletariato, se lo porterà dietro per tutta la vita da non consentirgli di accettare il cambiamento antropologico di questa realtà immersa nella storia.
La ruralità dei promessi sposi è evidente dove la borghesia ancora non era nata e i sentimenti si racchiudevano tra il clero la aristocrazia e il popolo. Il favore dei personaggi da parte di Pasolini va prima a Renzo, era naturale rispecchiarsi in lui come il ribelle fino a quando non diventa un piccolo proprietario che si vende per qualche lira in più. “ Come i sottoproletari si sono venduti accettando il consumismo per qualche mille lire in più”. Don Abbondio per la sua fragilità e vigliaccheria che lo rendono umano. E Geltrude che è costretta dalla famiglia a farsi monaca e a non vivere la sua sessualità in modo naturale divenendo una Maddalena. Gli alti personaggi li raffigura ai democristiani che vi si identificano.
Come la sceneggiatura che voleva fare “Immagino dei Promessi sposi” dove il protagonista non era Renzo, ma una donna la madre che vive in una cascina, immersa nella storia contadina come nella sequenza di “Teorema” quando la serva ritorna alla cascina, non a caso Pasolini adopera la madre in diverse inquadrature. E’ in questo mondo preindustriale, immerso nella storia che Pasolini s’identifica con le sue mille contraddizioni, ma era un mondo umano dove la vita bastava a se stessa.

Accademico Mario Pozzi

anno domini 2019



Curatore, Bruno Esposito

Collaborano alla creazione di queste pagine corsare:

Carlo Picca
Mario Pozzi
Alessandro Barbato
Maria Vittoria Chiarelli
Giovanna Caterina Salice
Simona Zecchi