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Le pagine corsare - Riflessioni su "Processo alla DC"

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domenica 29 luglio 2018

Il pensiero Pasoliniano la sua vita la sua lotta - di Mario Pozzi.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro




Il ritratto di Pasolini sulla copertina del libro è stato dipinto
dal pittore Victor Motko. Dissidente Russo arrestato a Mosca
nel 1976 perché protestava per i diritti umani, di religione 
 e d’espressione messo in manicomio psichiatrico e torturato
e costretto a lasciare la Russia che tanto amava. Fu uno dei
primi che con il suo sacrificio fece cadere il muro di Berlino
e a ridare a milioni di persone la libertà.
Ora desaparecidos


Il pensiero pasoliniano la sua vita la sua lotta.


Parlare di Pier Paolo Pasolini, della sua vita e della sua complessa opera letteraria, poetica e cinematografica è un’impresa colossale che riguarda la nostra epoca e il cambiamento da una società rurale quella dove nacque Pasolini in Friuli e la sua Casarsa “L’usignolo della chiesa cattolica”. E quella del dopoguerra, quella Romana e delle sue borgate anni 50 e 60 il mondo dell’Italia povera, contadina e sottoproletaria. L’età del pane, cioè consumatori dei beni necessari che rendeva povera e necessaria la vita. L’uomo immerso in se stesso e nel ciclo quotidiano del lento trascorrere delle stagioni che si rinnovavano una dietro l’altra dove la vita era un sogno ad occhi aperti e lì tutto si ripeteva nel suo lento trasformarsi nel ciclico nascere e morire. Con l’avvento degli anni 70 tutto cambiava, il nuovo potere edonistico consumistico affermandosi trasformava l’età del pane nell’età del consumo. Con il consumo si rendevano superflui i beni necessari e con essi si è resa superflua la vita. E in questa superfluità della vita che Pasolini scriverà 
“ in questo mondo mercificato come un giovane senza pietà e pudore e io non nascondo che in questo mio stato: non avrò mai pace.” 
Questa non trovata pace, questa visionaria esistenza della sua ultima parte delle vita che come una dannazione getterà il suo corpo nella lotta, non accettando il cambiamento antropologico d’un intera nazione. 
“La morte non sta nel non comunicare ma nel non essere compresi.” 
Pasolini era riuscito in quel periodo a comprarsi la torre di Chia che aveva
inmente da quando ci aveva girato “il vangelo secondo Matteo.” E aveva deciso di ritirarsi abbandonando il cinema e ritornando alla pittura. Aveva frequentato il corso di estetica e di arti figurative e la filologia romanza insegnata dal critico d’arte Roberto Longhi a Bologna quando era un pischello e frequentava il portico della morte dove comprava i libri usati, scriverà 
“bella e dolce Bologna! Vi ho passati sette anni, forse i più belli.” 
Ma la sua smania, la sua irrequietezza, la sua fame di corpi senza anima il suo essere tra l’inferno e il purgatorio è prevalso sulla sua vita monastica che è fatta di solitudine. L’Eden non è per l’uomo è solo una stato idealistico fuori dalla realtà della vita. Una volta realizzata Chia sarà come nel Decameron 
“perché realizzare un’opera quando è tanto bella pensarla.” 

Chia sarà un attimo d’un sogno come la “trilogia della vita.”Dove l’esigenza di rappresentare nel loro simbolo culminate il sesso era un’ esigenza primaria degli anni sessanta, giustificazioni storiche e ideologiche nella lotta democratica di esprimersi nella libertà sessuale. Con l’avvento della cultura di massa e la crisi antropologica iniziata negli anni settanta dove trionfava la sottocultura dei “mas media”, la rappresentazione degli organi sessuali era un ritorno in dietro a quel mondo arcaico dove viveva l’innocenza. Ora tutto è rovesciato la liberazione sessuale ed espressiva portata avanti dal potere sotto una falsa democratizzazione è stata superata e vanificata dal potere consumistico che ha concesso una falsa tolleranza “potere tollerante.” Anche la realtà dei corpi è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico: anzi tale violenza e stata la cosa più macroscopica della nuova epoca storica, “Salò”. Da abiura alla trilogia della vita. In questo contesto sociale, individuale e personale che Pasolini non ponendo adeguarsi al cambiamento di ciò che aveva vissuto fino agli anni sessanta farà come San Paolo la sua lotta contro il potere totalizzante. ( Empirismo eretico, lettere Luterane, scritti corsari.) Faccio questo preludio che ho nel cuore e nell’anima che non si può cancellare se non con la morte, il nulla eterno. La morte di mia figlia Maria. Pasolini 
“Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto. Perché lo considero come altri un omicidio legalizzato. Nei sogni e nel comportamento quotidiano – cosa comune a tutti gli uomini. Io vivo la mia vita felice prenatale la mia immersione nelle acque materna: so che là io ero esistente.” 
Già la donna era degradata a puro oggetto sessuale, con l’aborto atto criminale non ha nessuna giustificazione, sia morale, etica che avvilisce solo la donna. Non c’è atto più criminale che uccidere il proprio figlio anche se è in stato embrionale che è il principio della nostra esistenza, la negazione stessa della vita.

Questa vita legata alle acque materne che Pasolini sente in sé dove tutto era pace e silenzio, il silenzio cosmico nato dal big ben, l’esplosione atavica del nostro esistere. Qui nasce la frattura del mondo arcaico, millenario dove l’uomo considerava la natura divina e santa “Medea” quando il primo centauro parla a Giasone bambino prima che il secondo centauro, quello della ragione gli dice che sono vecchie storie che non hanno nulla a che vedere con il laicismo, “società contemporanea” dove tutto è pura mercificazione. Pilade una delle sei tragedie Pasoliniane dove Oreste prendendo il potere uccidendo la
madre Cliternesta aiutato dalla dea Atena, la dea della ragione trasformerà le Furie in Eumenidi distruggendo tutto il mondo arcaico e tribale per stabilire un mondo laico, democratico, logico e del raziocinio privo d’ogni contenuto e riferimento al sacro. Pilade: sorge il sole su questo corpo degradato e va nella città vecchia la cui nuova storia io non voglio conoscere. Per Pier Paolo la sacralità della vita era primaria e la riversava nella sua vita come riscontro che aveva vissuto nella sua adolescenza. Il dualismo Pasoliniano gli è costato la sua morte prematura. Non tanto perché analizzò una società che moriva e un’altra che nasceva senza alcun valore se non quello della mercificazione umana e l’idolatria della merce come scambio assoluto identificandosi in un unico Dio il denaro. Ma per un suo non adattamento della sua personalità ad accettare se stesso. Il riscontro si possono leggere le sue due opere: bestia da stile e Petrolio che diventano due diari sulla contraddizione della sua esistenza. In bestia da stile e la sua vita trasportata nella Cecoslovacchia di Jan Palach divisa in episodi. Ci lavorerà fino
alla fine della sua vita in continui rifacimenti. Dalla sua idilliaca Casarsa alla morte del fratello ucciso dai partigiani di Tito mentre lui viveva nella sua ossessione sessuale del primo albore e in questo sente un senso di colpa. Al recupero del rapporto con il padre che trasforma nella madre. Il padre “un vuoto nel cosmo” e la madre vista come una schiavitù. La speranza del partito comunista primaria purezza della idilliaca speranza disillusa con la tramutazione del mondo sottoproletario in piccolo borghese, vanificando le splendide raccolte di liriche “le ceneri di Gramsci e la religione del mio tempo.” Con Petrolio il suo sdoppiamento in una personalità e in centomila e l’ossessività del sesso portata all’esasperazione non trovando più quel dolce
immergersi nella vita e la pura sessualità di “ Atti imputi e Amado mio” ma in un avvilente rapporto come descrive su Petrolio che ha un rapporto sessuale con venti ragazzi in un desiderio senza limiti che lo porta all’anomia. Cioè alla mancanza di norme perché non avendo norme la società non esiste. E diventa un parossismo sessuale dove si vive quel limbo fuori dalla realtà. Nel finale di Petrolio c’è appunto il desiderio Pasoliniano di togliersi questa realtà che coincide con l’atto creativo e liberarsi di se stesso cioè anche morire. Abbandonato il manoscritto tornerà al paesello in Calabria e si getterà nel mare. Il ritorno all’indistinzione delle acque, le acque materne. Pasolini faceva frequenti sogni sulle acque prenatali come ritorno alle acque materne dove la sessualità purezza del liquido amniotico dove tutto era già disvelato nella forma arcaica dell’universo e nel mito del ventre materno dove tutto si è già compito prima di entrare nella realtà della vita con il recidere il cordone ombelicale. Ma questo desiderio di morte era puro stato idilliaco, scriverà: 

amo talmente la vita che non mi porterà nulla di buono. 
Andando al Porno – Teo – Colossal quando Epifanio il Magio, finito il suo viaggio e tornando nel vuoto del cosmo guardando la terra sempre più lontana dirà: il viaggio della cometa è stato un’illusione della vita, ma senza questa illusione non si sarebbe appreso il senso della realtà. Eppure tutte le comete come questa che ho seguito è una stronzata ma senza questa stronzata terra non ti avrei conosciuta. Questa complessità del pensiero Pasoliniano che qui abbiamo parzialmente descritto è intrinseca sia nella sua vita vissuta che con la sua opera letteraria o cinematografica che sono la stessa cosa, disvela in un itinerario che dalla forma lirica e puramente tragica ma umana che va “ dall’usignolo della chiesa cattolica, le ceneri di Gramsci, la religione del mi tempo. Dai romanzi una
vita violenta, ragazzi di vita ecc… Ai film accattone, la ricotta, il vangelo secondo Matteo, mamma Roma fino a Uccellacci e uccellini. I film poetici in bianco e nero nella realtà del sottoproletariato e delle borgate Romane, la realtà dell’età d’oro quella del Pane. Dove la vita bastava a se stessa. Poi si ammalò d’ulcera e stette per sei mesi a letto e qui riprese a studiare il pensiero Greco. Scriverà. Mi è venuta un’ulcera, guardandomi sono rinato regredendo e ho percorso l’intera peccaminosa gioventù. Nessuno potrà avere mai comprensione per la mia convalescenza e la conseguente ricaduta. In cui ho scritto sei tragedie. Rinascevo e come si può dire regredivo. Meglio di così non poteva andare. Le sei tragedie sono: ( Pilade – affabulazione - Orgia – Calderon - Rosaura - Bestia da stile). Da qui il pensiero
Pasoliniano verso la società dove viveva cambierà totalmente dagli anni 40 ai 60 che aveva vissuto restando fedele in se stesso al “sogno d’una cosa” alla miticità del sogno rurale e contadino e all’arcaismo della meglio gioventù. Con i Film “Teorema e Porcile” inizia ad analizzare il cambiamento antropologico di questa società. In Teorema dove un giovane che interpreta Rimbaud che tramite la sessualità viene a sconvolgere un famiglia della ricca borghesia Milanese. Facendogli prendere coscienza attraverso il rapporto sessuale che il giovane avrà con tutta la famiglia compresa la serva il vuoto della loro vita. Quando se ne andrà il padre donerà la fabbrica agli operari e andrà a gridare nel deserto la sua disperazione sterile (Munch). Il figlio scoprirà al sua omosessualità anch’essa priva di senso perché priva di valori. La sorella andrà in catalessi quando gli crollerà il mito del padre e l ‘abbandono
dello sconosciuto che la lascerà alla sua solitudine. La madre priva di ogni valore famigliare se quello borghese mercificherà il suo corpo con dei ragazzi raccolti per strada. La serva tornerà alla sua cascina e sarà sepolta dopo un’ascesi mangiando ortica e prima di essere sepolta dicendo che rinascerà. La figura di ricetto è la più ingenua, l’allegria e la gioia della vita che Posolini ha sempre adoperato fino al saggio pedagogo su Gennariello. Porcile e diviso in due fasi il testo teatrale e quello dell’Etna dove dei barbari uccidono e mangiano carne umana. Porcile è la rappresentazione del vecchio potere che viene trasformato nel nuovo potere. Potere “edonistico consumistico” e per raggiungere questa trasformazione adopera i figli obbedienti quelli “ del sessantotto che andranno a pisciare sul muro di Berlino.” Il figlio che non è né ubbidiente né disubbidiente e perciò non può essere adoperato dal potere nascente si farà mangiare dai porci. La sequenza del deserto è arcaica e religiosa i barbari vengono presi dal potere
religioso e condannati ad essere mangiati dai cani. Il protagonista esclamerà! Ho ucciso mio padre, mangiato carne umana e tremo di gioia. Le due figure sia Julian che il barbaro sono Pasolini. In Julian analizza il cambiamento della società e non accettandola si farà mangiare dai porci. Nel barbaro quando dice ho ucciso mio padre, mangiato carne umana e tremo di gioia Pasolini si riferisce a se stesso, lui barbaro uccidendo il padre abbandonandolo quando fuggì da Casarsa e lo abbandonò malato di cirrosi e manie paranoide con il vecchio pastrano militare accanto ad una vecchia stufa. E gli creerà quel vuoto nel cosmo. Ho mangiato carne umana, perché Pasolini aveva bisogno di corpi senza anima, cioè la carnalità dei corpi dei ragazzi e tutto questo lo fa tramare di gioia. “Salò e le centoventi giornate di sodoma”. Il nuovo potere si era consolidato e l’uomo e divenuto una merce di scambio con cui ci si può fare tutto tramite il consumo, il consumo prodotto dalla società totalizzate, omologante dove tutti i valori del passato sono stati cancellati. Rimane solo la mercificazione dell’uomo come mezzo di consumo per rendere i pochi ricchi sempre più ricchi e i milioni di poveri sempre più poveri.

 “Non è importante come si muore ma come si vive.” 
 Se nella tragedia il mito superava la storia nel mondo contemporaneo è la non storia che ha superato il mito.

anno domini 2018.

Sito internet :  http://www.poeti-poesia.it/SitiCommunity2/MarioPozzi/Mario_Pozzi.htm




    Curatore, Bruno Esposito

    Collaborano alla creazione di queste pagine corsare:

    Carlo Picca
    Mario Pozzi
    Alessandro Barbato
    Maria Vittoria Chiarelli
    Giovanna Caterina Salice
    Simona Zecchi

      domenica 1 luglio 2018

      Pasolini, breve biografia - Il periodo bolognese e friulano - di Bruno Esposito.

      "Le pagine corsare " 
      dedicate a Pier Paolo Pasolini

      Eretico e Corsaro


      Pasolini, breve biografia

      Prima parte

      Il periodo bolognese e friulano

      .
      Pier Paolo Pasolini fu assassinato la notte tra l'1 e il 2 novembre 1975
      [...]
      La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi (e non più ormai modificabili da altri possibili momenti contrari o incoerenti), e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo...
      (1967 - P.P.Pasolini, Empirismo eretico)


      Breve biografia


      Nato a Bologna il 5 marzo 1922 è stato uno maggiori intellettuali italiani del XX secolo. Poeta, saggista, regista, sceneggiatore, attore...,  il suo occhio attento e critico sui mutamenti sociali, fanno di lui un punto di riferimento per comprendere  il complesso declino socio-culturale che attraversa la nostra società.
      [...]
      "Chi vuole infatti lo «sviluppo»? Cioè, chi lo vuole non in astratto e idealmente, ma in concreto e per ragioni di immediato interesse economico? È evidente: a volere lo «sviluppo» in tal senso è chi produce; sono cioè gli industriali. E, poiché lo «sviluppo», in Italia, è questo sviluppo, sono per l'esattezza, nella fattispecie, gli industriali che producono beni superflui. La tecnologia (l'applicazione della scienza) ha creato la possibilità di una industrializzazione praticamente illimitata, e i cui caratteri sono ormai in concreto transnazionali. l consumatori di beni superflui, sono da parte loro, irrazionalmente e inconsapevolmente d'accordo nel volere lo «sviluppo» (questo «sviluppo»). Per essi significa promozione sociale e liberazione"
      [...]
      Chi vuole, invece, il «progresso»? Lo vogliono coloro che non hanno interessi immediati da soddisfare, appunto, attraverso il «progresso»: lo vogliono gli operai, i contadini, gli intellettuali di sinistra. Lo vuole chi lavora e chi è dunque sfruttato. Quando dico <<lo vuole» lo dico in senso autentico e totale (ci può essere anche qualche <<produttore» che vuole, oltre tutto, e magari sinceramente, il progresso: ma il suo caso non fa testo). Il «progresso>> è dunque una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo «sviluppo>> è un fatto pragmatico ed economico...(1) 
      Il 5 marzo 1922, nasce in via Borgonuovo 4, a Bologna, dall'ufficiale bolognese Carlo Alberto Pasolini e dalla maestra Susanna Colussi di Casarsa (Friuli). Nel 1923 la famiglia è a Parma, nel 1924 a Conegliano, nel 1925 a Belluno dove nasce il secondogenito Guidalberto. Nel 1927 i Pasolini sono di nuovo a Conegliano,  nel 1928 sono di nuovo a Casarsa e nel 1929  a Sacile.
      A metà anno scolastico 1932-33, il padre viene trasferito a Cremona, dove la famiglia resterà fino a tutto il 1935. Alla fine del 1935, nuovo trasferimento a Scandiano dove, per frequentare il ginnasio, a Reggio Emilia,  è costretto a fare il pendolare. Al ginnasio di Reggio incontra Luciano Serra, che ritroverà l'anno dopo al Liceo Galvani di Bologna.

      Pasolini al liceo Galvani di Bologna
       

      Per Pasolini Bologna è l'inizio di grandi passioni come quella per il calcio,
      “Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare?”, gli aveva domandato Enzo Biagi durante un’intervista nel 1973. Un bravo calciatore"  (2)
      Le  letture di questo periodo sono feconde di nuove scoperte:
      "E' il più bel ricordo di Bologna. Mi ricorda L'Idiota di Dostoevskij, mi ricorda il Macbeth di Shakespeare ... A quindici anni ho cominciato a comprare lì i miei primi libri, ed è stato bellissimo, perché non si legge mai più, in tutta la vita, con la gioia con cui si leggeva allora" (3)
      Al Liceo Galvani di Bologna, dopo Serra trova altri amici: Ermes Parini, Franco Farolfi, Elio Melli. Terminata la terza liceo, nel 1939 con ottimi voti, decide di saltare la classe intermedia presentandosi direttamente all'esame di maturità. A soli 17 anni, si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna, e lì scopre nuove passioni culturali:  filologia romanza, l'estetica delle arti figurative ecc...
      Foto di Roberto Longhi
      "Se penso alla piccola aula (con banchi molto alti e uno schermo dietro la cattedra) in cui nel 1938-39 (o nel 1939-1940?) ho seguito i corsi bolognesi di Rober­to Longhi, mi sembra di pensare a un'isola deserta, nel cuore di una notte senza più una luce. E anche Longhi che veniva, e parlava su quella cattedra, e poi se ne an­dava, ha l'irrealtà di un'apparizione. Era, infatti, un'apparizione. Non potevo credere che, prima e do­po aver parlato in quell'aula, egli avesse una vita pri­vata, che ne garantisse la normale continuità. Nella mia immensa timidezza di diciassettenne (che dimo­strava almeno tre anni di meno) non osavo nemmeno affrontare un tale problema. Non sapevo nulla di inca­richi, di carriere, di interessi, di trasferimenti, di inse­gnamenti. Ciò che Longhi diceva era carismatico..."(4)
      Foto di Renè Clair

      Inizia a frequentare il Cineclub di Bologna con particolare attenzione per il ciclo dedicato a René Clair e diventa capitano della squadra di calcio della facoltà di lettere.  

      Nel 1941 Pasolini, Luciano Serra, Roberto Roversi e  Francesco Leonetti, pensano di fondare una rivista: "Eredi". La rivista non vedrà mai la luce.
       [...]
      La gente, prima di essere quello che realmente è, era ugualmente, a dispetto di tutto, come nei sogni. Comunque è certo che io, su quel poggiolo, o stavo disegnando (con dell’inchiostro verde, o col tubetto dell’ocra dei colori a olio su del cellophane), oppure scrivendo dei versi. Quando risuonò la parola ROSADA.
         Era Livio, un ragazzo dei vicini oltre la strada, i Socolari, a parlare. Un ragazzo alto e d’ossa grosse… Proprio un contadino di quelle parti… Ma gentile e timido...
         Certamente quella parola, in tutti i secoli del suo uso nel Friuli che si stende al di qua del Tagliamento, non era mai stata scritta. Era stata sempre e solamente un suono.
         Qualunque cosa quella mattina io stessi facendo, dipingendo o scrivendo, certo mi interruppi subito: questo fa parte del ricordo allucinatorio. E scrissi subito dei versi, in quella parlata friulana della destra del Tagliamento, che fino a quel momento era stata solo un insieme di suoni: cominciai per prima cosa col rendere grafica la parola ROSADA.
         Quella prima poesia sperimentale è scomparsa: è rimasta la seconda, che ho scritto il giorno dopo:
      Sera imbarlumida, tal fossàl
      a cres l’aga…
      ……………… (5)
      Pasolini, Il Setaccio. Menabò autografo del numero 1, anno III, novembre 1942

      Tra la fine del 1941 e i primi del 1942 scrive dei versi che, Il 14 luglio del 1942, raccolti in un libretto intitolato Poesie a Casarsa, Pasolini fa pubblicare a sue spese dalla Libreria Antiquaria Mario Landi di Bologna. 

      Dal novembre del 1942, collabora alla rivista “Il Setaccio”, rivista ufficiale del
      Comando Federale di Bologna della Gioventù Italiana del Littorio (GIL). Direttore della rivista è Giovanni Falzone, consulente Italo Cinti, vice consulente Pier Paolo Pasolini. I redattori sono Fabio Mauri, Mario Ricci e Luigi Vecchi. Pasolini, vice consulente, svolge un ruolo di primo piano nella redazione, come è testimoniato anche dalle lettere che lo stesso Pasolini invia da Casarsa, in particolare a Fabio Mauri e a Fabio Luca Cavazza, incitandoli a proseguire il lavoro per la preparazione dei numeri della rivista. Con il n. 6/7 di aprile-maggio 1943, «Il Setaccio» cessa le pubblicazioni.

      La redazione è costretta a continui compromessi, come ben evidenziato dalla lettera che Pasolini invia a Fabio Luca Cavazza nel febbraio del 1943:
      Ho pensato a lungo sul da farsi; e mi son convinto di questo, che non dobbiamo cedere. [...] Ci resta ancora un tentativo da fare, e cioè di scendere al compromesso con nobiltà.
      Nozze di Giovanna Bemporad 1957
      @Fondo Giovanna Bemporad
      Università degli studi di Milano
      Durante l'esperienza della sua collaborazione a "Il Setaccio", Pasolini stringe amicizia con Giovanna Bemporad, antifascista, che nei suoi interventi sulla rivista si firma Giovanna Bembo. La Bemporad, giovanissima, è una sorta di prodigio letterario. Pier Paolo le offre la collaborazione a “Il Setaccio”. I due amici si incontrano anche spesso nella casa bolognese di lei. In uno di questi incontri Giovanna chiede a Pasolini: “Sei fascista? ”E gli parla dell'antifascismo, e delle tragiche responsabilità del regime.

      Verso la fine del 1942 la famiglia decide di sfollare in Friuli, a Casarsa. Nel 1943 Pasolini fu costretto ad arruolarsi a Livorno e l'8 settembre disobbedisce all'ordine di consegnare le armi ai tedeschi e fugge a Casarsa. Lì, insieme a Riccardo Castellani, Cesare Bortotto, Ovidio Colussi, Rico de Rocco e il cugino Nico Naldini, inizia l'esperienza dell'Academiuta di lenga furlana che si proponeva di rivendicare l'uso letterario del friulano casarsese contro l'egemonia di quello udinese. 


      Nel maggio del 1944, con il titolo "Stroligùt di cà da l'aga", vede la luce la prima pubblicazione dell'Accademiuta. Nell' ottobre dello stesso anno, a causa dei fitti bombardamenti su Casarsa, Pasolini  e la madre si spostano a Versuta mentre il fratello Guido,  intraprende la lotta partigiana nella divisione Osoppo. Nel villaggio manca la scuola e i ragazzi devono percorrere molta strada a piedi, per raggiungere la loro sede scolastica. Susanna e Pier Paolo decidono così di aprire una scuola gratuita nella loro casa. 
      “Può educare solo chi sa cosa significa amare, chi tiene presente la divinità”.(6)
      “Pasolini estende il suo progetto poetico anche a questi contadini, che nella loro inferiorità culturale rappresentavano i compagni ideali e perfetti delle sue giornate; con pazienza li accompagna alla scoperta di sé e del loro mondo, con attenzione ascolta i loro pensieri e le loro parole, incantevolmente intrisi di imperfezione”. (7)

      Il 7 febbraio del 1945, a Porzus, in Friuli Venezia Giulia, una milizia di partigiani comunisti massacra la Brigata Osoppo: tra i caduti c'è anche Guido.
      “Bisognerebbe essere capaci di piangerlo sempre senza fine, perché solo questo potrebbe essere un poco pari all’ingiustizia che lo ha colpito. Eppure la nostra natura umana è tale che ci permette di vivere ancora, di risollevarci, perfino, in qualche momento. Perciò l’unico pensiero che mi conforta è che io non sono immortale; che Guido non ha fatto altro che precedermi generosamente di pochi anni in quel nulla verso il quale io mi avvio. E che ora mi è così famigliare; la terribile oscura lontananza o disumanità della morte mi si è così schiarita da quando Guido vi è entrato. Quell’infinito, quel nulla, quell’assoluto contrario ora hanno un aspetto domestico; c’è Guido, mio fratello, capisci, che è stato per vent’anni sempre vicino a me, a dormire nella stessa stanza, a mangiare nella stessa tavola. Non è dunque così innaturale entrare in quella dimensione così a noi inconcepibile. E Guido è stato così buono così generoso da dimostrarmelo, sacrificandosi pel suo fratello maggiore, forse a cui voleva troppo bene a cui credeva troppo.”(8)
      Nell' agosto del 1945 viene pubblicato il primo numero de Il Stroligut, con una numerazione nuova e inizia a scrivere la serie dei "Diarii" in versi italiani.
        


      Aderisce all'"Associazione per l'autonomia del Friuli".  Si laurea con la tesi “Antologia della lirica Pascoliana (introduzione e commenti)” e inizia a lavorare come insegnante in una scuola media di Valvasone, provincia di Udine. 


      Nel 1947 aderisce al Pci, inizia a collaborare al settimanale "Lotta e Lavoro" e  diviene segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa.

       Il 29 agosto 1949, in seguito allo scandalo di "Ramuscello", Pasolini viene sottoposto ad un processo. Perde il lavoro e viene ed espulso dal PCI. Decide di lasciare il Friuli e di trasferirsi a Roma.



      [...] lo vedo fuori dalla mia storia,
      in una vicenda che mi è totalmente estranea,
      in cui io sono un colpevole eroe oggettivo.
      Perché devo ricordare
      che, col mio amore iniziale per mia madre,
      c’è stato un amore anche per lui: e dei sensi.
      Devo ricordare i miei passetti di ragazzino di tre anni,
      in una città perduta miseramente tra i monti,
      dall’aria già un po’ austriaca,
      quasi alle sorgenti di un fiume dal nome di museo e di guerra
      e di miseria,
      un fiume celeste fra grandi ghiaie pedemontane –
      i miei passetti lungo il ciglio di una strada
      colpita da un sole che non era della mia vita
      ma di quella dei miei genitori,
      verso il ciglio dove mio padre, uomo giovane,
      stava orinando...
      Devo aggiungere, ancora, per finire questa storia –
      molto irregolare nell’insieme del mio poema –
      che quei miei versi friulani sono i miei più belli
      (insieme a quelli scritti fino a ventitré, ventiquattro anni,
      pubblicati più tardi col titolo «La meglio gioventù»,
      e insieme anche ai coevi versi italiani,
      nati da quella profonda elegia friulana
      di autolesionista, esibizionista e masturbatore,
      tra i gelsi e le vigne viste con l’occhio più puro del mondo;
      si chiamano, quei versi, «L’Usignolo della Chiesa Cattolica»,
      e il loro falsetto è ancora una musica atroce
      e sottile che, da laggiù, mi affascina e mi attira indietro.
      Non posso dirvi altre cose
      del mio soggiorno
      in quel paese di temporali e primule,
      un po’ d’Oriente ai confini piccolo borghesi con l’Austria:
      s’incaricheranno magari dei giornalisti italiani fascisti
      o semplicemente anticomunisti.
      Fuggii con mia madre e una valigia e un po’ di gioie che risultarono false,
      su un treno lento come un merci
      per la pianura friulana coperta da un leggero e duro strato di neve.
      Andavamo verso Roma.
      Avevamo dunque, abbandonato mio padre
      accanto a una stufetta di poveri,
      col suo vecchio pastrano militare
      e le sue orrende furie di malato di cirrosi e sindromi paranoidee.
      Ho vissuto [...] quella pagina di romanzo, l’unica della mia vita:
      per il resto, che volete,
      son vissuto dentro una lirica, come ogni ossesso.
      Avevo tra i miei manoscritti anche il mio primo romanzo:
      erano quelli i tempi di «Ladri di biciclette»
      e i letterati stavano scoprendo l’Italia.
      (Ora io non sono più un letterato,
      evito gli altri, non ho niente a che fare
      coi loro premi e le loro stampe.) [...]
      (9)



      Bruno Esposito

      Note:

      1) Scritti corsari - Sviluppo e progresso (inedito)

      2) 1973, Enzo Biagi intervista Pasolini.

      3) P.P. Pasolini, Il portico della morte - Quaderni Pier Paolo Pasolini.

      4) Pier Paolo Pasolini, 18 gennaio 1974 > "Roberto Longhi, Da Cimabue a Morandi" In Descrizioni di descrizioni, A cura di Graziella Chiarcossi - Garzanti Editore, Milano 1996

      5) (1967 - P.P.Pasolini, Empirismo eretico), Garzanti, Milano, 1972, p. 62

      6) P.P. PASOLINI, Romàns, Guanda, Parma 1994.

      7) Un coetaneo ideale e perfetto, ne « Il Mattino del Popolo», 22 settembre 1948; ora in P.P, PASOLINI, Un paese di temporali e di primule, cit., p. 150.

      8) 21 agosto 1945 lettera inviata a Luciano Serra.

      9) Poeta delle Ceneri - Poesie disperse II pubblicata su "Nuovi argomenti", luglio-dicembre 1980, a cura di Enzo Siciliano  e ora in: Pier Paolo Pasolini, Bestemmia. Tutte le poesie, vol. I, Garzanti, Milano 1993


      .....
      Segue.


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      Curatore, Bruno Esposito

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