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domenica 11 gennaio 2015

Canzone per Pier Paolo Pasolini (dell'anarchico Pino Bertelli)

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro

 
 
Canzone per Pier Paolo Pasolini
(dell'anarchico Pino Bertelli)
 

E ti ricordo amico dal sorriso triste e gli occhi di luna buttati sul mare Quando parlavi di sogni e tremavi d'amore nelle periferie delle città in quelle estati corsare

E ti ricordo amico in una "Giulietta" bianca che mangiavi la strada e mi sfioravi i capelli Il rosso del cocomero sporcava la mia giacca di lino blu e appannava le lenti spesse
dei tuoi occhiali neri

 

E ti ricordo amico in quel cinema sottoterra di una città del nord tagliata da un fiume verde Volavi con quei ragazzi sopra i tetti a cercare la libertà e l'amore e lasciavi in bianco e nero il tuo "Zero in condotta"
 
E ti ricordo amico sulle spiagge indecenti toscane con quelle ragazze allegre che mi gettavi sempre addosso Quando cantavi male "il cielo in una stanza" e di notte giocavi a pallone coi ragazzi senza storia

 E ti ricordo amico per quelle poesie della "meglio gioventù" che non capivo mai E parlavi di mondi nuovi che rotolavano nei miei sguardi e mi portavano via su ponti di fuoco e di sale

E ti ricordo amico nelle parole legate alle stelle che ancora si lasciano andare in deserti di fiori Quella morte violenta è stata un addio cercato per una vita ricca e sprecata
ai bordi di amori senza amore
ma ti ricordo amico...
 
 
Fonte:
 
 
@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

Curatore, Bruno Esposito

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Pasolini, reporter in Puglia - Un articolo dimenticato del poeta alla scoperta dei trulli e delle gravine

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


 
 
Pasolini, reporter in Puglia - Un articolo dimenticato del poeta alla scoperta dei trulli e delle gravine PIER PAOLO PASOLINI
23/10/2005, La Repubblica, Bari

FORSE il capolavoro delle Puglie è proprio Alberobello. Non c'è manuale turistico che lo ignori, né libro di geografia per scuole medie che non porti la fotografia dei suoi trulli. Niente invece, in questo paese, che sappia di colore locale. Alberobello è un paese perfetto la cui formula si è fatta stile nel rigore con cui è stata applicata.

 

DAL primo muro all'ultimo, non un corpo estraneo, non un plagio, non una zeppa, non una stonatura. L'ammasso dei trulli nel terreno a saliscendi si profila sereno e puro, venato dalle strette strade pulitissime che fendono la sua architettura grottesca e squisita. I colori sono rigidamente il bianco - un bianco ovattato e freddo, con qualche striscia azzurrina - e il nerofumo. Ma ogni tanto nell'infrangibile ordito di questa architettura degna di una fantasia, maniaca e rigorosa - un Paolo Uccello, un Kafka - si apre una frattura dove furoreggia tranquillo il verde smeraldo e l'arancione di un orto.

È il cielo... È difficile raccontare la purezza del cielo, in quella domenica sera, a Alberobello: un cielo inesistente, puro connettivo di luce sulle prospettive fanta-stiche del paese.

Di un trullo isolato si potrebbe parlare solo con i termini della cristallografia. Tutti i corpi solidi vi sono fusi mostruosamente per dar forma a un corpo nuovo, delicato, leggero.

I tetti a punta

I tetti a punta, di un nero cilestrino, si staccano improvvisi da questa base contorta e armoniosa, per riempire il cielo di magiche punte. Non c'è traccia di miseria o di sporcizia. I trulli più poveri, allineati per i vicoli scoscesi, da paese montano, vaporosi e candidi, sono pieni di nitore, anche negli interni, dietro i vani neri delle porte ricoperte da tende penzolanti come reti.

I sentieri, la sera in cui arrivai, erano deserti: solo qualche bambino giocava seduto davanti alle soglie, in mezzo a tutto quel biancore. La piazza al contrario era affollata, come in un giorno di fiera, ma si trattava di una folla silenziosa, lieve, vestita di scuro: una radio, inaspettatamente, tuonava la cronaca della partita domenicale, come se annunciasse i fatti di un altro pianeta.

Ma tra la piazza e il sobborgo deserto, in un piazzale incassato in mezzo ai trulli, suonava solitaria una pianola coperta da un drappo rosso. Era un vecchio tango, completamente trasfigurato, dall'aria del paese; un giovanetto bruno, vestito a festa, stava ad ascoltarlo. Mi avvicinai a lui, e un po' intimidito dalla sua timidezza, gli chiesi: «Come ti chiami?». «Giovanni», rispose. «Sei contento di vivere a Alberobello?». Per me vivere ad Alberobello era una straordinaria novità e consideravo sensata la mia domanda; infatti egli mi rispose semplicemente: «Sì».

Era già sera e i bianchi intonachi granulosi dei trulli emanavano un alone candido nell'aria vuota e turchina.

Per l'intero giorno era sfolgorato un sole estivo che aveva rischiarato in tutta la sua nudità la terra pugliese. Terra arancione, su cui il biancore di Alberobello era stato quasi un miracolo.

Da Bari a Alberobello, tra le Murge e l'Adriatico la terra è arancione. Un leggero tappeto arancione, arabescato da muretti dello stesso colore e da radi boschi di ulivi d'un verde carico, vicino al celeste, tra cui, ogni tanto, compare un gregge di pecore co-lor malva, con le zampe nere, eleganti e lievi come ballerine. Qua e là - pavese dove la tinta del luogo raggiunge la massima accensione – trema un pesco arrossato dall'autunno, d'oro massiccio.

Nel Salentino e nel Gargano Massafra e Monte S. Angelo contendono a Alberobello il primato della perfezione.

Massafra sorge su un colle spaccato a metà da un torrente. Si immagini una prospettiva del Tevere, la più grandiosa, la più aerea, e, al posto dei palazzi, delle cupole, dei muraglioni - e dell'acqua - un abisso di rocce. Aggrappate a queste rocce, col loro stesso colore, le vecchissime case di Massafra, spaccata come il colle a metà dalla profonda gola.

Un breve ponte di pietra è sospeso sul canyon grandioso, aperto, in fondo, verso la pianura salentina, inazzurrata da foschie sempre più stagnanti e incantate man mano che si avvicinano al mare.

Una strada a tornanti porta dal piano all'improvvisa altura di Massafra, e conduce attraverso una stretta via (la consueta dei paesi delle Puglie) fino a una grande piazza-giardino, quadrata e festante (anch'essa la consueta, con un po' più di magnificenza paesana).

Puro medioevo

Al di là del ponte si trova il centro della città, una piazza affollata, verso sera, come in un giorno di festa. E' una calca di uomini vestiti di nero e ragazzi disegnati col diamante e il carbone. Attorno a questa piazza si aggrovigliano, come visceri, i vicoli e le stradine scoscese, attraverso cui si regrediscono fino nel cuore del tempo. Il puro medioevo, intorno. Ti spingi giù verso il basso e arrivi alle mura di un forte, svevo o normanno, puntato come uno sperone verso là dove l'abisso di Massafra si apre sulla pianura sconfinata. Il cielo è sbiadito e la sua luce colpisce accecante il borgo e le rocce, uguali in colore e in vastità, in vecchiezza e in silenzio.

Come in Alberobello, l'architettura di Massafra, intorno al motivo dell'abisso di rocce chele si apre nel cuore e l'allarga in spazi e vuoti grandiosi, è di una coerenza che fa pensare al rigore di uno stile. Non c'è nulla in questo ; paese, come a Alberobello, o coi me a Monte Sant'Angelo, a Ostuni, a Otranto, a Castro..., che incrini la purezza dell'architettura, che si è stratificata casa per casa, vicolo per vicolo, intorno alle cattedrali.

È una tettonica pura, al suo stato naturale: il tempo in un dato anno, o secolo, si è fermato, e la città si è serbata fuori di esso, fossile e incorrotta.

 

(***Si ringraziano Graziella Chiarcossi erede di Pasolini e il Gabinetto Letterario Scientifico GP Vieusseux di Firenze per aver permesso la pubblicazione di questo testo di Pasolini).
Fonte:
 
 
@Eretico e Corsaro - Le Pagine Corsare

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" La lunga strada di sabbia" che portò Pasolini ad Ischia

"Le pagine corsare " 
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Eretico e Corsaro

 
 

" La lunga strada di sabbia" che portò Pasolini ad Ischia

"Sono felice. Era tanto che non potevo dirlo: e cos’è che mi dà questo intimo, previsto senso di gioia, di leggerezza? Niente. O quasi. Un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio albergo in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta...."

A scrivere queste parole è Pier Paolo Pasolini da una stanza d’albergo, sull’isola di Ischia.
E' l’estate 1959. Per la rivista "Successo", Pasolini percorre la costa italiana al volante di una Fiat Millecento per realizzare "La lunga strada di sabbia", un reportage sull'Italia tra cambiamento e tradizione, vacanza borghese e residui di un dopoguerra difficile.
Un testo di grande bellezza che continua a colpire per la sua profondità e poesia. La lunga strada di sabbia, venne pubblicata sul periodico Successo nei numeri del 4 luglio, del 14 agosto, del 5 settembre del 1959.
Il testo poi compare nel 1998 nel volume Pier Paolo Pasolini – Romanzi e Racconti (editore Mondadori).
Recentemente il fotografo Philippe Séclier ha rifatto il percorso di Pasolini documentando le tappe con scatti fotografici e raccogliendo materiale documentario.
Il libro riprende il titolo originale ed è stato pubblicato da Edizioni Contrasto, Roma 2005. Volume originale: La longue route de sable, Editions Xavier Barral – Il resoconto originale del viaggio in Italia di Pasolini (1959).
Philippe Séclier ricompiendo il percorso viene anche sull’isola di Ischia, dove trova nell’albergo ischitano dove aveva soggiornato Pasolini manoscritti autografi del grande scrittore:
 

" A Ischia – scrive Séclier - vado all’albergo (…) dove Pasolini ha soggiornato. L'hotel è in abbandono. Al primo piano, quasi completamente distrutto, vedo una chiave ancora inserita nella serratura di una porta aperta su una stanzetta tutta sfasciata, con i mobili polverosi, dove una valigia e un mucchio di manoscritti sparsi sul pavimento sembrano aspettare me. Quanto alle due pagine manoscritte, portano l’intestazione dell’Albergo ( di Ischia ) dove avevo scovato quei fogli abbandonati... "

Ma facciamo parlare direttamente Pasolini che scrive le sue impressioni ischitane da un albergo di Casamicciola:
" Un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio albergo, in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta.

Piove.

Il rumore della pioggia si mescola con delle voci lontane, fitte, incalcolabili.

La terrazzetta, davanti, è lucida di pioggia, e soffia un’aria fresca. Il senso di pace, di avventura che mi dà l’essere in questo albergo nell’interno di Ischia, è una di quelle cose che ormai la vita dà così raramente. È un posto dove mi pare di essere sempre stato.

Mi sembra il Friuli, la Carnia, l’Emilia. Solo ogni tanto qualche voce vicina mi ricorda che sono nel Sud. Mi aspetta qualcosa di stupendo: quello che si aspetta quando si è ragazzi, il primo giorno di villeggiatura, e si ha davanti un’estate eterna (…)».

Il percorso pasoliniano ad Ischia si svolge lungo tutto il suo circuito ed ha come punto di partenza Casamicciola.

Lo richiama subito Porto d’Ischia, dove si scontra già con una realtà diversa nel pur limitato contesto territoriale dell’isola e amaramente annota:

«La pace di Casamicciola è un sogno. Ma questa è una città! Qui vie, vicoli, lungomari sono scintillanti, la gente è un fiume».

A Lacco Ameno s’informa sulla presenza di personaggi noti («C’è qualche personaggio, qui?») e chiede di Luchino Visconti, che poi lo conduce in giro per l’isola, dicendo con compiacimento: «Sono stato uno dei primi a scoprirla. Vengo qui da quattordici anni!», al che Pasolini non manca di aggiungere:

«Ischia è un posto dolcissimo, dove si vive senza nessuna fatica». […]

Riprendo la corsa – scrive ancora Pasolini da Ischia " Forio: ragazzaglia al sole, un bianco che acceca.

L’interno, con l’Epomeo opaco, informe.

A Panza stanno preparando luminarie, archi di lampadine, tra le bicocche d’un paese senza villeggianti, beduino.

Su ogni muretto c’è qualcuno che dorme, con facce da zingaro. Poi ecco, isolato, fuori dal mondo, Sant’Angelo.

La strada finisce, diventa un sentiero polveroso: su uno spiazzo tutto polvere accecante, un posteggio con le macchine roventi.

Sotto lo strapiombo, una lingua di terra, di sabbia, con un mucchio di casette: in fondo a questa lingua un massiccio, un piccolo mostro, inaccessibile, di scogli e rocce, con una torre in cima.


Fonte:

http://www.isoladischia.net/ospiti-illustri-ischia/pasolini-ad-ischia-resoconto-di-un-viaggio


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