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Le pagine corsare - Riflessioni su "Processo alla DC"

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sabato 13 settembre 2014

Il 13 settembre 1968 sequestro del film Teorema di Pier Paolo Pasolini - Processo.

"Le pagine corsare " 
dedicate a Pier Paolo Pasolini

Eretico e Corsaro


Il 13 settembre 1968 la Procura della Repubblica di Roma sequestrava il film Teorema di Pier Paolo Pasolini “per oscenità e per le diverse scene di amplessi carnali alcune delle quali particolarmente lascive e libidinose e per i rapporti omosessuali tra un ospite e un membro della famiglia che lo ospitava
(Franco Calderoni, Sequestro per un Teorema troppo svestito, Il Giorno, 14 settembre 1968).

Il 14 ottobre dello stesso anno anche la Procura della Repubblica di Genova metteva al bando il film con un provvedimento analogo. Il processo contro Pasolini e il produttore Donato Leoni fu trasferito per competenza territoriale a Venezia, dove si era svolta l’anteprima del film. Il dibattimento iniziò il 9 novembre 1968 con l’escussione del regista, ed il Pubblico Ministero Luigi Weiss chiese sei mesi di reclusione per entrambi gli imputati e la distruzione integrale dell’opera.

Il 23 novembre 1968 il Tribunale di Venezia assolse Pasolini e Leoni dall’accusa di oscenità annullando il bando del film con la seguente sentenza:

«Lo sconvolgimento che Teorema provoca non è affatto di tipo sessuale, è essenzialmente ideologico e mistico. Trattandosi incontestabilmente di un’opera d’arte, Teorema non può essere sospettato di oscenità».


Attacchi concentrici

L’accidentato iter di Teorema inizia con la sua partecipazione alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia del 1968. Edizione caratterizzata dalla contestazione dell’ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) contro i vieti meccanismi di competizione, i criteri di giudizio e di selezione dei film come previsti dallo statuto della Biennale, stilato in epoca fascista, e la riduzione del Festival a un costosissimo appuntamento mondano, a discapito del suo livello culturale. Pasolini, che sulle prime non aderisce alla protesta perché ritiene che non sia espressa nella dovuta forma, il 20 agosto decide di schierarsi al fianco dei colleghi. A causa del clima reso incandescente da alcuni autori che minacciano di ritirare i propri film dal concorso, l’inaugurazione della manifestazione viene fatta slittare e la sala Volpi è temporaneamente utilizzata come luogo di riunione permanente dai contestatari. Il 26 agosto, dopo aver intimato un ultimatum, la polizia procede allo sgombero dei cineasti rimasti in assemblea: tra questi, Francesco Maselli, Cesare Zavattini e Pasolini, i quali, trasportati fuori dal cinema con la forza, si sottraggono con fatica al linciaggio da parte di una folla di facinorosi di destra.
Il 5 settembre, nonostante l’opposizione del regista che esorta i giornalisti a uscire insieme a lui dalla sala, Teorema, per decisione del produttore Franco Rossellini, viene presentato come da programma prima alla stampa e poi al pubblico, spaccando la giuria e rischiando anche di vedersi attribuito il Leone d’oro.
Il film viene attaccato con violenza da ogni parte. Dallo Stato, che lo pone immediatamente sotto sequestro per oscenità, intentando un processo nei confronti dell’autore e dei produttori: l’ordine di sequestro viene poi annullato da una sentenza del 23 novembre 1968 che recita: «Lo sconvolgimento che Teorema provoca non è affatto di tipo sessuale, è essenzialmente ideologico e mistico. Trattandosi incontestabilmente di un’opera d’arte, Teorema non può essere sospettato di oscenità» -, ma gli strascichi giudiziari, tra corsi e ricorsi processuali, si protraggono fin quasi al 1970.
Viene attaccato dai benpensanti e dalle destre, accomunati dal disgusto per l’uso, a loro parere, spregiudicato e perverso della sessualità. Dalla critica della sinistra militante, dalla quale viene accusato di “misticismo”, “reazionarismo” e “religiosità”. Dal mondo cattolico, che, dopo aver insignito il film a Venezia del premio dell’OCIC (Office Catholique International du Cinéma), deplora, attraverso un duro articolo di condanna comparso su “L’Osservatore Romano”, lo scandaloso accostamento tra sessualità e senso del sacro (e per tale motivo il regista, con un gesto clamoroso, restituisce il premio all’OCIC). Si può dunque sostenere che Teorema segna, qualora ce ne fosse ancora bisogno, un’ulteriore tappa del progressivo e totale isolamento intellettuale di Pasolini.

Fonte:http://www.cliomediaofficina.it/cinemaesessantotto/index.php?page_id=213




Teorema sotto forma di parabola 


Concepito originariamente come tragedia in versi, sviluppato poi quale abbozzo narrativo articolato tra poesia e racconto-inchiesta per frammenti, Teorema si rende infine autonomo dall’omonima opera letteraria scritta da Pier Paolo Pasolini per diventare film.Nel film lo stesso Pasolini approfondisce ed estremizza la ricerca formale già avviata con Edipo re (1967), incentrata sulla rinuncia progressiva alla parola e perciò sul predominio dell’immagine liberata dal vincolo didascalico dell’espressione verbale, sulla creazione di piani dalla particolare dimensione luministica e cromatica, sull’utilizzo decisamente pregnante della colonna sonorae specificatamente delle musiche, sull’ambientazione in esterni remoti e brulli (si pensi per esempio alla fuga finale di Paolo, girata sulle pendici dell’Etna coninquadrature che costituiscono una specie di leitmotiv visivo dell’intera pellicola).Nella sequenza d’apertura che precede lo scorrere dei titoli di testa, fondamentale prologo alla vicenda, si assiste a un’intervista televisiva fatta ad alcuni operai a cui il padrone ha deciso di lasciare la sua attività industriale. I lavoratori si dimostrano perplessi nei confronti di quel gesto e soprattutto non sanno o non vogliono rispondere alla seguente domanda: «Un borghese, anche se dona la sua fabbrica, in qualsiasi modo agisce, sbaglia?».
La soluzione del quesito sta nella dimostrazione, per absurdum, del “teorema” della non redimibilità della borghesia: ponendo che il borghese si muova finalmente con tutte le sue forze verso una presa di coscienza e un superamento delle sue certezze, che cosa può accadere? Ecco allora che, formulato il teorema, si può didatticamente procedere alla sua spiegazione nella forma della parabola evangelica.




La borghesia destinata a soccombere



L’apparizione di un’enigmatico ospite (Terence Stamp) provoca un vero e proprio terremoto all’interno della tranquilla famiglia borghese protagonista diTeorema, i cui componenti vengono da lui sedotti uno dopo l’altro e infine abbandonati a se stessi. Il suo fascino irresistibile non scaturisce dalla indominabilità degli elementi che egli mette in gioco (infrazione dei tabù sessuali, amore senza possesso ecc.), ma dalla irriducibilità di tali aspetti alla logica razionale sulla quale la borghesia ha edificato il proprio teorema di autoperpetuazione. Egli rappresenta una sorta di Angelo Sterminatore che usa l’atto sessuale per distruggere i principi su cui si fonda la società-famiglia borghese.

Dice l’autore: «In una famiglia borghese arriva un personaggio misterioso che è l’amore divino. È l’intrusione del metafisico, dell’autentico che distrugge, sconvolge, una vita interamente falsa che se può fare pietà, può anche avere dei momenti di autenticità nei sentimenti, per esempio, come nelle sue componenti fisiche». Si tratta di un individuo che fa dell’erotismo un segno rivoluzionario e che si colloca assolutamente al di fuori della citata logica morale e razionale borghese, non condividendone i canoni di ordine, possesso e benessere sociale alla base dell’identità di classe. Il sesso vissuto in maniera del tutto naturale, in qualsiasi forma si manifesti, determina così l’impossibilità che i membri della famiglia riescano ad avere rapporti con lui continuando a mantenere la loro identità.

Tocca a un postino di nome Angelino, interpretato dall’attore-feticcio Ninetto Davoli, “annunciare” l’arrivo - e più tardi la partenza - dell’elemento divino. Pasolini cerca di dimostrare «l’incapacità dell’uomo moderno di percepire, ascoltare, assorbire e vivere il verbo sacro». Se oggi il borghese viene messo in relazione con quanto la sua società ha esorcizzato, cioè con il “sacro” in quanto manifestazione del tutto estranea alla dominante razionalità illuministica, e ammesso che egli prenda coscienza dell’esistenza dell’Altro, mettendo in discussione in tal modo la propria identità, non può che confrontarsi con il proprio vuoto, con la propria impotenza, con la propria morte, vagando nel deserto della propria spiritualità reificata dalla ragione. In questo spazio vuoto, privato di ogni consistenza, intriso di un forte senso di morte - pure sottolineato dalla ricorrente Messa da Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart - non gli resta che perdersi (come fanno la moglie e i figli) o rinnegarsi (come il padre che si sottrae al suo ruolo sociale), lasciandosi andare all’unica forma di espressione consentita: un informe, bestiale, disperato grido d’impotenza. Il tutto mentre il sottoproletariato, ispirato da un arcaico sentimento religioso derivante dalla cultura contadina, trova la forza per salvarsi offrendosi al mondo (come fa la serva).







L'Unità 24 novembre 1968


Un intellettuale scomodo

Le ragioni delle profonde incomprensioni suscitate da Teorema all’epoca della sua uscita consistono nel fatto che possiede una struttura irriducibile ai parametri di giudizio esistenti, borghesi o antiborghesi che siano, e che esprime un’utopia negativa - non la proposizione di un ennesimo modello razionale della società consumistica, magari un po’ più socialista, ma l’opportunità di rifondare il modo di vedere, di conoscere, di convivere. La pietra dello scandalo è il discorso su cui s’impernia la visione palingenetica della rivoluzione secondo Pasolini: il senso del sacro.
Non piace, soprattutto a sinistra, il suo aver connesso uno dei cardini della contestazione del sessantotto, la liberazione sessuale, con uno dei fondamenti millenari delle chiese secolari, il senso del sacro appunto. L’unica possibile rivoluzione consiste infatti per Pasolini nello scardinamento - senza ricorrere al male e alla violenza, ma anzi con il bene e l’amore, come fa l’ospite - della logica che conserva la società dello sfruttamento, non attraverso le ragioni di un’utopia elaborata da quest’ultima, e quindi ancora una volta borghese. Perché la borghesia, destinata a soccombere, opera un ultimo disperato tentativo di perpetuare il suo pericolante dominio tramite la trasformazione dell’intera società, e in primo luogo delle classi subalterne, in un’unica, omologante, cultura borghese. E l’apoteosi del suo trasformismo è riuscire a rendere borghese il sentimento rivoluzionario antiborghese. L’obiettivo è una società che si vuole sicura e stabile nel suo “illuminismo” democratico, in cui la rivoluzione stessa (politica, morale, artistica) diventa lo sbocco naturale della noia esistenziale profonda della classe dominante, e non la necessità dell’affermazione di qualcosa di differente, di altro, di ciò che è escluso dalla dialettica servo-padrone sulla quale tale società si fonda.
In quest’ottica per Pasolini la contestazione giovanile di quegli anni non sarebbe altro che l’ultima, pianificata, “moda” dei figli dei borghesi, completamente privata di qualsiasi reale intento di sovversione dell’ordine costituito. La tensione tra lui e il Movimento tocca con Teorema e con la coeva celebre poesia Il PCI agli studenti! - sugli scontri di Valle Giulia, in cui dichiara che i veri proletari sono i poliziotti, e non gli studenti borghesi - il suo punto più alto. La definitiva condanna della borghesia coincide così paradossalmente con la definitiva condanna delle forze a essa antagoniste: negare l’identità dell’una corrisponde infatti a negare l’identità (e il ruolo storico) delle altre. Il che, nel pieno del Sessantotto, fa guadagnare a Pasolini la fama di “reazionario”, “rivoluzionario da salotto”, “cattolico delirante”.
Fonte: http://www.cliomediaofficina.it/cinemaesessantotto/index.php?page_id=214

L'Unità del 14 settembre 1968


Processo per il film Teorema 
Il sostituto procuratore della Repubblica di Venezia denuncia Pasolini, quale autore del film Teorema, per offesa al comune senso del pudore. Il 13 settembre 1968, la procura della Repubblica di Roma ordina il sequestro del film per oscenità. Il Tribunale di Venezia assolve Pasolini "perché il fatto non costituisce reato". La corte d'appello conferma la sentenza di primo grado. 




13.09.68
Processo Teorema. Sequestro del film da parte della procura della repubblica di Roma.

16.09.68
Processo Teorema. Denuncia da parte dell'Avv. Biamonti.

18.09.68
Processo Teorema. Invio degli atti alla procura di Venezia per competenza.

19.10.68
Processo Teorema. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti al tribunale di Venezia.

24.10.68
Processo Teorema. I udienza in tribunale. Rinvio.

09.11.68
Processo Teorema. Udienza in tribunale, visione del film e interrogatorio dell'imputato.

23.11.68
Processo Teorema. Udienza in tribunale e sentenza.

04.01.69
Processo Teorema. Notifica della dichiarazione di appello del procuratore generale di Venezia contro la sentenza di I grado.

20.03.69
Processo Teorema. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti alla corte di appello di Venezia.

21.04.69
Processo Teorema. Udienza di corte d'appello. Rinvio a nuovo ruolo per malattia dell'imputato.
10.06.69
Processo Teorema. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti alla corte d'appello di Venezia.

07.07.69
Processo Teorema. Udienza di corte d'appello. Rinvio a nuovo ruolo. 08.07.69 Processo per invasione di edificio (palazzo del cinema). Notifica del decreto di citazione a comparire davanti alla corte d'appello di Venezia.

01.09.69
Processo Teorema. Notifica del decreto di citazione a comparire davanti alla corte d'appello di Venezia.

06.10.69
Processo Teorema. Udienza in corte d'appello.

07.10.69
Processo Teorema. Udienza in corte d'appello. Visione del film.

09.10.69
Processo Teorema. Udienza in corte d'appello e sentenza.

15.10.69
Processo Teorema. Notifica della dichiarazione di ricorso per cassazione del procuratore generale di Venezia contro la sentenza di II grado.

21.11.69
Processo Teorema. Dichiarazione di rinuncia al ricorso in cassazione del procuratore generale.


 

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Curatore, Bruno Esposito

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